I nostri progenitori, che vivevano come cacciatori/raccoglitori, dovevano camminare, mangiare e, contemporaneamente, esplorare il terreno dove si muovevano, ovvero dovevano compiere una serie di azioni in un ambiente popolato da oggetti e da altri esseri in movimento (spazio). Basterebbe riflettere sulla nostra storia evolutiva per comprendere come percezione, attenzione, cognizione ed azione siano strettamente interrelate e che siano gli scopi dell’ azione ad influenzare il tutto. Infatti, allora come oggi, percepire ciò che ci circonda, organizzare in memoria le esperienze spaziali, anticipare le conseguenze di una situazione tramite immagini mentali, rappresentano requisiti essenziali per muoversi nello spazio (le neuroscienze trattano lo spazio a diversi livelli: spazio personale o spazio occupato dal proprio corpo, spazio peripersonale o spazio posto nel raggio d’azione della propria mano, spazio extrapersonale o spazio oltre il raggio d’azione della mano).
A costo di essere petulante, voglio ricordare che, un clinico può sperare di avere successo terapeutico solo quando, attraverso una corretta anamnesi ed osservazione, e dopo aver visionato gli esami diagnostici, riesce a definire i neurostati anomali, ovvero quale circuiteria neuronale si è disorganizzata e, dunque, non si è definita idonea al raggiungimento di alcune abilità (psicostati). Al fine di favorire questo percorso di formazione, come presidente del Centro Studi e Ricerche per le Neuroscienze dello Sviluppo Carl e Janice Delacato, ho invitato, il prossimo 11 marzo, presso la nostra sede, la professoressa Tina Iachini (professore di Scienze Cognitive presso l’università di Napoli), uno dei massimi esponenti, a livello internazionale, nell’ ambito di come l’essere umano acquisisce la conoscenza dello spazio, oltre che l’abilità di come muoversi nello spazio.
La professoressa Tina Iachini ha, con i suoi studi, contribuito a superare il dualismo della psicologia classica tra percezione e cognizione, tra azione e cognizione, tra corpo e mente. Infatti, mentre per la psicologia classica le informazioni sensoriali costituiscono un materiale grezzo che viene, successivamente, tradotto in concetti astratti, grazie ai processi cognitivi, per la Iachini, in linea con le neuroscienze attuali, la cognizione è fondata sull’esperienza sensomotoria e sull’unitarietà di percezione e cognizione, e non sulla loro distinzione. Azione, percezione e cognizione rappresentano i tre aspetti di un’unica funzione: la capacità di selezionare, da parte dell’organismo, il comportamento più adattivo.
Per la ricercatrice, la percezione dello spazio da parte dell’uomo, non può essere esente da tale principio biologico. E’ grazie alla vista, all’udito, al tatto, al movimento, che si possono rilevare distanze, dimensioni, posizioni, oltre che velocità, peso, forza gravitazionale. Dunque, percepire lo spazio richiede l’ integrazione di informazioni sensoriali e motorie, necessarie per portare a termine le azioni sull’ambiente. Alla base della nostre capacità di registrare aspetti dell’ambiente necessari per la sopravvivenza vi è propria questa capacità del nostro cervello di integrare input sensoriali differenti, collegandoli intimamente ai circuiti della motricità (approccio sensorimotorio). Le neuroscienze, grazie a studi condotti su ciechi, hanno potuto appurare l’importanza del movimento al fine di acquisire informazioni spaziali. E’ per tale motivo che, un essere immobile, non potendo correggere con i suoi movimenti gli effetti prodotti dallo spostamento degli oggetti esterni, non acquisirà un senso dello spazio. Infatti, oggi sappiamo, grazie al contributo di tanti neuroscienziati, che i cambiamenti esterni possono essere compensati da movimenti del nostro corpo misurabili dai recettori vestibolari. La percezione, per la professoressa Iachini, non è solo interpretazione dei messaggi sensoriali, ma, soprattutto, simulazione interna dell’azione (cognizione). Infatti, grazie all’integrazione di informazioni propriocettive , vestibolari e visive si acquisisce il “senso del movimento”.
Questo processo di integrazione non è specifico delle cortecce cerebrali. Già a livello dei collicoli (tronco cerebrale) c’è integrazione tra mappe visive, uditive e tattili. Pertanto, appare sempre più evidente come la percezione dello spazio avviene nelle zone di convergenza che integrano l’informazione sensomotoria. Questo garantisce, in ultima analisi, che LE INFORMAZIONI SUL MOVIMENTO SONO RIDONDANTI.
Il mio maestro aveva intuito tutto questo. Per Delacato ogni MOVIMENTO, ovvero ogni COMPORTAMENTO, anche quello apparentemente più bizzarro, non poteva essere frutto di un ritardo mentale, ma doveva essere stato SELEZIONATO dall’ESPERIENZA e, dunque, adattivo, ovvero INTELLIGENTE.
Quando un soggetto con autismo e, dunque, con dispercezione, si ostinava, in maniera stereotipata, a lanciare oggetti contro pareti o mobili, stava misurando la profondità dell’ambiente, utilizzando quella parte del suo sistema sensorimotorio più abile (udito). Allora non c’era la PET o la fRMN, non si poteva mostrare, come lo si può fare oggi, che le aree cerebrali attive quando immaginiamo lo sono anche quando percepiamo.
Ci sarà un riconoscimento scientifico, non per Carl, ma per tanti bambini con autismo.
Magari…
Grazie sempre.
speriamo presto…
Grazie
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