Applicare il modello “biocognitivo” allo studio dell’autismo significa voler superare, con forza, il limite attuale della neuropediatria : quello di continuare a focalizzare la propria attenzione sugli aspetti deficitari del quadro sindromico. Inoltre, molti medici si ostinano a non voler considerare che, la scala adeguata per la comprensione delle funzioni neurali è quella dell’essere vivente situato nel proprio ambiente.
Ma cosa significa ambiente?
Anche se in maniera ancora superficiale (approfondiremo l’argomento quando tratteremo le memorie), quando il blog ha trattato la plasticità neuronale, abbiamo compreso quanto il cervello infantile si presenti plastico e modificabile. Le stimolazioni sensoriali hanno l’effetto di produrre quelle connessioni e quelle funzioni che rendono possibile l’emergere di normali comportamenti e della cognitività. Innanzituto, grazie agli studi di Hubel e Wiesel, abbiamo visto come la deprivazione sensoriale possa produrre danni neurologici irreversibili. In tale ottica, non può non avere fondamentale importanza, per lo sviluppo neurologico del bambino, la relazione che questi instaura con le persone, ed in special modo con la madre (nulla di nuovo sotto al sole). Nei mammiferi, ad esempio, l’atto del succhiare il seno ha da sempre attratto l’attenzione dei tecnici. In un’interpretazione dinamica, tale atto, oltre ad essere fondamentale per il nutrimento, viene considerato importantissimo per il contatto, in termini di relazione affettiva. Senza nulla togliere a tale interpretazione, un approccio biocognitivo, ovvero un approccio che ha come obiettivo quello di stabilire i processi biologici che regolano la cognizione, va molto oltre e cerca di ampliare il percorso di conoscenza. Infatti, oggi emerge che l’alimentazione, già dalle prime poppate (dunque in relazione alla dieta della mamma), può avere un ruolo fondamentale nello sviluppo nervoso del neonato, in base al suo microbioma. Inoltre, durante la poppata, un’infinità di stimolazioni olfattive, tattili, vestibolari, grazie alla plasticità neuronale, vanno a regolare il processo di Organizzazione Neurologica ovvero, consentiranno la stabilizzazione di quei circuiti sensori-motori che, in seguito,integrandosi tra di loro, determineranno le abilità cognitive del soggetto. Ancora, durante le pause tra una poppata e l’altra, le mamme cullano spontaneamente il proprio bambino, a loro volta, i lattanti attendono spontaneamente finchè la madre non ha smesso di cullarli, dopodichè tornano a succhiare. La neuroplasticità, in tal modo, consente che neuroni vestibolari e propriocettivi si collegano tra di loro e con i neuroni motori. In merito a ciò, il lattante acquisisce un ritmo che sarà alla base di una prima forma di protoconversazione, e che farà da fondamenta per le abilità neurali future. Inoltre, la mamma o chi per essa, prendendosi cura del bambino, ne manipola la postura, anche ai fini di regolare i processi fisiologici (ruttino) oltre che, per favorirne le posizioni (seduto, disteso). Sarà questo processo di crescita, in sintonia con luci, suoni, odori, sapori, contatti tipici della nostra situazione ambientale a favorire la maturazione dell’essere umano. L’interpretazione affettivo/relazionale, pur non errata, rappresenta una nostra forzatura, estremamente egocentrica dalla prospettiva dell’adulto, ma poco da quella del lattante. Ciò che dirige il processo di Organizzazione Neurologica è lo stimolo sensori-motorio proveniente dall’ambiente. Basti pensare che, qualora il neonato venisse allattato dal biberon e non dal seno, il normale processo di Organizzazione Neurologica non si modificherebbe in termini patologici. Invece, qualora una noxa patogena avesse determinato una disfunzione neuronale, l’intero processo di Organizzazione Neurologica diverrebbe anomalo…….con tutte le sue conseguenze cliniche.
Ciò che siamo e ciò che possiamo realizzare dipendono molto da ciò che ci viene fatto, quanto da ciò che siamo in grado di fare. Tale conquista delle neuroscienze ci rende meno autonomi e ci riporta nel mondo, quale parte di esso. La nostra crescita non rappresenta altro che il processo attraverso il quale l’ambiente agisce su di noi permettendoci di divenire ciò che siamo. E’ l’esperienza ad essere determinante affinchè il neonato acquisisca i meccanismi neurofisiologici (neurostato) che consentono un “comportamento normale”. Il cervello, il corpo ed il mondo formano un processo di interazione dinamica generando noi stessi. I bambini, che quotidianamente visito e che, convenzionalmente, sono stati diagnosticati autistici, non provengono da un ambiente “anomalo”, la risposta ai loro comportamenti deve essere ricercata nelle disfunzioni del loro sistema talamo-corticale e nei processi infiammatori del loro corpo.
Un affettuoso abbraccio a quanti, dalle zone del terremoto, con simpatia seguono il blog.