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“Questi fantasmi”, biologia del significato.

Nella giornata di ieri, domenica 28 maggio, ho raccolto la delusione, la rabbia, forse la sofferenza per la disinformazione, di un genitore di un soggetto con autismo di fronte alla pubblicazione prodotta da un altro genitore di persona con autismo, secondo il quale il dramma dell’autismo è che non si è mai vista una soluzione che possa essere un modello replicabile. Inoltre, scriveva che, i soggetti con autismo sono destinati dalla nascita a essere dei fantasmi.

Per il blog il punto controverso è la natura della questione.

In effetti ci troviamo di fronte a due quesiti. Per primo, in che modo e in che senso il cervello, con le sue cellule (neuroni), può generare “menti anomale” e, dunque, comportamenti autistici? In secondo luogo, le nostre esperienze possono cambiare il nostro cervello ed i nostri neuroni? E come? Cosa significa che l’esperienza modifica il Sistema Nervoso e questo modifica l’esperienza?

Chi è autore di quello che sto scrivendo, io o il mio cervello? E se non dovesse essere il mio cervello chi sono io per avere questa funzione?

Per molto tempo, e tuttora per molti, il corpo, compreso il cervello, veniva concepito come una macchina pilotata da un’anima e/o dalla psiche. Inoltre, questa psiche si modellerebbe nel corso delle prime fasi della nostra educazione, senza un minimo interesse su dove tale educazione possa creare modifiche biologiche.

Per altri, i neurogenetisti, diventa abitudine sostenere che i geni determinano non soltanto la forma ed il colore del nostro corpo, ma anche il livello di intelligenza, gli stati d’animo, i nostri comportamenti sessuali oltre che la nostra aggressività per realizzare gli obiettivi assegnatici dai nostri progenitori, i quali non avrebbero fatto altro che trasmettere ciecamente i propri geni.

I recenti sviluppi delle neuroscienze ci portano a considerare che  ogni nostra azione è profondamente personale e nasce dall’intera esperienza contenuta in ciascuno di noi, che non è una collezione statica di ricordi, bensì una trama estremamente dinamica, condizionata, oltre che dal livello di Organizzazione Neurologica e dalla selezione esperienziale dello specifico momento, dallo stato di salute del corpo possessore di quel cervello in quell’istante.

Quello che è profondamente cambiato negli ultimi due decenni, grazie alle moderne neuroscienze, è il significato di PERCEZIONE.

La percezione è organizzazione delle sensazioni e costruzione dei SIGNIFICATI, e queste sono le attività dei neurostati o popolazioni di neuroni in un dato momento.

Le neuroscienze moderne stanno compiendo una vera rivoluzione, fornendo versioni sempre più aggiornate sul funzionamento del nostro cervello.

Il cervello non funziona come una centralina telefonica, secondo la quale ogni neurone sensitivo trasmette un segnale che rappresenta un oggetto o una parola dell’ambiente e il neurone ricevente registra il segnale per utilizzarlo successivamente commutando le proprie connessioni ad altri neuroni e, dunque, quando arriva un nuovo stimolo la rete di neuroni lo confronta con i segnali registrati nel circuito cercando la migliore corrispondenza.

Le neuroscienze attuali ci dicono che una sensazione non crea una configurazione cerebrale fissa che viene registrata in un banco di memoria. Quando impariamo a reagire ad un nuovo odore, vi è un cambiamento in tutte le configurazioni neuronali, anche se non direttamente coinvolte nell’apprendimento. Non esistono rappresentazioni fisse, come nei computer, esistono solamente SIGNIFICATI. Lo stesso oggetto ha SIGNIFICATI diversi per persone diverse, ma anche il SIGNIFICATO che ha per una stessa persona cambia di continuo. Non si può trasferire direttamente il SIGNIFICATO in un cervello o da un cervello all’altro (si possono trasferire le informazioni da un computer ad un altro) perchè il SIGNIFICATO sta nelle rappresentazioni neuronali. Possiamo inculcare nel cervello dei nostri figli significati legati al gioco del calcio, ma solamente se li induciamo a fare esercizio, e a tal punto i significati saranno come quelli dati dai bambini, non come possiamo desiderare noi.

Restare ancorati a teorie superate (hanno fruttato ampie masse di dati sulla struttura e sulla chimica dei neuroni) determina un senso di frustrazione in chi credeva di poter curare e/o prevenire i disordini dello sviluppo neurologico in età evolutiva con l’uso di sostanze chimiche (farmaci) o interventi chirurgici. Ma l’uomo, come qualunque organismo, acquisisce la conoscenza del mondo e realizza il suo potenziale attrverso le sue azioni sul mondo. Le azioni del corpo escono grazie ai sistemi motori, cambiando il mondo e cambiando la relazione del corpo con il mondo. Le conseguenze sensoriali delle azioni consentono poi al corpo di cambiare se stesso in accordo con la natura del mondo.

E’ la dicotomia tra soggetto ed oggetto che viene annullata.

Quando adattiamo una mano per afferrare una bottiglia e l’altra per tenere il bicchiere, non trasferiamo forme geometriche nel cervello,ma uniamo il nostro corpo alle forme degli oggetti adattandovi le mani, per poterli manipolare. I SIGNIFICATI degli oggetti crescono in conformità a quanto abbiamo fatto e a quanto intendiamo fare con tali oggetti (bere, offrire da bere).

I soggetti con autismo non sono fantasmi, non peccano nel non dare SIGNIFICATI al mondo, il loro problema è di altra natura, potrebbe essere di altra entità se la comunità medica darebbe loro l’opportunità di modificare sin da subito la percezione ovvero i SIGNIFICATI.

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