Nel mese scorso a Seul (Corea), circa 2000 scienziati di ogni angolo del mondo hanno partecipato ad un congresso mondiale di neuropsicofarmacologia,al fine di fare il punto sullo stato attuale della ricerca nell’ambito della malattia mentale. I ricercatori della Catholic University of Korea hanno presentato uno studio condotto su più di 800 giovani , ove veniva rilevata una correlazione positiva tra disturbi del sonno e dell’umore (depressione) e consumo smodato del cellulare, computer e smart phone (la rapida crescita economica dell’est asiatico ha portato i giovani ad una vera e propria dipendenza verso tali mezzi ).Questi ricercatori spingendosi oltre ,hanno studiato il cervello degli adolescenti dipendenti da mezzi tecnologici a confronto con quelli non dipendenti. Hanno così pubblicato dati di notevole rilevanza scientifica che possono riassumersi attraverso due criteri : 1- I dipendenti da smart phone avevano un vocabolario meno sviluppato, ovvero un linguaggio già carente dal punto di vista lessicale (psicostato). 2- Questo stesso gruppo presentava, alle indagini neurostrumentali, il lobulo parietale inferiore sinistro meno sviluppato rispetto al gruppo di controllo ( neurostato).
Questo dato, estremamente importante per la comprensione dello sviluppo del linguaggio, è utile anche per stabilire sia la diagnosi che il protocollo terapeutico, per bambini che manifestano un disordine dello sviluppo del linguaggio. Esso va interpretato in termini moderni e coerenti con le neuroscienze attuali. Infatti, qualora tale dato si prestasse a speculazioni ( come purtroppo alcuni cognitivisti sovente usano fare), verrebbe naturale sottolineare, il fatto che, il linguaggio fosse modulare ed autonomo. Tale interpretazione non valuterebbe che in clinica, quotidianamente, si incontrano bambini con difficoltà a tutti gli stadi di complessità del linguaggio ( dall’afasia globale all’assenza di linguaggio spontaneo, dalle difficoltà a raccontare sequenze alla difficoltà a comprendere i doppi sensi e/o metafore ). Infatti, la clinica ci dimostra che esiste una sequenza evolutiva logica capace di determinare la nostra comunicazione verbale ( dal vocalizzo alla metafora). Il processo può incepparsi in qualunque fase di transizione.
Anche per lo studio del linguaggio dobbiamo necessariamente collegarci ” fuori dagli schemi ” ponendoci sui principi dell’evoluzione e della neurobiologia.
Il lobulo parietale inferiore di sinistra e/o di destra, non è un modulo ” creato ” dal caso o da una divinità, al fine di consentire all’uomo di parlare. Tutto la nostra corteccia cerebrale presenta un ‘organizzazione a rete ove i neuroni che trasportano informazioni specifiche ed altamente differenziate si collegano e si integrano tra di loro. Il lobulo parietale inferiore sinistro si è evoluto nel corso dell’evoluzione, sviluppandosi sempre di più, garantendo così ai nostri cugini scimmie di integrare un’informazione visiva di rami e ramoscelli provenienti dagli occhi con gli input del tutto diversi provenienti dalle articolazioni, dai muscoli, e dal senso della localizzazione spaziale del corpo.
Se i nostri parenti più prossimi non avessero usato le loro mani per afferrare rami, forse i loro parenti nobili, ovvero gli uomini, non avrebbero parlato, poichè il nostro lobulo parietale inferiore non si sarebbe espanso. Ma questo lo affronteremo quando tratteremo la plasticità neuronale. Nel frattempo proviamo a capire cosa si deve integrare per poter parlare.