“……la storia siamo noi nessuno si senta offeso……..la storia siamo noi, attenzione nessuno si senta escluso…….però la storia non si ferma……….la storia entra dentro le stanze e le brucia, la storia dà torto o dà ragione,……….siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere……..E poi la gente perchè è la gente che fa la storia………Quelli che hanno letto un milione di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare ed è per questo che la storia dà i brividi perchè nessuno la può fermare.” (F. De Gregori)
La storia siamo noi, Bruno Bettelheim e Carl H. Delacato, nessuno si senta offeso. Nemmeno Leo Kanner, che nel 1943, per la prima volta nella storia della medicina, parlò di autismo infantile ma, nonostante fosse un medico (neuropediatra), si preoccupò solamente di precisare i criteri clinici diagnostici, tralasciando l’eziologia e la patogenesi del quadro sindromico.
Chi dedicò la sua esistenza al tentativo di comprendere la causa dell’autismo fu Bruno Bettelheim. Questi nacque a Vienna il 28 agosto 1903 in una famiglia ebrea. Il padre era un ricco commerciante di legname, che si ammalò gravemente di sifilide quando Bruno era ancora giovanissimo, lasciandogli la gestione dell’azienda familiare, per la sua scomparsa, quando il figlio aveva 23 anni. Fin da piccolo fu considerato l’erede naturale per la gestione dell’azienda familiare (aveva una sorella maggiore), pertanto studia economia e statistica. I suoi interessi lo portarono, ben presto, ad iscriversi a corsi di filosofia e latino, oltre che di psicologia, arrivando alla laurea in campo psico-filosofico all’età di 34 anni. Successivamente riceve una formazione psicoanalitica intensiva. Nel 1939, dopo un internamento, fugge a New York. Qualche anno dopo si separa dalla moglie e si trasferisce a Chicago, dove riceve un incarico al Rockford College. Da quel momento il suo interesse si volge a quei bambini autistici che egli vede simili a “FORTEZZE VUOTE”, espressione utilizzata per sottolineare una sopravvivenza in condizioni estreme. Riallaccia l’autismo alla sua esperienza nei campi di concentrameto. Su tali concetti trasforma una scuola in una casa in cui 46 bambini autistici vengono curati con un trattamento intensivo e per un periodo protratto e con una presa in carico precocissima. L’aspetto fondamentale era quello di distaccare, precocemente e nettamente, il bambino dall’ambiente di origine. Infatti, per Bettelheim, “il fattore che fa precipitare il bambino nell’autismo è il desiderio dei suoi genitori che non esiste”. All’età di 87 anni, il 13 marzo 1990, Bettelheim mette in atto il suicidio.
Carl H Delacato nasce a Pottstown, PA, USA il 23 settembre 1923, da Ercole e Giulia Di Bartolomeo. Entrambi i genitori erano nati in Abruzzo (Italia), per emigrare in America a causa della loro povertà. Figlio unico (un fratello era morto poco dopo la nascita qualche anno prima), porta i segni di una paresi scapolare ostetrica. Impara a suonare il clarinetto ed il sassofono e utilizza questa sua passione per guadagnare quanto necessita per studiare. Suona nella banda della sua università, crescendo in una famiglia povera, ma serena. Si iscrive alla Westchester University (undergraduate). Si laurea e completa il master in scienze dell’educazione presso l’University of Pennsylvania all’età di 24 anni. Qualche anno dopo sposa Janice, che resterà la sua compagna per tutta la vita, occupandosi dei loro tre figli, specie nei lunghi periodi di ricerca (Africa e Brasile) del dottor Delacato. All’età di 40 anni lascia il lavoro iniziale (dirigente scolastico) per dedicarsi completamente al mondo dei bambini cerebrolesi, ed in particolare quello dei soggetti autistici. Fondamentale fu l’incontro con i fratelli Doman, con il neurochirurgo Tample Fay e, soprattutto, con Raymond Dart. Grazie alle sue ricerche presso i boscimani, alla sua pregressa esperienza con studenti “in difficoltà”, a quanto appreso presso istituti di sordi e ciechi oltre che, alle ore trascorse nel reparto di neurochirurgia e alle interminabili “chiacchierate” con medici e famiglie di pazienti, mette in atto una vera rivoluzione nell’ambito dell’autismo. Afferma che il bambino autistico sia un bambino cerebroleso e non un bambino psicotico. Attribuisce al danno sensoriale la genesi del quadro clinico. Investe la famiglia, ed in special modo la mamma, del ruolo di terapista. Il 16 aprile del 2007, uno stroke, allontana definitivamente Delacato dall’abbraccio della sua famiglia.
La storia siamo noi attenzione nessuno si senta escluso………