Sulle origini del linguaggio umano si sono confrontate, negli ultimi decenni, due teorie: quella gestuale e quella vocale. Secondo la teoria gestuale, come ho ampiamente documentato negli articoli precedenti, si sostiene che il linguaggio si sia evoluto da un sistema di gesti che cominciò ad esprimersi quando gruppi di scimmie, assumendo la postura eretta, resero disponibili le mani per forme di comunicazioni sociali ovvero, per stabilire alleanze (specie con lo spulciamento). La teoria vocale invece propone che il linguaggio si sia evoluto dai vocalizzi dei primi primati, deputati, come abbiamo visto, ad esprimere eccitamento e/o paura. Negli ultimi anni, sempre più ricercatori ritengono che il linguaggio potrebbe aver avuto origine dall’evoluzione contemporanea di un sistema di gesti e di vocalizzazioni, oltre che, dalle mutazioni nella struttura della bocca, della mandibola e delle corde vocali, che avrebbero reso possibile il controllo dell’inibizione dei suoni in maniera riproducibile e consapevole. L’ipotesi combinatoria trova un forte sostegno da parte di quegli studiosi che hanno dedicato la loro ricerca nel voler definire le specializzazioni emisferiche (lateralità). Infatti, questa ipotesi prova a dare una spiegazione alla correlazione della localizzazione nell’emisfero sinistro (tranne per un particolare gruppo di mancini) del linguaggio verbale e della dominanza della mano. In effetti, tranne che per alcuni “mancini figli di mancini”, il linguaggio verbale, una volta organizzatosi nella sua complessità, diviene una funzione dell’emisfero sinistro.
L’emisfero sinistro, nei soggetti destrimani, presenta un’area del lobo temporale (planum temporale) più spessa. Tale dato anatomico, insieme al rilievo dei tempi di “normale acquisizione del linguaggio”, ha creato nella comunità scientifica una falsa credenza. Tutti sanno che i bambini passano dal balbettio, al discorso fatto di singole parole, a quello fatto di poche parole sintatticamente unite e, infine, al discorso complesso. Anche se, alcuni bambini passano attraverso questi stadi in maniera più rapida di altri, l’età media di ciascuno di questi stadi è la stessa in ogni tipo di cultura. Tale osservazione ha fatto pensare (credenza) che esista un periodo critico, nel corso dello sviluppo, durante il quale il linguaggio viene appreso, e dopo il quale ciò non può avvenire. A mio avviso, tale falsa credenza è basata su di un concetto biologicamente errato:noi parliamo perchè nel nostro cervello esiste un organo del linguaggio (per alcuni il planum temporale nell’emisfero sinistro) e, dunque, ove mai questo dovesse essere danneggiato, se il linguaggio non si è sviluppato dopo 4 o 5 anni dalla nascita, non sarà più possibile avere il linguaggio.
Le neuroscienze, pur riconoscendo che è più difficile sviluppare il linguaggio dopo la pubertà, sono impegnate nel tentativo di comprendere come si organizzano le aree cerebrali ovvero, come si organizzano i circuiti neurali e, come questi, andranno ad integrarsi tra di loro, al fine di consentire lo sviluppo del linguaggio, come, d’altronde, di tutte le abilità neurali umane.
Quando un bambino, giunto al compimento del secondo anno di vita, non produce neanche la lallazione (oppure ha smesso di produrla da qualche mese), il ruolo del tecnico non deve essere quello di rilevare che sta per chiudersi un ipotetico e, mai scientificamente provato, periodo critico. Così come, la funzione del tecnico, di fronte a tale problematica clinica, non sarà quella di iniziare a preparare i genitori ad accettare che, qualora non dovesse parlare entro i 4 o 5 anni, non potrebbe più parlare. Il compito del tecnico deve essere quello di definire un programma riabilitativo coerente con una riorganizzazione dei circuiti talamo-corticali, al fine di consentire: 1) un maggior controllo sulle vie basse (limbiche), 2) di integrare le submodalità sensoriali per migliorare la qualità della percezione, 3) iniziare a favorire l’integrazione delle singole percezioni e di queste con i circuiti motori.
E’ questa la strada che consentirà di apprendere semplicemente “ascoltando” il linguaggio.
Qualora si dovesse fallire è perchè non siamo stati bravi nel riorganizzare quel S.N.
Non certo perchè ha superato l’età.