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Uno studio americano ( Università sud California prof. Walter Longo) ha preso seriamente in considerazione che, una dieta a calorie ristrette (Fasting Mimicking diet) potrebbe ribaltare la sintomatologia clinica della sclerosi multipla. Queste prime osservazioni cliniche hanno indotto, gli scienziati, a raccomandare a tutti i pazienti del vasto stato americano, specie quelli con una clinica molto compromessa, di sottoporsi a specifica dieta. Gli effetti riportati sono quelli di un punteggio più alto nelle scale di valutazione per il tremore, movimento, linguaggio e deglutizione, ottenuti dopo una dieta durata da 3 ai 6 mesi. Anche non conoscendo il fattore scatenante, oggi sappiamo che la sclerosi multipla sia conseguenziale ad un “attacco” da parte del proprio sistema immunitario a quelle cellule che offrono il naturale sostegno e protezione ai nostri neuroni (cellule gliali). A parere degli scienziati californiani, la dieta sembrerebbe attivare una popolazione di cellule che, normalmente, riparano il corpo da processi infiammatori.

Il mio pensiero, in questo momento, è rivolto a tutte quelle famiglie di bambini con autismo, conosciute in questi venticinque anni di professione che, con coraggio estremo, hanno sfidato i vari medici, decidendo di andare “fuori dagli schemi”, con il tentativo di alleviare i sintomi dei loro figli modificandone la dieta. I tecnici, prigionieri dei propri schemi, definivano “folli” quei genitori. Dimenticavano che, il compito di un uomo di scienza non deve essere quello di dare giudizi, bensì, di cercare ” la prova dell’evidenza”. D’altronde, quale alternativa veniva data a quelle famiglie, qualora fossero rimaste negli schemi? Oltre ai neurolettici ed all’istituzionalizzazione, si è proposto negli anni l’holding, il portage, il TEACCH , tutte proposte, queste sì, fuori dagli schemi biologici, e dunque molto meno interessanti per la ricerca nelle neuroscienze, rispetto alla dieta.

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