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Una curiosità “biocognitiva”

Quanto tempo dobbiamo attendere per avere una risposta verbale ovvero, fino a quanto dobbiamo contare, prima di fare un’altra domanda?

Come ho scritto in altri articoli del blog, non vi è alcun dubbio che siamo ANCHE cognitivi.

Senza alcuna possibilità di essere smentiti, possiamo affermare di essere in possesso di almeno due tipi di pensiero: quello automatico e quello logico o razionale. Il primo è decisamente pratico ed estremamente comodo in tutte quelle situazioni ove possiamo cavarcela grazie alle convinzioni, abitudini, opinioni, stereotipi, esperiti nel corso di tutta la nostra vita. Esso è rapido e più naturale del pensiero logico o razionale. Questi invece  è molto più lento, procede per deduzioni e richiede enormi risorse attentive, ovvero di selezione dei circuiti corticali attivatisi in seguito agli stimoli ambientali evolutivamente più rilevanti.

Un esempio descritto sovente dagli psicologi, per dimostrare l’evidenza, cioè che utilizziamo questi due differenti tipi di pensiero, è rappresentato dal test delle file di gettoni. Mostrando ai bambini due file di gettoni contenenti lo stesso numero di elementi, ma più spaziati nella seconda fila che non nella prima, otteniamo risposte differenti in base all’età del bambino esaminato. Infatti, un bambino di età inferiore ai 7 anni afferma, di solito, che la seconda fila contiene più gettoni, poichè la ” vede” più lunga. Intorno ai 7 anni si “libera” dalla convinzione percettiva (più lunga=più gettoni) ed esamina la situazione con ” maggiore logica”, ad esempio, prende più tempo per rispondere e lo impegna per contare i gettoni.

Un approccio biocognitivo significa andare alla ricerca dei neurotipi che garantiscono tali cambiamenti di abilità (psicotipi) poichè, qualora un bambino, nonostante il compimento del settimo anno di vita, dovesse restare ancorato al pensiero “automatico o percettivo”, potremmo stabilire quali circuiti dobbiamo modificare e con quale strategia educativa/riabilitativa. Le neuroimaging (fRMN) ci aiutano tantissimo nel raggiungimento di tale obiettivo. Infatti, il bambino che risponde con una strategia automatica, basata su convinzioni sensopercettive (più lunga=più gettoni ), al momento del test “accende” prevalentemente una popolazione di neuroni situati nel solco intraparietale laterale. Quando, grazie alla crescita e all’esperienza, si acquisisce un nuovo psicostato o abilità (pensiero logico ,ovvero conta i gettoni), si verifica che , in quel cervello, durante il test, l’area precedentemente attivatasi alla misurazione della fila di gettoni, viene ad essere “inibita” da una popolazione di neuroni situati nella corteccia prefrontale sinistra. Conseguenzialmente, all’attività dei neuroni prefrontali, si blocca il pensiero automatico e si attiva un pensiero più logico in quanto viene ad eccitarsi una nuova area parietale di poco distante a quella del pensiero automatico.E’ grazie a queste lunghe vie assonali che l’informazione nervosa da un’area posteriore viene condotta ai circuiti prefrontali e , grazie a successive lunghe fibre assonali, viene condotta dalle aree anteriori verso quelle posteriori ove esercitando un’azione “inibitoria” concede di mettere in atto una strategia differente. Questa “nuova operazione” richiede tempo, poichè accediamo al pensiero logico in maniera meno “automatica”.Risultano necessari tempo e silenzio. Sovente, con i soggetti autistici, i tempi che noi imponiamo nel dialogo risultano essere troppo veloci. Di norma, facciamo una domanda e ,dopo pochissimi attimi, non avendo ricevuto una risposta, la ripetiamo o la sostituiamo con un’altra.

Il biocognitivismo ci invita a modificare strategia,oltre che a favorire una migliore organizzazione neurologica delle aree associative secondarie e terziarie attraverso una metodica che tenga presente dell’età di insorgenza dei primi sintomi o segni e delle abilità sensori-motorie di quel bambino nei suoi primi anni di vita, quando i circuiti anteriori non erano ancora funzionalmente attivi.

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