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Perchè i bambini, e non solo, non sanno resistere al cioccolato

Nell’ultimo mese il blog ha dedicato particolari attenzioni allo studio del Tronco Cerebrale (articoli sul sonno/sogni e sull’importanza della mappa corporea per la socialità), consapevole dell’enorme importanza svolta da questa antica area cerebrale nel processo di neurosviluppo e, sovente, trascurata dai cognitivisti.

Già alla fine degli anni ottanta del secolo scorso il premio nobel per la medicina, Gerard M Edelman, proponeva modelli teorici di neurosviluppo, grazie ai quali si prendevano le distanze da quei modelli cognitivisti unicamente focalizzati sui lobi frontali e sui circuiti motivazionali.

Per Edelman un’abilità cognitiva si identifica con una MAPPA GLOBALE che, come tale, rappresenta una struttura dinamica, composta da MAPPE LOCALI (circuiti senso-motori) connesse da RIENTRO MULTIPLO  ed in grado di interagire con aree del CERVELLO MODULARE (nuclei del tronco cerebrale e del sistema limbico) o CENTRI DI VALORE.

E’ grazie a questa intuizione di Edelman che possiamo comprendere, neurologicamente, come il PIACERE rappresenti un elemento regolatore del neurosviluppo.

La biologia evolutiva ci presenta il piacere non come un epifenomeno, in cui i neuroni “giusti” si attivano al momento giusto, ma come un meccanismo di organizzazione neuronale, sviluppatosi al fine di favorire funzioni adattive molto specifiche, selezionato dal nostro passato remoto.

Sappiamo che, i neonati preferiscono i gusti dolci a quelli aspri; un sorriso ad un volto inespressivo; un oggetto simmetrico ad uno asimmetrico; i suoni ritmati a quelli casuali.

Sappiamo anche (grazie alle neuroscienze attuali), che, queste tendenze innate, consentiranno ai bambini appena nati di RICERCARE I TIPI DI ESPERIENZE SENSORIALI più adatte, al fine di stimolare un neurosviluppo tipico nei primi anni di vita (selezione esperienziale).

Non sono in pochi coloro che, in modo ironico, hanno considerato, tra i piaceri della vita, il cibo secondo solo al sesso, fatta eccezione per qualche alimento.

Come ho scritto in articoli precedenti, l’espansione del cervello degli ominidi è conseguenza diretta dei cambiamenti dietetici derivati dalla migrazione dell’Homo sapiens dalle grandi savane alle regioni costiere (250000 anni fa). Da allora, i grassi sono indispensabili per lo sviluppo del cervello, pertanto, una dieta ricca di grassi è fondamentale per un corretto neurosviluppo (la membrana cellulare è composta da un doppio strato lipidico).

Altra osservazione, a proposito di scelte gustative, è che l’uomo manifesta un piacere innato nell’assunzione di “dolci”.

Non vi sono dubbi sul fatto che, la pressione evolutiva ci ha spinto a desiderare cibi ricchi di zuccheri naturali, quali ad esempio il latte materno o la frutta, relativamente abbondanti e facilmente “raggiungibili”, senza correre eccessivi pericoli.

Le scienze hanno identificato  cinque gusti fondamentali: dolce, amaro, acido, salato e umami (glutammato monosodico).

La capacità di assaporare il cibo (percezione) comincia con l’impatto delle sostanze chimiche, che costituiscono gli alimenti, sulla papilla gustativa. Questa risulta formata da una quarantina di cellule epiteliali di forma allungata, ognuna delle quali è dotata di recettori specifici, i quali trasducono uno specifico segnale chimico in attività nervosa.

