Ho impegnato circa 30 anni nello studio delle neuroscienze, cercando di applicare tali conoscenze nella diagnosi e cura delle cerebrolesioni in età evolutiva. Ho incontrato migliaia di famiglie di bambini cerebrolesi ,la maggioranza erano genitori di bambini con autismo. Nulla “inquieta” i genitori quanto l’assenza del linguaggio dei loro bambini. Sovente mi è stato chiesto perchè quel bambino ,pur pronunciando intorno ai 12 mesi di vita diverse parole, aveva poi smesso, totalmente ed all’improvviso, di parlare. Per tale motivo, spesso si sostiene che un vaccino abbia potuto provocare l’insorgere dell’autismo poichè, nessun altro ipotetico evento patogeno viene rilevato nella storia di quel bambino, intorno a quell’epoca della sua vita.
Non ho alcuna competenza scientifica sulla relazione vaccino-autismo.Da studioso delle neuroscienze sostengo che l’autismo può essere provocato da moltissime cause, nel momento in cui queste vanno a modificare il processo di organizzazione neurologica. I vaccini possono causare leucoencefalopatia ovvero, possono “mortificare” i neurostati a vari livelli di organizzazione, inducendo psicostati anomali. Il problema sta nell’individuare in quale percentuale e, soprattutto, in quale bambino si verifica. Per la mia formazione scientifica mi viene difficile pensare che tutti i casi di autismo siano secondari alle vaccinazioni. I soggetti affetti da fenilchetonuria , prima che si diagnosticasse tale patologia, venivano classificati come autistici. Non era il vaccino, ma la presenza di fenilalanina nella dieta a determinare il disordine dello sviluppo neurologico. Allo stesso tempo, non vi è alcun dubbio, la leucoencefalopatia post vaccinica esiste, e non solo in letteratura. Ma perchè un bambino che presenta uno sviluppo del linguaggio nella norma smette poi di parlare?
Le conoscenze scientifiche attuali non richiedono, necessariamente, che una noxa patogena abbia leso quel S.N. nei giorni , o al massimo in qualche settimana precedente all’arresto del linguaggio.
Applicando l’approccio neurobiologico evolutivo o biocognitivismo alle origini del linguaggio si apprende che, il linguaggio verbale, come la moltitudine delle “nostre ” abilità neurali ( concetto di spazio, di tempo, attenzione, concentrazione, letto-scrittura, comportamenti etici, etc), non hanno uno specifico “organo” o area neurale circoscritta all’interno del nostro cervello, abilitata per quella funzione.
Il linguaggio verbale è un’abilità umana che, in ogni persona, si organizza sin dalla nascita attraverso le connessioni tra differenti circuiti neurali, ampiamente distribuiti nel S.N. In tempi differenti, ulteriori macrocircuiti neurali, andranno ad integrarsi, garantendo così performance sempre più complesse ( dalla lallazione ,alle paroline, alle frasi fino alla comprensione del doppio senso).
Quando diciamo ad un bambino di 3 anni, neurologicamente nella norma, che il “ciuccio vola” questi non riuscirà a cogliere il senso dell’espressione, pur non manifestando alcun problema di linguaggio (per me il” ciuccio vola” significa che la mia squadra del cuore avendo per simbolo il ciuccio, possa volare in classifica).
All’età di 3 anni non si comprende il doppio senso poichè particolari circuiti neurali non sono ancora connessi tra di loro e, dunque, non possiamo nemmeno essere sicuri che lo faranno in seguito.
La mia convinzione è che le prime paroline pronunciate dai cuccioli d’uomo hanno molto in comune con i vocalizzi degli altri primati e poco con il linguaggio umano. Questo, a differenza dei vocalizzi, ha un carattere sia richiedente che informativo (viene utilizzato sia per ricevere che per dare informazioni all’altro). In termini di neurostato significa che, la lallazione e le prime parole, nei primi 12 mesi di vita, sono garantite dai circuiti bassi (talamo-amigdala-gangli basali-organo della fonazione). Qualora la sede del danno neurale fosse più alta (specie aree associative secondarie e terziarie) non potrebbe manifestarsi la clinica nei primi 16, 18 mesi di vita.