Non c’è angolo del pianeta terra che non sia stato “colonizzato” dagli uomini, infatti, gli umani sono in grado di crescere in ambienti molto diversi. Questo è possibile perchè, il cervello umano alla nascita, è straordinariamente immaturo. Esso, invece di arrivare al mondo “cablato”, si concede di lasciare la sua organizzazione ai dettagli dell’esperienza della vita (ovviamente il cervello non decide un bel niente, è la natura a fornire tale opportunità).
In precedenti articoli del blog abbiamo appreso che, nel neonato le cellule nervose sono numericamente significative ma prive di connessioni funzionali, se non nella parte evolutivamente più antica del Sistema Nervoso (midollo spinale, parte inferiore del tronco cerebrale). Le esperienze sensori-motorie, a cui viene sottoposto nei primi 2 anni di vita, consentono la selezione dei circuiti neurali e la loro mielinizzazione (processo di organizzazione neurologica). Basti pensare che, intorno ai 2 anni di vita, il Sistema Nervoso umano esprime un numero doppio di contatti tra neuroni (sinapsi) rispetto al cervello adulto. L’esperienza sensori-motoria selezionerà il 50% delle sinapsi. In ultima analisi, i nostri comportamenti andranno a rispecchiare ciò che abbiamo appreso, non in termini creazionistici, bensì in termini di selezione. E’ stato grazie a tali conoscenze che abbiamo potuto comprendere come, ciò che abbiamo vissuto e sperimentato, abbia inciso sulle nostre abilità neuronali e/o comportamenti (psicostati), poichè ha selezionato il nostro connettoma (neurostati). Inoltre, è stato per merito di tali conoscenze che abbiamo frantumato, definitivamente, ogni barriera tra genetica ed epigenetica. L’esperienza sensori-motoria va a regolare la funzione genica, ovvero la sintesi proteica. Le neuroscienze attuali mi consentono di sostenere che, quello che sto facendo in questo momento (scrivere l’articolo per il blog) dipende da cosa stanno combinando i miei neuroni in questo momento e, quest’ultima cosa, dipende dallo stato di salute del mio corpo in quest’istante (omeostasi) e da tutto quello che mi è capitato in passato (la mia storia). In relazione a ciò, bisogna ricordare che, quello che io percepisco non è l’articolo così come è, bensì l’articolo in funzione di chi sono io. Per un lettore neofita, pur essendo lo scritto identico, la percezione sarà totalmente diversa dalla mia. Ognuno di noi segue la propria traiettoria in quanto ogni singolo cervello è unico, così come ogni individuo.
Il cervello ha, come tutti gli organi del nostro organismo, una sua specifica funzione. Esso raccoglie informazioni (grazie ai recettori sensoriali ad esso connesso) sul mondo esterno e sul corpo contenitore di quel cervello, ed indirizza in maniera adattiva i comportamenti. La novità è che, all’esterno del cervello esistono solo l’energia e la materia. In milioni di anni di evoluzione, il cervello umano si è organizzato al fine di trasdurre energia e materia in una ricca esperienza sensori-motoria del mondo, fino a fornire all’uomo l’autoconsapevolezza di questa sua esperienza, oltre che la consapevolezza di quale sia la sua reale ricchezza. Non vi sono dubbi : la RELAZIONE è di vitale importanza per l’uomo. Basti pensare che la nostra sopravvivenza dipende in tutto e per tutto da chi ci circonda. Spingendoci oltre, ma in linea con le neuroscienze attuali, è veritiero affermare che, molto di ciò che siamo dipende da cosa abbiamo fatto e con chi lo abbiamo fatto. Ma questo non rappresenta il problema primario del soggetto con autismo. L’autismo non è una patologia primaria della relazione, il cervello del soggetto autistico non è “malato” in un ipotetico modulo, per cui non intuisce che, anch’egli, necessita dell’altro. L’autismo è una condizione neurologica, secondaria ad una miriade di cause, ove l’Organizzazione Neurologica, trasduce in maniera differente l’energia e la materia che li circonda. La prova più evidente di tale affermazione sta nell’età di insorgenza del disturbo (mediamente 12-18 mesi). In tale epoca gli uomini relazionano solo con chi si prende cura di loro, e con questi, i soggetti con autismo, non manifesteranno nessun problema per tutta la loro esistenza. Tutto il corredo sintomatologico di un soggetto con autismo sarà coerente (come per tutti gli altri uomini) con la sua storia. Una storia ove una disfunzione neuronale non consente all’esperienza di selezionare un connettoma capace di garantire una relazione “convenzionale”.