Marco è un simpaticissimo ragazzo che vive in una grande ed importante città italiana. Ha nove anni, oppure otto o dieci (nome ed età non sono precisi per ovvi motivi), e frequenta la stessa classe della scuola primaria dei suoi coetanei, con il supporto dell’insegnante di sostegno. Quando M. aveva circa 3a., la sua pediatra invitò i genitori a portarlo in visita da un neuropsichiatra infantile, per un aspecifico ritardo nell’acquisizione del linguaggio. Per tale motivo, fu preso in carico dalla struttura specialistica e sottoposto ad un programma di psicomotricità, durato circa tre anni. Inserito nella scuola primaria, senza sostegno, evidenziò da subito, difficoltà nell’integrazione, iperattività, deficit attentivo, oltre che, comportamenti anomali (tendeva a sdraiarsi per terra). Rivalutato da un altro N.P.I., venne da questi sottoposto a misurazione “intellettiva” (WISC-III) e, poichè fallì nei test legati all’espressione verbale ed alla concentrazione (ricordate i motivi che avevano indotto al primo consulto), fu fatta diagnosi di SINDROME DA ALTERAZIONE GLOBALE DELLO SVILUPPO PSICOLOGICO, con funzione intellettiva ai limiti inferiori della norma. Privatamente, la famiglia iniziò un percorso logopedico e, al fine di capire cos’altro potesse aiutare il loro bambino, si rivolse ad altri specialisti del settore. L’ultimo specialista, due mesi or sono, ha somministrato una scala di valutazione a Marco, ed una ai suoi genitori (un’ intervista sui sintomi e segni di Marco). Vorrei far notare che, in tutte le branche della medicina, i dati si raccolgono con l’anamnesi e non con la somministrazione di test. Comunque, dalla somministrazione della scala diagnostica ai genitori, è venuto fuori che : M. ha iniziato a parlare in ritardo; ha faticato a modulare lo sguardo con le espressioni del viso in modo adeguato; se chiamato non sempre si girava; ha imitato poco fino all’età di tre anni, anche se preferiva, per farsi capire, indicare o prendere per mano l’altro e accompagnarlo verso ciò che desiderava (come avremmo mai fatto senza i test). Inoltre, faceva fatica a tollerare alcuni stimoli uditivi in posti grandi dove c’era confusione o rimbombo, come in chiesa. Sovente, in tali circostanze, si tappava le orecchie. Che fortuna che esistono questi test, come avremmo mai saputo tutto ciò dai genitori (da considerare che, ad oggi, nessun altro medico aveva pensato di raccogliere tali informazioni)?. Ancora, dal test somministrato a M., viene fuori che lui sa definire cosa gli fa provare un’emozione, ma non sa spiegare cosa prova, se non ricorrendo a pochi concetti, talvolta stereotipati (ma non è un infante con difficoltà del linguaggio?) Inoltre, fatica a partecipare alla conversazione e non fissa lo sguardo. Unendo i punteggi ottenuti dai due test, la diagnosi è : Disturbo dello spettro autistico. L’aspetto, a mio avviso più drammatico in questa vicenda, è rappresentato da quanto riportato dal professionista, nella sua lunga relazione, in merito all’autismo “il disturbo dello spettro autistico è un disturbo del neurosviluppo e dunque un disturbo comportamentale biologicamente determinato”.
BASTA, BASTA, BASTA!!!!!
Abbiamo “perso” un mese nel voler definire l’articolo 1. Marco ha una “patologia biologica” (le altre di quale natura possono mai essere?) inoltre, in sei anni di storia clinica, non ha mai fatto un E.E.G., ne altre indagini di laboratorio. E’ biologico un approccio dove, con un dispendio notevolissimo di energie, si è concentrati esclusivamente nel trovare un’etichetta al corredo sintomatologico, senza porsi alcune questioni biologiche?. COSA è successo in quel sistema nervoso? QUANDO, nel corso dello sviluppo si è manifestato il disordine? DOVE ovvero, quale circuiteria neurale è stata coinvolta dalla disorganizzazione?. COME la disorganizzazione ha dato vita ai sintomi (patogenesi)?.
Dimenticavo un particolare non irrilevante, è stata prescritta una terapia :ha urgente bisogno di “strategie comportamentali”…….. senza per favore….. BASTA!