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Una nuova era per i disturbi dello spettro autistico

Il blog ha compiuto sette mesi, durante i quali sono stati presentati 105 articoli, al fine di favorire la comprensione dei disturbi dello spettro autistico. Tutti gli articoli sono coerenti con la formazione dell’autore (biologica evolutiva). Quest’ultima è figlia di recenti conoscenze scientifiche che, da qualche decennio a questa parte, hanno radicalmente modificato il modo di inquadrare la malattia mentale. Infatti, siamo ben consapevoli di come un eccesso di dopamina possa generare un “disturbo psichico”, mentre una carenza di dopamina produce un “disturbo motorio”. Per stare in “buona salute” è necessario preservare l’equilibrio. Quando questo è compromesso il cervello non funziona più in maniera normale. Eppure, è altrettanto forte la convinzione che, non faremo passi avanti nella comprensione del “disturbo mentale”, qualora volessimo comprendere l’organizzazione della circuiteria neuronale estrapolandola dalla storia del corpo/contenitore in cui quei circuiti “vivono” e dall’ambiente in cui quel corpo “vive”. Allo stesso tempo, sostengo con forza, che non possiamo progredire nella comprensione biologica dei disturbi dello spettro autistico fino a quando non avremo chiaro il concetto che “uno stato di coscienza” altro non è che “una particolare forma di percezione”. Erroneamente, siamo portati ad attribuire una grande importanza alla memoria a lungo termine, poiché questa custodisce il personale bagaglio di ricordi e, dunque, anche il nostro modo di fornire “comportamenti intelligenti”. Ma, senza la memoria a breve termine, non ci sarebbero ricordi di alcun tipo, e non avremmo, soprattutto, la capacità di compiere azioni sensate. Quello che emerge dagli studi attuali delle neuroscienze, è che la memoria a breve termine (quella memoria che serve per conservare alcuni dati per brevi momenti), è anche la fonte della memoria di lavoro, la quale rappresenta una componente essenziale della nostra cognitività, ovvero della nostra capacità di eseguire azioni su decisioni prese consapevolmente. Ebbene, la sede della memoria a breve termine è la sinapsi, non un’area cerebrale più o meno circoscritta. Sappiamo anche che, le nostre sinapsi, pur essendo in parte regolate dai geni, questi risultano essere necessari ma non sufficienti. Infatti, se una donna dovesse fare uso eccessivo di alcool in gravidanza, o un bambino avesse un’alimentazione che per lui risulterebbe tossica, un cervello geneticamente destinato ad una ottimale organizzazione potrebbe invece risultare organizzativamente compromesso. Abbiamo, inoltre, appreso che, i circuiti cerebrali, anche se in maniera differente, sono plastici. Molti sistemi cerebrali sono plastici, cioè modificabili attraverso l’esperienza, il che significa che le sinapsi coinvolte sono alterate dall’esperienza. La plasticità, nei sistemi cerebrali, è una caratteristica innata. Quest’innata capacità delle sinapsi di registrare e conservare l’informazione sensoriale è ciò che consente, sia l’apprendimento, che il successo riabilitativo.

Inoltre, abbiamo più volte sottolineato il limite della scienza cognitiva (proprio grazie a tutte queste informazioni):se vogliamo comprendere l’intera mente e le malattie mentali, attraverso il cervello, dobbiamo comprendere come funziona tutto il cervello e non occuparci solo di alcuni moduli.

Detto ciò, non ci resta che continuare il nostro cammino, negli ultimi articoli abbiamo trattato il cognitivo, nei prossimi daremo ampio spazio sia all’emotività che alla creatività del bambino con autismo.

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