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L’autismo Ci costringe a conoscere il cervello

La BIOLOGIA è la scienza che studia gli esseri viventi e, pertanto, i fenomeni della vita con le leggi che li regolano.

Grazie alla BIOLOGIA, possiamo definire le caratteristiche della vita: presenza di un confine semipermeabile che separa il sè dal non sè; la capacità del sè di automantenersi, ovvero di estrarre energia dall’ambiente; la capacità di autoripararsi; la capacità di riprodursi.

In ultima analisi, possiamo affermare che la caratteristica biologica di un essere vivente è rappresentata dalla sua ADATTABILITA’ o COMPORTAMENTO (appare veramente fuori luogo presumere di studiare e comprendere i comportamenti delle specie viventi, uomo compreso, al di fuori di una prospettiva biologica).

Per un BIOLOGO, come già scritto in precedenti articoli, la vita è movimento.

In quanto tale, la vita rappresenta un processo (non una sostanza o una cosa). Infatti, TUTTA LA VITA E’ UNA QUESTIONE DI ESSERE E DI DIVENIRE (essere una cosa e simultaneamente trasformarsi in qualcosa di diverso), pertanto, possiamo dire che, le creature viventi costruiscono continuamente se stesse.

Il biologo genetista Theodosius Dobzhansky, nato nel 1900 in Ucraina ed emigrato negli U.S.A. nel 1927 ove morì nel 1975, affermò che “niente in biologia ha senso, se non alla luce dell’evoluzione”.

Le neuroscienze attuali hanno leggermente modificato tale affermazione, sostenendo che : niente in biologia ha senso se non nel contesto della STORIA. Includendo nel termine STORIA: l’evoluzione, lo sviluppo, la storia sociale, quella culturale e tecnologica.

Appare evidente che il blog, sin dal primo articolo, ha posto sotto i riflettori quei soggetti con una STORIA diversa (bambini con disordine del neurosviluppo) per una problematica di “SVILUPPO” e non per una deprivazione sociale o tecnologica o di altro ancora.

Questo, inevitabilmente, CI “costringe a studiare il cervello” qualora volessimo occuparci di “autismo”.

Lo studio del cervello non è semplice in quanto, il cervello, è pieno di paradossi o contraddizioni.

Infatti, allo stesso tempo, il cervello si presenta come una struttura fissa e dinamica.

Manifesta, contemporaneamente, funzioni localizzate (modulari) e funzioni delocalizzate (integrate).

E’ un organo, le cui cellule (neuroni), manifestano un elevatissimo livello di specializzazione, ma, soprattutto, di integrazione.

In parte, questi paradossi giustificano il perchè, in nessun organo del nostro corpo, la sequenza di sviluppo del Sistema Nervoso è rigorosa ed enigmatica.

Infatti, grazie alla SPECIFICITA’ della moltiplicazione e migrazione delle cellule nervose nel corso della gravidanza, gli esseri umani vedono garantita l’INVARIANZA dei propri cervelli. Senza questa specificità il cervello non sarebbe in grado di sviluppare “accuratamente” quell’infinità di circuiti nervosi che lo caratterizzano.

Ma questo non ci fa comprendere la nostra INDIVIDUALITA’.

E’ grazie al suo essere PLASTICO, ovvero di ripararsi e di “adattarsi all’ambiente”, che diventiamo UNICI.

In effetti, nella dialettica entro cui avviene il nostro sviluppo, SPECIFICITA’ e PLASTICITA’ vanno a sostituire i “vecchi” concetti di natura e cultura.

E’ per tale motivo che, specie per chi volesse occuparsi di neuroriabilitazione, comprendere la plasticità cerebrale significa saper utilizzare quel radicale cambiamento scientifico nel modo di considerare il cervello e, dunque, il bambino con disordine dello sviluppo neurologico.

Nella visione prevalente in un passato recente il cervello consisteva in molti moduli specializzati inscritti fin dalla nascita in ognuno di noi per eseguire specifiche abilità.

Purtroppo, la neuroriabilitazione nel nostro paese non ha ancora soppiantato questa visione statica del cervello sostituendola con un quadro dinamico, molto più in linea con le nostre conoscenze scientifiche.

Ne rappresenta una dimostrazione il mantenere separato un trattamento logopedico da un trattamento di neuromotricità, oppure il prescrivere una tecnica comportamentale ad un bambino di età inferiore ai quattro anni, e tanto altro ancora.

Oggi sappiamo che, variazioni nel funzionamento di un’area cerebrale, dovute ad anomalie dello sviluppo, oppure a lesione, o ad apprendimenti ed esperienze di vita, possono portare ad importanti cambiamenti nel modo di funzionare di molte altre aree cerebrali alle quali quell’area era collegata, con modifiche sostanziali delle capacità adattive o comportamentali.

Lungi dall’essere fissati, secondo uno schema rigido e geneticamente determinato fin dalla gestazione, i neuroni ed i circuiti da loro formati sono plastici o malleabili.

Per la BIOLOGIA il cervello è un sistema specifico e plastico, che si trova in condizioni di equilibrio dinamico con il mondo esterno attraverso il corpo, al servizio dell’organismo (per i pluricellulari il comportamento diviene una proprietà dell’intero organismo, al quale risultano subordinati i bisogni delle singole cellule).

E’ quest’ultima affermazione la fonte di un’ulteriore profonda riflessione.

Potrebbe sembrare strano che i modi di correggere un comportamento ricorrano al CORPO ed ai SENSI come canali principali per trasmettere informazioni al cervello e non “a tavolino” attraverso il “cognitivo”.

Ma il corpo ed i sensi sono “semplicemente” i canali utilizzati dal cervello, sia per auto-organizzarsi, sia, successivamente, per “connettersi” agli altri.

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