Quando mangiamo un pezzo di cioccolata, gli zuccheri naturali, in essa contenuta, si avvicinano alle cinquemila papille gustative distribuite lungo il perimetro della lingua, attivando cellule particolarmente sensibili al dolce. La presenza di sodio o potassio attiverà i recettori per il salato, e così via. L’insieme delle cellule attivate, a sua volta, invierà segnali elettrici (attività nervosa o potenziali d’azione) a neuroni situati nel midollo allungato e nel tronco cerebrale, che controlleranno i comportamenti automatici associati nell’alimentazione (suzione, deglutizione, salivazione). Inoltre, da questi neuroni del tronco encefalico l’informazione (attività nervosa) proseguirà verso cellule nervose localizzate nel talamo. Da questo stazionamento, l’informazione gustativa (attività nervosa) si biforcherà. Da una via procederà verso la corteccia cerebrale (mi informa che sto mangiando cioccolata), da un’altra via viaggierà verso i neuroni di nuclei limbici (si integra con i ricordi, le emozioni, e va a regolare il desiderio di mangiarla).

Le papille gustative cominciano a funzionare all’inizio del secondo trimestre di gravidanza, epoca in cui il feto comincia a succhiare ed a deglutire.

Queste prime stimolazioni (autostimolazione) risulteranno fondamentali per consentire le connessioni anatomica delle papille gustative con le cellule nervose del tronco cerebrale (selezione di sviluppo).

In maniera rapida, si organizzeranno anche i nuclei del tronco, permettendo al feto di procurarsi il cibo di cui ha bisogno, grazie alla regolazione dei riflessi meccanici complessi (suzione, deglutizione).

Intorno al terzo trimestre di gravidanza si organizzeranno sempre meglio le connessioni tra il tronco cerebrale e le regioni limbiche e corticali. Di conseguenza, il feto comincerà a sperimentare quei sapori (amari, dolci, aspri) conseguenza della dieta materna ed incorporati nel liquido amniotico.

Si è visto che, poco prima della nascita, iniettatando una soluzione dolce nel liqiudo amniotico il feto si muove e deglutisce di più, mentre, se la sostanza inettata fosse amara, deglutirebbe di meno. Allo stesso tempo, tutti sanno che mettere sulla lingua di un neonato che piange un pò di liquido addolcito, con glucosio o saccarosio, lo calma immediatamente per qualche minuto.

Lo zucchero, dal lattosio al saccarosio, attiva il sistema oppioide del cervello.

Il cioccolato, oltre al darci la carica, genera un senso di dipendenza, che permane per un pò dopo averne mangiato l’ultimo pezzettino.

Di recente si è scoperto che, tale proprietà è determinata dalla presenza, in essa, di un messaggero chimico cerebrale, che si lega ai recettori dei cannabinoidi (anandamide) attivandoli allo stesso modo della marijuana. Da tempo sappiamo che, il cioccolato, oltre al saccarosio, contiene feniletilamina (sostanza chimicamente simile all’anfetamina) e teobromina (leggero stimolante). Queste sostanze, quando ingerite, raggiungono il cervello,  aumentando il rilascio di quelle amine (dopamina e noradrenalina), normalmente  utilizzate dai neuroni del tronco cerebrale per modulare l’attenzione e l’eccitazione (dopamina e noradrenalina) e, dunque, per dirigere le nostre scelte.

In ultima analisi, possiamo affermare che, le neuroscienze ci stanno facendo conoscere meglio come “generiamo” i nostri comportamenti.

Un comportamento è intelligente o adattivo quando è finalizzato a far sopravvivere il CORPO.

Lo strumento di misura non può che essere il nostro CORPO.

Nelle scelte “cognitive” la nostra PROPRIOCEZIONE influenzerà la “selezione” di determinate MAPPE GLOBALI.

Le nostre scelte “emotive”, invece, hanno anch’esse una loro rappresentazione in una MAPPA GLOBALE”, ove l’INTEROCEZIONE e l’OMEOSTASI la fanno da padrone.

Nessuno può mostrarsi arrogante al punto tale da “voler correggere” comportamenti anomali, ma ADATTIVI, senza occuparsi del CORPO di quel bambino.

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