Ho sostenuto che la funzione centrale e primordiale del cervello è la ricerca di conoscenza. La realtà esterna, “esiste”, per come ci “appare” ovvero per come “la conosciamo”. Possiamo conoscere solo ciò che, in termini di fotoni oppure di vibrazioni, o ancora di pressione, o di sostanze chimiche capaci di stimolare olfatto e/o gusto, può essere trasdotto dai nostri recettori sensoriali. Dopo questa conversione (energia fisica trasdotta in energia nervosa) i potenziali d’azione percorrono i vari circuiti neurali. La consapevolezza di avere quella conoscenza, dipende dall’organizzazione dei circuiti talamo-corticali. A tale livello si organizzeranno dapprima le aree più esterne e posteriori della corteccia (quelle intimamente connesse ai neuroni talamici). Successivamente, si organizzeranno i circuiti neurali capaci di integrare l’informazione specifica, di ogni area percettiva, al fine di garantire all’uomo la produzione del pensiero astratto (concetti acquisiti di Zeki).Quando, tutta la vastissima circuiteria neurale posteriore si collegherà ai circuiti frontali, quel cervello garantirà al suo possessore di “selezionare”, immediatamente, l’azione più adattiva in un mondo in continuo dinamismo.
L’astrazione, come abbiamo visto grazie agli studi di Zeki, è una proprietà di tutti i neuroni corticali, anche quelli localizzati nelle periferie sensoriali. Infatti, una cellula della corteccia somato-sensoriale, specializzata ad esempio nel rilevare la pressione risponderà a qualsiasi stimolo, a condizione che quest’ ultimo eserciti una pressione nella sede appropriata della superficie corporea. Allo stesso tempo, una cellula che risponde ad una certa temperatura, si disinteresserà dell’oggetto che la produce, e si cura solo del fatto che c’è “quella temperatura”, condizionando così tutto il comportamento. Meglio studiata è stata la corteccia visiva, infatti, sappiamo bene che l’area V5 è specializzata nella percezione visiva del movimento. I neuroni di quest’area rispondono solo alla direzione attivandosi al movimento di uno stimolo visivo e in una direzione e non in quella opposta, indipendentemente dall’oggetto che si è mosso. I neuroni di V5 possiamo dire, “astraggono” la direzione del movimento senza occuparsi di che cosa si stia muovendo in una particolare direzione. Allo stesso tempo un’altra area è capace di astrarre il colore, un’altra ancora la forma. Sappiamo anche, grazie alle moderne neuroscienze, che il colore viene percepito 80-100 millisecondi prima del movimento. Dunque, esiste nella percezione visiva una distribuzione spaziale oltre che una gerarchia temporale, motivo per il quale alcuni neurobiologi parlano di microcoscienze o asincronia percettiva.
Ciò che assume significato enorme, per la nostra problematica, ovvero per la comprensione scientifica della stereotipia, è che non esiste un’area del cervello che aspetti che tutti i sistemi di elaborazione abbiamo terminato il loro compito, ma che in ogni istante, i potenziali d’azione si “connettono” (neurostato) fornendo, al possessore di quel cervello il percetto (psicostato). I sistemi o submoduli neurali mantengono la loro autonomia!!!
Quando una noxa patogena altera il collegamento, e dunque l’integrazione, già a livello dei submoduli sensoriali (V3, V4, V5) la conseguenza sarà che, il possessore di quel sistema nervoso (bambino convenzionalmente diagnosticato autistico) sarà più abile ad elaborare il movimento che non i colori e/o le forme. I sui psicostati o comportamenti saranno coerenti con i suoi neurostati.
Nei prossimi articoli (Settembre) vedremo come un esame neurostrumentale, brevettato nell’anno di nascita di mio padre (1929), ovvero l’elettroencefalogramma, è estremamente utile per oggettivare quanto stiamo sostenendo. Intanto, visto che stiamo ad Agosto, tempo di sole, mare e pettegolezzi, mi concentrerò sul linguaggio.