Articolo 1 : trattandosi di un’anomalia del comportamento non può essere proponibile un approccio al ” problema ” che non sia in termini neurobiologici. Allo stato, solo attraverso la neurobiologia lo studio del comportamento umano è reso sondabile e trasparente.
Articolo 2: non esiste un’unica causa nella genesi di tutti i quadri clinici diagnosticati “autismo”. Per tale motivo è necessario che la comunità scientifica si impegni nel classificare gli autismi ai fini terapeutici e prognostici.
Articolo 3: la tipicità neuroanatomica specifica dell’autismo consiste in un’alterazione della connettività tra neuroni, talvolta evidente sin dalle prime fasi dello sviluppo.
Articolo 4: le ipotesi di trovare un sistema specifico dell’autismo si sono infrante. Parlare di ” specchio rotto ” o di ” malfunzionamento del modulo della mente” significa proporre ipotesi fantasiose e prive di scientificità.
Articolo 5: possono determinare una diversa organizzazione neurologica, con conseguente PHI alterata e, dunque, autismi un’ infinità di cause ambientali. Queste possono interferire sullo sviluppo del sistema nervoso centrale sia in epoca prenatale ( condizioni metaboliche materne, condizioni infettive, fattori ormonali e/o iatrogeni, fattori tossici, ecc ) che perinatale, che nelle prime fasi dello sviluppo extrauterino ( fattori infettivi/infiammatori). In alcuni casi la causa della condizione può essere determinata da un’anomalia genetica.
Articolo 6 : In tutti i soggetti con autismo vi è una NEURODIVERSITA’ che “stabilisce ” la diversità di questi soggetti nella selezione degli stimoli sensoriali.
Articolo 7: Il principio della neurodiversità, ovvero, il soggetto con autismo ha un’ ORGANIZZAZIONE NEUROLOGICA diversa ed esprime una PHI diversa, affonda le sue radici nella neurobiologia evolutiva.
Articolo 8: le neuroscienze attuali ci consentono di acquisire un “nuovo sapere” su cui basare nuovi modelli. Allo stato attuale è poco utile, se non dannosa, la distinzione tra AUTISMO AD ALTO FUNZIONAMENTO ED AUTISMO A BASSO FUNZIONAMENTO.
Articolo 9: Anche se, ad oggi, non esiste una terapia capace di “curare” l’autismo nel senso comune del termine, ovvero quello di debellarlo, NON significa che BISOGNA RINUNCIARE a tutti quegli interventi, servizi , strumenti e terapie che possono aiutare i soggetti con autismo a migliorare le loro capacità comunicative e comportamentali , a ridurre le stereotipie, a conseguire una buona istruzione, a migliorare la relazione con gli altri.
Nel secolo scorso la medicina ha considerato il cervello un organo costituito da cellule perenne e , dunque, incapace di ” guarire”. Le malattie neurologiche venivano così viste come una condanna senza appello per il malato, i trattamenti neuroriabilitativi solo un palliativo tutt’al più utile per non peggiorare ulteriormente. La neuroplasticità ovvero, la capacità del cervello di modificare la propria struttura e, dunque, il proprio funzionamento ha aperto la strada ad approcci neuroriabilitativi dagli esiti fino a decenni fa, insperati. Anche se dovesse sembrare strano e riduttivo ricorrere al corpo e ai sensi come canali per trasmettere “informazioni” ed “energia” al cervello, questi sono , in effetti, i canali che il cervello utilizza per connettersi al mondo e pertanto costituiscono il modo più naturale e meno invasivo per organizzare una terapia.
I neuroriabilitatori devono imparare ad utilizzare i canali che collegano corpo/ambiente al cervello per riorganizzarlo.
Grazie alla neuroplasticità.