Dopo aver trascorso gran parte della mia vita a studiare le funzioni neurali e, dopo aver dedicato 24 anni di attività professionale nel campo dell’autismo, ho avvertito l’esigenza, attraverso questo blog, di fare chiarezza su alcune questioni.
Ogni dato va letto nel suo contesto storico. Oggi esiste una differenza netta e sproporzionata tra quelle che sono le conoscenze delle neuroscienze, sul funzionamento del cervello, e quelle che sono le proposte riabilitative, finalizzate a favorire l’apprendimento nelle patologie del neurosviluppo. Per questo motivo, il primo Maggio scorso, esponendomi come professionista, ho voluto affrontare la “questione autismo” pubblicamente. Con “scostumatezza” nei riguardi della mia professione di medico ho deciso di stabilire alcuni punti (i 15 articoli della futura carta costituente dell’autismo).
Al punto 1 ho invitato, famiglie ed operatori, ad affrontare l’autismo come problematica biologica (articolo 1: anche non conoscendo l’eziologia dell’autismo, trattandosi di una anomalia del comportamento, non può essere proponibile un approccio al problema che non sia in termini neurobiologici). Attraverso quanto scritto durante il mese di maggio, si capisce come, non sia sufficiente, sostenere solo l’origine organica e non psichica dell’autismo. E’ fondamentale affrontare tale patologia come tutte le altre condizioni mediche umane: osservare il paziente, visitarlo, fare una buona anamnesi, valutare quali test diagnostici neuro-strumentali prescrivere e quali indagini di laboratorio effettuare, tutto al fine di stabilire COSA sia successo in quel sistema nervoso, IN QUALE PERIODO della vita sia accaduto, COME (patogenesi) e DOVE in quel cervello si sia verificata, in origine, la disfunzione. Allo stato, i sanitari, rilevano dei sintomi, li misurano, danno un punteggio del tutto privo di significato ai fini della diagnosi, della prognosi e indicano quale modello terapeutico svolgere.
Nell’articolo 2 (articolo 2: non esiste un’unica causa nella genesi di tutti i quadri clinici diagnosticati autismo, per tanto va utilizzato il termine autismi) abbiamo affrontato (mese di giugno e luglio) un altro aspetto della “condizione autismo”. Anche questa volta, è ben chiara in noi la consapevolezza che siamo solo all’inizio, mentre il più andrà fatto.. Sappiamo che, per ogni bambino con autismo, è impossibile stabilire COSA sia successo. Allo stesso tempo, conoscendo QUANDO sia iniziata la storia clinica e, conoscendo gli psicostati anomali (comportamenti anomali), si possono tracciare i neurostati anomali, al fine di abilitarli. Di fronte al comportamento di un bambino con autismo, bisogna valutarne la PHI (quanta informazione quel cervello possiede e come l’abbia integrata). Possiamo classificare i comportamenti anomali dei bambini quali conseguenziali ad una PHI alterata per un difetto di informazione (bambini con ipoacusia, ipovisione, etc.), oppure per una PHI alterata per un difetto di integrazione dell’informazione. Tale integrazione può essere alterata già a livello delle strutture del tronco cerebrale e/o del mesencefalo, con problematiche sia motorie che percettive (si immagini, per chi ha conoscenza di anatomia e fisiologia, quale compromissione clinica può comportare una PHI alterata a livello dei collicoli mesencefalici), sia a livello delle connessioni talamo-corticali ,ovvero di quelle connessioni che hanno tipicizzato il nostro modo di essere uomini.