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Gli “scarti” del cervello

Quando nel 1992 iniziai ad occuparmi di autismo in età evolutiva, a tutti i bambini con il quadro sindromico, all’epoca, veniva prescritta come terapia l’holding. Qualche anno dopo, tale trattamento non trovava alcuna indicazione, infatti, a tutti i bambini con autismo veniva consigliato il metodo Portage. Alla fine degli anni novanta una nuova proposta terapeutica (metodo T.E.A.C.C.H.) fu prescritta a tutti i soggetti con autismo in età evolutiva. Allo stato, il 99% dei bambini autistici (dai 2 anni fino all’età adolescenziale) pratica una tecnica cognitivo/comportamentale denominata A.B.A. Da allora ho,inevitabilmente, provato una strana sensazione :”se tutti accettano come vera quella teoria allora, forse, avrei fatto bene a fare altrettanto”. Allo stesso tempo, la mia formazione di studioso del sistema nervoso mi suggeriva che dovevo stare lontano da una situazione dove il pensiero dominante era, ed è, semplicemente errato. D’altronde, uno studioso del sistema nervoso non nega l’attività mentale, semplicemente cerca di stabilirne le basi fisiologiche e, tale obiettivo, era carente, se non del tutto assente, in tutte le proposte terapeutiche consigliate dalla maggioranza dei tecnici. Infatti, tutte le proposte terapeutiche menzionate affrontano alcuni sintomi, ma mai le cause di tali manifestazioni. Invece, la mia pregressa formazione di neurofisiopatologo mi aveva dato la grossa opportunità, dopo migliaia di anni di speculazione filosofica sulla natura della mente, di osservare direttamente l’attività del cervello in funzione, nello stato di veglia, in sonno, nei restringimenti del campo della coscienza (alcune forme di epilessia), come nel coma. Le proposte terapeutiche dovevano essere coerenti con il disordine neurologico, chi si fosse fatto carico di prescriverle doveva avere grosse competenze, non solo su di una corretta osservazione dei sintomi, ma anche sui correlati neuronali alla base di tali sintomi, ovvero sui meccanismi fisiopatologici dell’autismo.

Quando pensiamo al cervello dobbiamo tenere in mente che dentro quella gelatina vi sono più neuroni che abitanti sulla terra (vi sono cento miliardi di neuroni). Queste cellule nervose hanno strutture simili al corpo dei ragni, con estensioni molto lunghe, che partono dal corpo principale per comunicare con altri neuroni. Alcune di queste cellule contattano una decina di altri neuroni, altre possono contattarne diversi milioni. Le comunicazioni effettuate in questa rete procedono attraverso segnali elettrici chiamati “potenziali d’azione” e ogni neurone trasmette informazioni con una specie di codice (il mio lavoro di medico elettroencefalografista consisteva nell’interpretare il codice dei neuroni della corteccia). Il neurone emette questi messaggi in codice, ad un ritmo compreso tra i due e i cento impulsi al secondo. Siccome stiamo parlando di cento miliardi di neuroni, ognuno capace di emettere da due a cento potenziali d’azione al secondo, che vengono trasmessi ad un numero di diverse migliaia di altre cellule nervose, possiamo intuire come la complessità del cervello umano, sia in termini di velocità che di efficienza, è superiore a qualsiasi computer (tutto questo in uno spazio inferiore a quello di un pallone che tanto fa gioire, quanto soffrire, un tifoso del Napoli). Dobbiamo, inoltre, considerare che, i nostri cervelli non solo “trattano” l’informazione in entrata (sensoriale), ma sono anche dei generatori di informazioni. Infatti, una delle cose che fa il cervello è quella di mantenere un alto livello di attività di sottofondo. Ad esempio, durante il sonno l’attività cerebrale non cessa, anzi i neuroni continuano a trattare informazione. In seguito a questa intensa attività, il cervello, pur rappresentando il 2% della massa corporea, consuma circa il 25% dell’energia totale del corpo, con conseguente produzione di importanti quantità di “scarti” tossici. Negli ultimi anni (dal 2012), le neuroscienze stanno cercando di comprendere come il cervello si libera di tali sostanze tossiche. Nella maggior parte degli organi del corpo l’eliminazione dei prodotti del metabolismo si fa attraverso il sistema linfatico, ovvero attraverso una rete che trasporta linfa (liquido carico di nutrimento e di cellule immunitarie). Questa scorre all’inizio in dei piccoli canali che confluiscono poi per dare nascita a canali più grandi, defluendo, infine, nei vasi sanguigni. Questa struttura vascolare (circolazione linfatica), presente in tutto il corpo, garantisce una via di difesa immunitaria. Fino a tre anni fa si è pensato che il cervello ne fosse sprovvisto e, pertanto, eliminava autonomamente i prodotti tossici del suo intenso metabolismo. Oggi sappiamo che, anche il cervello possiede una rete di circolazione strettamente legata alla circolazione sanguigna. Ogni vaso sanguigno cerebrale è avvolto da uno spazio perivascolare. Gli astrociti (cellule gliali) ricoprono la parete esterna dei vasi. Iniettando proteine nel liquor cefalo rachideo di cani e/o gatti, dopo poco, le ritroviamo in questi spazi perivascolari. Allo stesso tempo, questi astrociti favoriscono il passaggio delle sostanze tossiche dallo spazio perivenoso verso vene sempre più grosse, situate alla base del collo e, dunque, dal sistema linfatico alla circolazione sistemica.

Quello che desta ulteriore interesse è che, un mancato sistema di drenaggio sembrerebbe essere alla base di diverse patologie del cervello. Inoltre, si è visto che, questo drenaggio è attivo durante il sonno, pertanto, i disturbi del sonno possono aggravare condizioni di sofferenza neuronale. Allo stesso tempo, si è visto che, l’uso di farmaci drenanti (Diamox) migliora la condizione clinica.

I tempi appaiono maturi per passare da un approccio psicologico (considerare i sintomi la causa del problema), verso un approccio biologico dell’autismo.

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