Nell’articolo precedente abbiamo visto che, l’esperienza onirica (sogno), come l’esperienza consapevole, altro non è che la nostra consapevolezza (occasionale) di un’attivazione cerebrale durante il sonno.
Dunque, facciamo esperienza onirica perchè il cervello si auto-attiva nel sonno.
Chi ha la possibilità di osservare un bambino, oppure sta a letto con il proprio partner, può osservare la convessità della cornea muoversi avanti ed indietro sotto le palpebre chiuse, talvolta semiaperte. In questi momenti è sufficiente dare un colpetto al partner e chiedergli cosa stia sognando.
Tale comportamento è quello definito sonno REM (Rapid Eye Movement). Esso comporta sempre una intensa auto-attivazione cerebrale. E’ importantissimo per la biologia dei mammiferi; è quantitativamente regolato all’interno delle singole specie, variando con le fasi dello sviluppo cerebrale.
Nel neonato umano il REM ha luogo nella fase iniziale del sonno. Anche se non possiamo sapere se i neonati sognano, nè tantomeno se provano emozioni durante i sogni, sappiamo che presentano forti spasmi degli arti e del tronco, insieme a contrazioni molto espressive dei muscoli facciali, tipiche del piacere,della paura, della sorpresa o del disgusto. In effetti, già alla trentesima settimana di gestazione, il feto umano comincia a presentare movimenti spontanei degli occhi, faccia, arti, molto organizzati. Per molti neuroscienziati, tali movimenti, frutto dell’auto-attivazione cerebrale, avrebbero una genesi non diversa dai movimenti che accompagnano il sonno REM, a dimostrazione che, i nostri sogni ci rammentano che stiamo al mondo con una marcata propensione al movimento ed alle percezioni sensomotorie, le quali diventeranno il fulcro del nostro sentirci individui capaci di interagire con il nostro ambiente.
Nel 1953, oltre che dalla pubblicazione del modello del DNA, il mondo scientifico fu scosso dalla scoperta della fase REM del sonno, ovvero dal fatto che, finalmente, si poteva studiare l’esperienza onirica dal punto di vista fisiologico. Infatti, il sonno REM è caratterizzato da vividi sogni, oltre che, da un’accelerazione del ritmo cardiaco (tachicardia), della frequenza respiratoria (tachipnea), e da un alto livello di attività cerebrale misurabile con l’elettroencefalografia. Quando dormiamo, il nostro cervello esegue un ciclo di varie fasi non REM (l’attività cerebrale misurabile con l’e.e.g. progressivamente decresce) e poi, con ritmi di 90 minuti, entra in una fase molto attiva o REM.
In effetti, il nostro cervello non cessa mai di essere attivo, garantendo sempre una sua funzione e, dunque, una certa attività mentale, con picchi di attività cerebrale, sia durante tutta la veglia (presenza di consapevolezza), che in alcune fasi del sonno (ripresenza della consapevolezza).
Lo studio del sonno e dei sogni è potuto diventare scientifico grazie ad un dispositivo di amplificazione capace di registrare le onde prodotte dall’attività cerebrale, chiamato, per l’appunto, elettroencefalografo (1928 da parte di uno psichiatra tedesco, Adolf Berger). Varianti dell’EEG sono il suo antenato ECG (elettrocardiografo) ed i suoi discendenti, EOG (misura i movimenti oculari) ed EMG (misura il tono muscolare). Applicando i quattro poligrafi citati si studia scientificamente il sonno attraverso polisonnografia. Nel sonno REM si registra assenza di tono muscolare (EMG), presenza di rapidi movimenti oculari (EOG), intensa attività cerebrale (EEG), aumento frequenza cardiaca (ECG). Si è potuto così scoprire che, si può sognare (presenza di coscienza) anche nel sonno non REM, specie nelle fasi iniziali del sonno, essendo l’E.E.G. ancora relativamente attivato. Mentre, quando l’attività elettrica cerebrale decresce sensibilmente (stadi III e IV del sonno) non si hanno sogni. Comunque, durante il sonno l’attività del cervello è sempre presente e varia continuamente ed a cicli. Chi la osserva (E.E.G.) conosce il livello di consapevolezza e di attività mentale del soggetto che dorme.
Intorno alla metà del secolo scorso (1949), mentre la medicina sosteneva che l’autismo fosse consequenziale all’anaffettività materna, il fisiologo Giuseppe Moruzzi (presso la Medical School di Chicago) notò che, stimolando il tronco cerebrale dei gatti, provocava il cambiamento dell’e.e.g. (passava da quello del sonno a quello della veglia).
Non ci volle molto tempo per conoscere che, il sonno REM è gestito dal tronco cerebrale grazie alla formazione reticolare.
Le successive scoperte di fisiologia del sonno e del sonno REM hanno rappresentato conquiste di vitale importanza, al fine della nostra conoscenza di cosa accade in un cervello che dorme. A mio avviso, tali conoscenze potrebbero modificare radicalmente gli approcci neuroriabilitativi (purtroppo, chi si occupa di neuroriabilitazione non conosce la neurofisiopatologia).
Infatti, comprendere che il sonno REM era gestito dal tronco cerebrale, l’aver scoperto che il sogno REM accompagna immancabilmente la soppressione del tono muscolare, permise di conoscere che, uno dei tratti formali distintivi del sogno umano, la sensazione di movimento continuo, viene generata ai livelli più bassi del tronco cerebrale preposti agli schemi motori.
Durante il sonno REM, l’attivazione del cervello non provoca un comportamento di veglia, poichè il sistema motorio è bloccato attivamente a livello del midollo spinale, pertanto, il movimento risulta impossibile anche se la neocortex dispone di eseguire azioni a cui assistiamo nei nostri sogni.
Lo studio elettroencefalografico del sonno ci ha chiarito che, l’attivazione del sonno REM richiede impulsi specifici (onda PGO, onde che originano nelle strutture del ponte di Varolio, delle corteccie occipitali e del corpo genicolato del talamo). Ogni onda PGO fornisce al cervello un impulso di attivazione simile a quello che insorge quando siamo sorpresi da uno stimolo inaspettato durante la veglia (predominanza delle percezioni sul pensiero).
Anche questo non dovrebbe sorprenderci, poichè il sognare è un epifenomeno marcatamente senso-motorio, molto maggiore che nelle più vivide fantasie dello stato di veglia, del tutto privo di autoriflessione ( studiando quali strutture cerebrali sono attive e quali sono inibite quando sogniamo capiremo il perchè)
Chiunque si occupa dei disordini del neurosviluppo, sia con implicazioni motorie che compertamentali, che dell’attenzione, non può non partire che dallo studio di queste onde (PGO) e di queste strutture nervose (tronco cerebrale).
Fin dal 1960 sappiamo che nel tronco cerebrale ci sono cellule nervose capaci di modificare, con i loro neurotrasmettitori (noradrenalina, serotonina), il comportamento dei neuroni corticali. In particolare, la produzione di queste sostanze si dimezza durante il sonno non REM e si azzera durante il sonno REM. Questo significa che, durante il sonno, il cervello attivo elettricamente, lavora in assenza di due dei sistemi chimici che mediano lo stato di veglia e che sono coinvolti in quelle funzioni dello stato di veglia (attenzione, pensiero riflessivo, memoria), che perdiamo durante i sogni e che si manifestano in disordine nelle patologie del neurosviluppo. Senza pensare che, questi neuromodulatori influenzano il flusso sanguigno cerebrale, che regola la “potatura dei circuiti nervosi”.
Questo lo approfondiremo nel prossimo articolo.