Per la neurobiologia attuale noi siamo la nostra storia; la nostra storia evolutiva (in milioni di anni di evoluzione il cervello umano ha sviluppato la capacità di trasformare energia e materia, le sole cose esistenti al di fuori di esso, in una ricca esperienza sensoriale del mondo) e la storia della nostra vita.
Questo significa che, tutto quanto abbiamo vissuto e sperimentato ha alterato la struttura fisica del nostro cervello, dall’espressione genica (epigenetica) alla posizione delle molecole, all’architettura dei neuroni.
La nostra famiglia d’origine, l’educazione ricevuta, gli amici, il lavoro, gli strumenti e la tecnologia utilizzata, i film visti ed i libri letti, tutto lascia la propria impronta nel sistema nervoso umano. Queste microscopiche quanto indelebili impronte (sinapsi) si accumulano per renderci ciò che siamo e condizionare ciò che saremo.
In altri termini possiamo dire che, il nostro modo di fare, ovvero la nostra identità, si trova all’interno degli impulsi elettrochimici che viaggiano negli infiniti circuiti cerebrali (attività neuronale), plasmati dalle esperienze della nostra vita. Se quest’attività, per una noxa patogena o per l’uso di droghe, dovesse cambiare noi modificheremo il nostro comportamento simultaneamente.
E’ questo il motivo per il quale, la nostra identità, biologicamente, viene definita un bersaglio in movimento, che non raggiungerà mai un punto di arrivo, poichè le nostre esperienze continueranno sempre a modificare i nostri circuiti neuronali.
Queste considerazioni biologiche rendono onore all’importanza della nostra vita relazionale, che contribuisce a fare di noi ciò che siamo, allo stesso tempo ci fanno comprendere il fascino e l’interesse che, alcune discipline, quali la psicologia, hanno e continueranno ad avere per gli esseri umani, pur avendo nel corso degli anni dimenticato un aspetto molto importante, ovvero che: SIAMO NATI INCOMPIUTI.
All’interno del regno animale siamo gli ultimi a raggiungere l’indipendenza (all’interno della specie umana i napoletani, come me, sono gli ultimi a staccarsi dai genitori).
Noi esseri umani alla nascita siamo impotenti. Infatti, la nostra sopravvivenza dipende esclusivamente da chi ci circonda, visto il tempo di cui necessitiamo per camminare, per parlare, per difenderci da soli.
A prima vista, questo potrebbe sembrare un limite per l’uomo, in realtà si tratta di un grandissimo vantaggio.
Quanto più velocemente i cuccioli degli animali si svilupperanno, tanto più i loro cervelli si “organizzeranno” secondo una routine preprogrammata dai loro geni.
La loro velocità di sviluppo andrà a discapito della loro adattabilità.
Venire al mondo con un cervello molto poco “organizzato”, invece di nascere con tutte le aree nervose già connesse tra di loro, comporta lunghi periodi di impotenza indifesa ma la capacità di crescere in ambienti molto diversi (climaticamente e culturalmente), a differenza degli animali che, messi fuori da una particolare nicchia dell’ecosistema, vedono ridursi le possibilità di crescere bene.
Il cervello umano viene lentamente cablato (organizzazione neurologica) dal proprio ambiente, ovvero “dal vivo”.
E’ questa quella proprietà biologica definita NEUROSVILUPPO.
Alla nascita i neuroni di un cucciolo d’uomo sono disconnessi e poco funzionali, successivamente, sotto la spinta delle informazioni sensoriali ricevute (selezione esperienziale) cominceranno a connettersi in modo estremamente veloce.
Grazie alle moderne tecnologie abbiamo conosciuto che, nel cervello di un infante si formano due milioni di sinapsi ogni secondo. Entro due anni di età, un bimbo ha il doppio delle sinapsi di un adulto. Ora che ha raggiunto il massimo (ventiquattro mesi), il fiorire di nuove connessioni (nuove esperienze associate al consolidamento di quelle pregresse) è soppiantato da una strategia di potatura neuronale.
Infatti, a mamo a mano che il cucciolo d’uomo diventerà adolescente, il 50% delle sue sinapsi verranno eliminate.
Occuparsi di neurosviluppo significa, non solo conoscere questi concetti biologici moderni, ma, soprattutto, sapere quali sinapsi restano e quali se ne vanno.
Quando i bambini, attraverso l’attivazione di circuiti neuronali non ancora ben organizzati, allungano la manina per toccare qualcosa che hanno di fronte, non cercano solamente informazioni sulla forma e sulla consistenza, ma stanno compiendo azioni per imparare a vedere.
Quando una sinapsi parteciperà con successo ad un circuito si rafforzerà, se non dovessero risultare utili si indeboliranno e verranno eliminate.
Occuparsi di neurosviluppo significa, non solo conoscere come è fatta e come funziona una cellula nervosa, ma, soprattutto, sapere che il fattore chiave è l’interazione tra le cellule nervose.
Un neurone è solamente una cellula specializzata, come tutte le altre cellule specializzate del nostro corpo, con la caratteristica di accumulare e diffondere segnali elettrici.
Per tutta la vita dell’uomo, la singola cellula nervosa non fa altro che eseguire il suo programma (trasportare i segnali elettrici lungo la sua membrana e riversare, al momento, il neurotramettitore nello spazio sinaptico).
Il neurone trascorre la sua vita inserito in una rete di altre cellule nervose, rispondendo semplicemente ai segnali, senza alcuna consapevolezza di cosa noi facciamo in ogni istante.
Occuparsi di neurosviluppo significa che i pezzi e le parti di un sistema possono essere, a livello individuale, molto semplici.
Pertanto, tutto deve stare nell’ORGANIZZAZIONE o INTERAZIONE.
D’altronde, nessun singolo pezzo di metallo di un aereo ha la capacità di volare, ma quando si assemblano tutti i pezzi nel modo giusto emerge la possibilità del volo.
Senza minimamente voler disconoscere l’importanza dell’interazione umana nel far di noi ciò che siamo, è necessario, per chi si occupa dei disturbi dello spettro autistico, conoscere innanzitutto l’interazione tra neuroni (neurosviluppo).
Sarà proprio questa proprietà biologica (neurosviluppo) a determinare le anomali interazioni sociali, con tutte le conseguenti anomalie dell’architettura cerebrale, nei soggetti autistici.