Indipendentemente da tutti i nostri concetti di libertà e/o di “esseri liberi”, una persona con una vista normale ed un cervello altrettanto “normale” non può stabilire che, l’attività elettrica dei suoi neuroni, generatrice del colore, non entri in gioco, per cui, non vede i colori quando apre gli occhi. Allo stesso tempo non possiamo scegliere di guardare fuori e vedere il cielo bianco e nero (i tifosi delle squadre di calcio senza colore potranno comprare tanti buoni calciatori ma non proveranno mai questa emozione). Il colore è il risultato di un’ organizzazione neurologica sviluppatasi durante l’evoluzione utile per dare un senso ai segnali in arrivo e, dunque, per acquisire la conoscenza di un particolare attributo del mondo. Se l’area V4 è compromessa, è compromessa la capacità di vedere i colori. In un soggetto che ha l’area V4 danneggiata, i segnali visivi entrano ancora nell’occhio e dalla retina giungono alla corteccia cerebrale. Un paziente con un danno in altri centri visivi del cervello (V3, V5) non risulta menomato nella visione dei colori a meno che risulti danneggiata V4. Questa autonomia richiede che le vie, che alimentano il centro del colore (V1 e V2), devono essere intatte e interagire con V4 attraverso connessioni reciproche. Allo stesso tempo devono essere integri i recettori della retina, il nervo ottico, le stazioni talamiche della visione, oltre ai sistemi di vigilanza del tronco cerebrale.
Il neurobiologo Semir Zeki, pioniere sugli studi sulla percezione visiva, definisce tali abilità umane (capacità di vedere i colori, forme e movimenti degli oggetti, come anche la capacità di percepire la temperatura di un oggetto, o di differenziare la voce umana da un altro rumore, etc.) concetti cerebrali ereditari. I circuiti neurali (neurotipo o neurostato), che garantiscono tali abilità (psicotipo o psicostato), sono profondamente legati a quelli che garantiscono i concetti acquisiti (il valore di una Ferrari è simile alla coda del pavone), anzi li precorrono, in quanto ne condizioneranno il tipo di organizzazione neurologica.
Per Zeki, i circuiti neurali che, con la loro organizzazione garantiranno i concetti cerebrali ereditari (le sensazioni per i filosofi), costituiscono il principio organizzativo poichè, daranno vita alle percezioni, ovvero alle esperienze. Queste ultime risultano indispensabili per cablare quella circuiteria neurale (neurostato) generatrice del concetto acquisito.Il nesso tra le due circuiterie è estremamente intimo. Il primo è la base del secondo senza il quale, il concetto acquisito non potrebbe esistere.
Penso che i tecnici hanno l’obbligo di comunicare il loro lavoro in modo chiaro e preciso, anche se questo talvolta è poco seducente. Il blog non sta vendendo un prodotto, sta cercando di comprendere e spiegare come funzionano le cose. Si sta svelando il più “misterioso” dei “misteri” dell’autismo: la stereotipia. In perfetta coerenza con le intuizioni del mio maestro Carl H. Delacato (negli anni ’70 del secolo scorso) le neuroscienze attuali ci hanno fornito il substrato anatomofisiopatologico della stereotipia. Qualora, per una delle infinite noxe patogene capaci di provocare una patologia del neurosviluppo, si verifichi un deficit di integrazione, con una PHI alterata, nei circuiti neurali delle submodalità percettive (sede dei concetti ereditari di Zeki) quale clinica (psicostato) ci aspettiamo di osservare?