Nessuno più disconosce (nemmeno il DSM) che i bambini con autismo presentano sintomi sensori-motori. Infatti, questi bambini, sovente, trovano inquietanti specifici stimoli sensoriali. Per esempio,determinati rumori possono scatenare in loro una violenta crisi di rabbia. Allo stesso tempo,possono mostrare inquietudine verso il cambiamento e la novità. Una gran parte di loro manifesta stereotipie o atteggiamenti “bizzarri” motori che possono andare da un costante dondolamento, ad un ripetitivo “sfarfallamento” delle mani.Altri, starebbero ore ed ore a giocare con la propria saliva su di un vetro, ad una certa luminosità. Questi sintomi sensori-motori devono essere necessariamente correlati ai sintomi “classici” quali il ritardo dello sviluppo del linguaggio e la chiusura relazionale.
I modelli interpretativi cognitivisti che, tentano di spiegare i secondi, omettendo di spiegare i primi, devono necessariamente essere considerati insoddisfacenti. Le moderne neuroscienze hanno più volte ribadito che, la distinzione tra azione, percezione e cognizione è puramente didattica. Nel cervello, tali funzioni, sono intimamente interconnesse. E’ possibile, con un approccio biologico evolutivo, tentare di dare un’ interpretazione scientifica non solo ai sintomi propriamente sensori-motori (ho trattato negli ultimi articoli la patogenesi della stereotipia), ma anche a quelli, convenzionalmente, definiti cognitivi (linguaggio, relazione).
Paul Broca, nel 1865, per la prima volta descrisse una sindrome secondaria ad una lesione localizzata, di solito, nell’emisfero di sinistra, in una regione situata davanti alla scissura di Rolando, che divide il lobo parietale dal lobo frontale e che, si manifesta con un deficit del linguaggio (afasia motoria). I pazienti affetti da tale sindrome capiscono il senso generale del linguaggio, ma il loro eloquio è lento, faticoso, interrotto da pause, privo di sintassi o, nei casi più gravi, assente. In clinica neurologica, conseguenzialmente ad un danno in una regione del lobo temporale (area di Wernicke), alcuni soggetti mantengono un eloquio fluido, ma povero di efficacia comunicativa, inoltre, non decodificano il vero significato di ciò che ascoltano(afasia sensoriale). Eppure, siamo abituati a pensare al linguaggio come ad una singola funzione. Questa è una nostra illusione. Abbiamo visto, nello studio delle stereotipie, come anche la visione (come il tatto e l’udito) non sia una facoltà unitaria, contrariamente a ciò che pensiamo. Vediamo, ovvero percepiamo visivamente, quanto viene integrato da aree indipendenti, cioè da popolazioni di circuiti sensori-motori con funzioni differenti prestabilite. Non potrebbe essere diversamente per il linguaggio. Anche se l’uomo è l’unica creatura che possiede un vero linguaggio,esso non è frutto di una specifica area del cervello, ovvero di uno specifico modulo “creato”per farlo parlare. Il linguaggio è una funzione espressa dall’Organizzazione Neurologica che, paragonata al tempo che intercorre tra la nascita e l’acquisizione delle funzioni specifiche nel regno animale, richiede tempi biblici ( occorrono sette-otto anni affinchè l’uomo possa ” astrarre ” informazioni grazie al linguaggio ).
Un lungo viaggio biologico evolutivo ha accompagnato tutto questo. Bisogna necessariamente conoscerlo. Solo così possiamo affrontare quello che, sovente, è stato il primo campanello d’allarme per le famiglie dei bambini con autismo : non usano il linguaggio. Talvolta , dopo le prime paroline si è ” bloccato “.