Nell’ultimo articolo del blog ho sostenuto che la nostra ESPERIENZA VISIVA è preceduta da una catena di eventi di varia natura, della maggior parte dei quali non abbiamo la minima consapevolezza.
Dove si genera l’esperienza visiva?
Quando vediamo un albero o un qualsiasi oggetto o persona sappiamo che, a differenza di quanto si potesse pensare in un passato recente, non esiste alcun homuncolus o modulo innato nel nostro cervello che lo identifica. Allo stesso tempo, le allucinazioni ed i sogni ci dimostrano che quello che vediamo sta anche nelle nostre teste (motivo per cui saremo sempre dualisti). Per questi motivi, le neuroscienze moderne sono sempre più convinte che, l’esperienza visiva trasforma l’esperienza del vedere l’oggetto.
Secondo questa nuova concezione il vedere rappresenta un processo esplorativo, in gran parte inconsapevole. Pertanto, il vedere non dovrebbe essere considerato diverso dal toccare; entrambe le abilità sono finalizzate ad esplorare il mondo esterno( la seconda con la mano mentre la prima con la retina). Infatti, toccare con una mano ferma ci dà scarsissime informazioni, vedere con gli occhi fissi è praticamente impossibile (per esplorare gli occhi, anche fermi, fanno piccoli movimenti o saccadi).
Dunque, come in altri articoli ho già ricordato, vedere implica un legame intimo tra i movimenti del corpo ed i risultanti inputs sensoriali.
E’ in questa interazione uomo/ambiente che prende forma ciò che definiamo esperienza visiva o visione.
L’esperienza visiva (vedo un albero fuori al mio giardino) non può essere generata, non essendo nè una sostanza, nè un’entità secreta dal cervello, nè, contrariamente a quanto si pensava, il prodotto finale di un qualche processo neuronale.
Esperienza visiva non è altro che una parola capace di descrivere un particolare modo di interazione organismo/ambiente.
Lo studio del Sistema Nervoso riveste così notevole importanza in quanto, è il cervello a permettere quella forma di interazione con l’ambiente che chiamiamo VISIONE.
Questo nuovo modo di considerare l’esperienza visiva ha preso “luce” (allo stesso tempo ha dato luce) da una ridisegnazione delle aree cerebrali che contribuiscono alla visione (anatomia e fisiologia).
Secondo la vecchia concezione anatomo-fisiologica si sosteneva che le informazioni sensoriali venivano organizzate, grazie alle aree associative posteriori, in percezioni. A loro volta, le percezioni divenivano concetti che, inviati alle aree motorie, determinavano il movimento (funzioni esecutive).
Secondo questo modello di organizzazione seriale e modulare, le grezze informazioni sensoriali visive, raggiunte le cortecce occipitali (cortecce sensoriali) subivano un primo trattamento, per essere poi trasferite nelle aree associative posteriori, ove era possibile la percezione dell’albero. Tale informazione, inviata ai moduli cognitivi, generava il concetto di albero ed impartiva ordini ai centri della motricità (se hai fame avvicinati e raccogli un frutto) che eseguivano l’azione.
Secondo le moderne neuroscienze, grazie ad una moltitudine di studi elettrofisiologici, si è superata la dicotomia tra sistema sensoriale da un lato e sistema motorio dall’altro.
Infatti, gli anatomisti ed i neurofisiologi hanno visto che, a tutti i livelli del S.N.C. esiste una ridondanza anatomica e funzionale che rende impossibile e fuorviante distinguere le aree motorie da quelle della percezione.
In vicinanza ed anteriormente all’area motoria primaria (quella che segnala ai motoneuroni spinali come regolare l’attività dei muscoli) sono state individuate una costellazione di aree definite motorie che, in intima connessione con aree posteriori (specie del lobo parietale), hanno chiarito come non esiste un cervello che agisce ed uno che comprende, bensì che azione- percezione- cognizione sono abilità intimamente connesse. In un precedente articolo, ho già ricordato che, quando muoviamo il braccio per afferrare una tazzina di caffe, la nostra mano configura la tazzina fin dall’inizio del movimento e non nell’atto di afferrarla.
E’ nell’interazione con il mondo che si genera l’esperienza visiva.
Gli studi scientifici sulle patologie del neurosviluppo dovrebbero cercare di comprendere se, nei soggetti con disordine dello sviluppo neurologico, il disordine visivo (eccesso di informazione) non abbia comportato un minor utilizzo delle mani (o viceversa) nella interazione uomo/ambiente.