Venticinque anni fa incontrai un genitore di un soggetto con autismo che fece nascere in me la “curiosità” di provare a comprendere i segreti del comportamento autistico. Questo Natale, quel genitore, mi ha donato quest’articolo. Ho piacere a condividere queste preziose informazioni con le amiche e amici del blog.
Cerveau & Psycho Mensile francese N.84 gennaio 2017. Pag. 21
Verso una diagnosi biologica delle psicosi?
Thomas Insel, neuroscienziato e psichiatra, direttore di I’Istituto Nazionale di Salute Mentale americana tra 2002 e 2015.
Traduzione di Sergio Martone, genitore, Vice Presidente Associazione Acffadir ONLUS.
Schizofrenia, disturbo bipolare… Da quasi un secolo, queste categorie diagnostiche raggruppano in effetti dei pazienti molto differenti. Essi non saranno curati bene a meno che non si distinguano gli uni dagli altri – in particolare mediante dei biomarcatori.
Se avete la sfortuna di cadere malato questo inverno e di avere dei dolori al torace, forse sarete esaminati da un medico che vi prescriverà delle analisi per determinare se si tratta di una bronchite, di una polmonite, di una malattia cardiaca o di altro. Questi test, permettendo una diagnosi precisa, consentiranno di prescrivervi un trattamento adattato al vostro caso particolare.
Al contrario, se avete la disgrazia di avere un episodio psicotico questo inverno, il modo di giungere a una diagnosi sarà differente. In effetti, non avrete la scelta tra molte possibilità.
La maggior parte delle persone che soffrono di disturbi psicotici sono classificate schizofreniche o bipolari. Da più di un secolo, la distinzione è stata sensibilmente la stessa nei manuali psichiatrici: la schizofrenia, inizialmente chiamata demenza precoce, è associata a dei deliri, delle allucinazioni e a un’evoluzione inesorabile. Il disturbo bipolare, il maniaco/depresso di una volta, include anche talvolta dei deliri e delle allucinazioni, ma soprattutto delle fluttuazioni spettacolari dell’umore. La sua evoluzione è instabile, le sue manifestazioni talvolta episodiche. Tuttavia, all’infuori dei manuali, nel mondo reale delle sale di pronto soccorso o della clinica, queste distinzioni sono meno evidenti perché numerosi pazienti non corrispondono in maniera molto chiara a queste descrizioni formali. Purtroppo, non esistono né dei test del sangue né delle scansioni del cervello per distinguere la schizofrenia dal disturbo bipolare.
Mentre i clinici sono diventati molto competenti nel descrivere i sintomi di queste malattie, l’assenza di test pone un serio problema alla psichiatria nel suo insieme. Tutti i pazienti che hanno ricevuto la diagnosi di schizofrenia hanno il medesimo disturbo? Che cosa ne è del grande numero di persone che sembrano presentare al tempo stesso degli aspetti della schizofrenia e del disturbo bipolare? Queste malattie, diagnosticate unicamente sulla base di segni esterni e di sintomi, corrispondono a delle entità biologiche distinte, o potrebbero esistere numerose malattie differenti che si manifestano in un continuum di segni psicotici e di sintomi comportamentali? Queste domande non sono puramente accademiche. Come con il dolore al torace, ottenere una diagnosi precisa costituisce la chiave per definire un trattamento ottimale.
Condurre la psichiatria verso una nuova era di diagnosi basata su delle prove biologiche, da molti anni, rappresenta un obiettivo ed è oggi una priorità dell’Istituto Nazionale Americano di Salute Mentale, così come del DVS di psichiatria (DVS = dominio di valorizzazione strategica) dell’Inserm, in Francia. Le sfide in materia sono numerose, ma uno studio recente pubblicato dall’American Journal of Psychiatry, dà corpo a questa speranza.
Definire i biotipi psichiatrici.
Questo studio condotto dal neuroscienziato Brett Clementz, dell’Università di Georgia, la psichiatra Carol Tamminga, del Centro medico dell’Università del Texas Southwestern di Dallas, in Texas, e i loro colleghi delle Università Yale e Harvard, ha rivelato l’esistenza di biotipi distinti della psicosi che possono essere identificati per mezzo di bio/marcatori quantitativi. In questo studio, guidato dal Consorzio della Rete bipolare – schizofrenia sui fenotipi intermedi, il B-SNIP, 711 pazienti che avevano ricevuto una diagnosi di schizofrenia, di disturbo bipolare o di disturbo schizo/affettivo (una forma intermedia della schizofrenia e del disturbo bipolare) sono stati sottoposti a una serie di test che valutano diverse funzioni cerebrali alterate nelle psicosi. Test cognitivi, misure del trattamento degli stimoli sonori, valutazione del controllo cognitivo, insieme con degli elettroencefalogrammi (EEG) e un esame preciso dei movimenti degli occhi. Inoltre, ogni soggetto è stato sottoposto a una risonanza magnetica (fMRI) del cervello.
