Quello che noi chiamiamo emozione, abbiamo visto nei precedenti articoli, risulta essere una sorta di epifenomeno, o psicostato, che andrebbe, di volta in volta, meglio specificato come paura, o disgusto, o sorpresa, o ecc.. I neurostati di tali epifenomeni sono rappresentati da integrazione di specifici circuiti neuronali, ognuno dei quali non è intrinsecamente emozionale (recettori e vie sensoriali, nuclei motori, sensoriali, oltre che vegetativi del tronco cerebrale, nuclei talamici, vie di proiezione ascendenti, strutture sottocorticali, aree limbiche, insula, aree frontali, ecc.). Queste aree e vie neuronali partecipano alla genesi, più o meno, di tutte la emozioni, ma con distribuzioni totalmente differenti. Inoltre, altra importantissima considerazione è che, le aree neuronali storicamente considerate centri dell’emozione supportano, quelli che definiamo, processi cognitivi. Allo stesso tempo, le aree del “cognitivo” supportano i processi emozionali (sentimento, e non solo). Oggi, siamo ben consapevoli che il cervello funziona in maniera olistica ovvero, tutte le funzioni, in un sistema nervoso ben organizzato, trovano i propri neurostati nella formazione di network anatomici altamente integrati. I casi sapientemente riportati in letteratura da A.Damasio (P.Gage) o da V. Ramachandran (sindrome di Capgras) testimoniano quanto scritto. Ho pertanto affermato che, superato i primi mesi di vita, avere un’esperienza emozionale significa provare qualcosa, ovvero avere un’esperienza percettiva paragonabile alle esperienze sensoriali provocate dalla manipolazione con il mondo esterno. Dunque, provare un’emozione rappresenta un’attività sensoriale, pertanto, nel soggetto con autismo, può esserci un modo differente di vivere emotivamente quell’essere toccati, quel sentire un suono, quell’assaporare un gusto, quel vedere un particolare (in iper o in ipo), senza dubitare sulla presenza di una vita emotiva. In tale ottica (neurobiologica evolutiva), l’emozione è un’esperienza (comportamento) che emerge dall’intreccio inestricabile delle interazioni dinamiche tra le componenti sensoriali e motorie, pertanto, si rivelano fondamentali anche al fine di facilitare l’acquisizione delle conoscenze astratte. Infatti, le conoscenze emotive rappresentano le prime conoscenze apprese in età precoce che non abbiano necessariamente uno stimolo fisico. E’ intrigante, oltre che scientificamente affascinante, la tesi, secondo la quale, l’acquisizione di concetti emotivi potrebbe, in seguito, facilitare quella di concetti completamente svincolati da un referente concreto, come, ad esempio, lo sono quelli astratti (concetto di democrazia ad es.). Appare sempre più evidente l’errore commesso dai cognitivisti, secondo i quali i concetti sono ciò che ci consente di categorizzare la realtà. Il nostro cervello non apprende nozioni sugli oggetti grazie ai concetti. Allo stesso tempo, ogni qual volta abbiamo nuovamente a che fare con gli oggetti, non ricorre ai concetti per riutilizzare nozioni su di essi. Non è il concetto di fuoco che brucia, che ci tiene lontano dalle fiamme. E’ la nostra abilità, sensori-motoria, emotiva, cognitiva, astratta, corrispondente ai vari livelli di organizzazione neurologica, che garantisce, sia la strategia, sia quanto esperito, più adattiva. Ma questo è argomento di domani…..