Senza avere conoscenza della diagnosi clinica, i ricercatori hanno riunito tutti questi dati e li hanno analizzati per mezzo di metodi statistici senza criterio di selezione particolare ed esenti da tendenze. Il loro scopo: identificare dei biotipi, cioè delle caratteristiche biologiche misurabili che sarebbero associate a tale o tale altro tipo di diagnosi psichiatrica. Non si resterà molto sorpresi nell’apprendere che l’analisi informatizzata di un largo campione di popolazione che aveva ricevuto tre tipi di diagnosi ha presentato anche tre tipi di biotipi. Ma questi tre biotipi non avevano che uno scarso rapporto con le tre diagnosi utilizzate tradizionalmente. In effetti, le persone schizofreniche, bipolari o affette da disturbi schizo/affettivi erano ugualmente ripartite in ciascuno dei biotipi. Detto diversamente, in non importa quale dei tre biotipi identificati, si trovavano praticamente altrettanti schizofrenici che bipolari o di disturbi schizo/affettivi.
C’è qualche ragione per credere che questi biotipi siano più validi di una diagnosi clinica stabilita sulla base di sintomi? Alcune osservazioni lasciano pensare che i ricercatori del progetto B-SNIP potrebbero aver toccato con mano qualche cosa di serio.
Per prima cosa, certe differenze di biotipo come delle particolarità dell’elettroencefalogramma o delle saccadi oculari sono state trovate ugualmente in alcuni dei membri imparentati al primo grado nella famiglia dei pazienti, presso di cui sono stati anche raccolti dei dati. Ciò punta verso una base genetica di queste nuove categorie psichiatriche. Secondariamente, i biotipi differivano sul piano del comportamento sociale – per esempio i membri del biotipo 1 hanno più gravi disturbi del comportamento sociale che quelli dei biotipi 2 o 3. Terzo, gli studi di neuro-immagini, che non erano stati utilizzati per stabilire i biotipi, hanno mostrato delle differenze molto nette nella densità di materia grigia tra i differenti biotipi, in modo particolare nelle cortecce frontali, cingolare, temporale e parietale.
Anche se nessuna di queste osservazioni prova che i biotipi sono più validi della diagnosi clinica, queste scoperte sollecitano ad adottare un nuovo approccio alla diagnosi psichiatrica. Man mano che noi avanzeremo, sarà importante sapere se le variazioni genomiche, le misure del funzionamento cerebrale o di altre misure comportamentali possono affinare o possono consolidare la validità di questi biotipi.
Dei trattamenti più adattati a ciascuno.
La medicina di precisione è diventata un termine alla moda per descrivere la rivoluzione attesa nella diagnosi del cancro e di altre malattie. Questo concetto significa semplicemente che gli strumenti della biologia moderna, ivi compresa la genetica e le neuroimmagini, sono predisposti a demolire le categorie diagnostiche attuali per definire dei gruppi di malattie più precisi – talvolta a livello di una variazione genetica particolare – che possono essere messi in relazione con dei trattamenti più personalizzati.
Nel campo dei disturbi mentali, i test di laboratorio non hanno investito ancora la clinica. La medicina di precisione rappresenterebbe allora un’innovazione di primo piano che rivelerebbe forse che numerose categorie diagnostiche attuali sono imprecise e biologicamente eterogenee. Ciò è particolarmente evidente nei campi dell’autismo, dei disturbi dell’attenzione con iperattività, della depressione o dei disturbi d’ansia. L’autismo, per esempio, è quasi certamente una diagnosi diffusa e flessibile che copre una grande varietà di casi molto differenti gli uni dagli altri su un piano genetico, anche se appaiono similari in superficie.
L’istituto Nazionale Americano di Salute Mentale, il NIMH, ha proposto un nuovo approccio alla diagnosi dei disturbi mentali che mira a integrare dei dati biologici, cognitivi, comportamentali e sociali, oltre ai sintomi osservati nel paziente. Conosciuta sotto il nome di Criteri dei Domini di Ricerca, o CDR, essa resta contestata perché segna una rottura importante con la psichiatria tradizionale e perché alcuni dubitano che essa sia applicabile. Tuttavia, i dati del programma B-SNIP mostrano il contrario. Certamente, il vero test per i biotipi B-SNIP – o per qualsiasi nuovo metodo diagnostico – consisterà nel sapere se questi biotipi sono utili per definire dei trattamenti e predirne l’efficacia. Per questo, bisognerà mettere in atto degli studi che misurano le risposte dei pazienti a questi trattamenti. I pazienti schizofrenici si vedono prescrivere spesso dei trattamenti antipsicotici e un supporto psicologico sotto forma di terapia, di consigli o di rimedi cognitivi. I pazienti bipolari ricevono delle molecole che stabilizzano l’umore (i timoregolatori, come il litio), dei medicinali antipsicotici, talvolta degli antidepressivi o delle sedute di sostegno psicologico e sociale. Il trattamento resta empirico, con pochi riferimenti per sapere quale persona va a rispondere efficacemente a una data terapia.
Una delle speranze, derivate dalla medicina di precisione in psichiatria, è che l’utilizzazione di bio/marcatori può predire più efficacemente la portata di un trattamento. In questa maniera, pazienti e clinici prenderebbero delle decisioni più informate e precise sulla scelta di quest’ultimo. I disturbi psicotici rientrano tra le patologie più svantaggiate in tutto il campo medico – e costano molto caro in denaro alla comunità e in sofferenze per i pazienti e i loro vicini. Nuovi approcci in diagnosi e in trattamenti non saranno mai di troppo.