Martedì 13 presso il Grand Hotel Vanvitelli Caserta si terrà un convegno scientifico dal titolo: Disturbi dello spettro autistico. sotto il comportamento c’è un corpo. Prospettive sistemica per un efficace intervento multidisciplinare.
Voglio omaggiare le lettrici ed i lettori del blog “Autismo fuori dagli schemi” di una parte saliente del mio intervento.
Per le neuroscienze del terzo millennio ogni uomo è la sua storia.
Essere la propria storia significa, in primo luogo, essere quanto si è verificato nel corso dell’EVOLUZIONE.
L’evoluzione ha determinato che veniamo al mondo estremamente immaturi, possiamo dire, senza ombra di dubbio, che siamo nati incompiuti, pertanto, la nostra sopravvivenza dipende in tutto e per tutto da chi ci circonda (David Eagleman).
All’esterno del nostro cervello esistono solo l’energia e la materia. In milioni di anni di evoluzione, il cervello umano ha sviluppato la capacità di trasformare energia e materia in una ricca esperienza sensoriale del mondo. L’essere venuti al mondo incompiuti richiede, non solo la dipendenza da parte di chi si prende cura di noi, ma anche un lungo periodo per lo SVILUPPO.
Cosa significa, per le moderne neuroscienze, sviluppo?
Se dovessimo osservare l’interno del cervello vedremo: cellule nervose, glia, sinapsi,neurotrasmettitori, modulatori chimici, onde elettriche, nonchè miliardi di cellule nervose attive che comunicano tra loro. I nostri pensieri, le nostre emozioni, i nostri sentimenti, le nostre conoscenze del mondo esterno ed interno a noi dipendono unicamente da quali cellule nervose comunicano e con chi comunicano in quel preciso istante. Il termine sviluppo indica esattamente come viene “selezionata”, dalla nascita in poi, questa rete di comunicazione neuronale. Infatti, tutte le nostre abilità e, dunque, i nostri comportamenti, non dipenderanno mai da speciali proprietà di alcuni componenti della rete (cellule nervose o neurotrasmettitori), bensì dall’interazione tra queste cellule. E’ dalla loro “organizzazione” nel formare la rete che “emergeranno” le abilità specifiche. Il termine sviluppo è da preferirsi a quello di neurosviluppo in quanto (conquista di conoscenza recente) la relazione corpo/cervello condizionerà la selezione esperienziale. Questo perchè, la funzione primaria dei sistemi nervosi, compreso il cervello umano, resta quella di garantire l’omeostasi dell’organismo.
Allo stesso tempo, non dobbiamo sottovalutare che, essendo venuti al mondo incompiuti, l’EDUCAZIONE svolge un ruolo importantissimo in questo processo di “organizzazione neurologica”.
Inoltre, siamo creature profondamente sociali, pertanto, le nostre RELAZIONI SOCIALI sono intrinsecamente radicate nei nostri circuiti cerebrali, che condizionano la nostra “socialità” e da essa vengono rimodellati.
Infine, possiamo ancora dire che, siamo la nostra storia TECNOLOGICA.
Ricapitolando, per le neuroscienze attuali, i nostri comportamenti dipendono dal nostro passato evolutivo, dal nostro sviluppo, dalla nostra educazione, dalle nostre relazioni sociali e dalla tecnologia che abbiamo utilizzato. Il tutto profondamente interconnesso ed interdipendente.
Per questo motivo, quando ci troviamo di fronte ad un soggetto con disturbo dello spettro autistico, e siamo invitati a prendercene “cura”, diventa fondamentale stabilire a quale di questi livelli si è verificata l’atipicità.
L’autismo è secondario ad una anomalia dello sviluppo.
Le atipicità che incontreremo nell’ “educazione”, nella “socialità”, nell’ ”uso della tecnologia”, sono tutte consequenziali all’anomalia di sviluppo.
Non possiamo assolutamente prestare “cura” ad un soggetto con disturbo dello spettro autistico qualora non ci fosse chiara questa importante conquista di conoscenza.
Per questo motivo, necessariamente, dobbiamo studiare la NEUROBIOLOGIA DEL COMPORTAMENTO.
Con il termine comportamento intendiamo il modo di condursi dell’individuo rispetto all’ambiente in cui si trova ed alle persone con cui è a contatto.
Per lunga parte dello scorso secolo il comportamento umano è stato studiato e definito dai comportamentisti, i quali proposero vari modelli anche per “curarlo” o terapie comportamentali (CBT o TCC: insieme di tecniche per trattare disturbi mentali basate sulla diretta modificazione di un comportamento anomalo piuttosto che sul tentativo di analizzare le cause). Queste terapie, come già accennato, partivano dall’assunto che il modo in cui le persone interpretano le loro esperienze aveva un impatto significativo sul loro modo di “SENTIRE” l’esperienza e, dunque, il comportamento. Ad esempio, se giudico pericolosa la situazione di parlare a microfono di fronte ad una platea numerosa e qualificata proverò ansia e cercherò di fuggire o declinare l’invito.
Queste tecniche, specie negli U.S.A., ottennero un grosso successo fino agli anni 70 del secolo scorso, per poi conoscere un progressivo declino.
Infatti, in quegli anni, grazie all’impegno di una moltitudine di scienziati, tra cui voglio ricordare Kandel, si iniziò a demolire il dualismo MENTE/CERVELLO ed a fissare l’obiettivo di poter spiegare ogni comportamento umano in termini BIOLOGICI.
Spiegare un comportamento in termini biologici significa che l’osservatore deve perdere il ruolo centrale che si era attribbuito (questo spiega il perchè nel nostro paese la nuova scienza incontra forti resistenze).
Infatti, una volta osservato il comportamento anomalo, l’osservatore deve interpretarlo in termini strettamente biologici e non soggettivi (non può ridursi ad appiccicare etichette).
L’interpretazione biologica del comportamento atipico deve essere fatta esclusivamente in termini di anatomia e fisiologia del sistema nervoso (NEUROBIOLOGIA).
Dagli anni 80 (anni in cui tutti abbiamo iniziato a leggere gli studi di Kandel, Rita Levi Montalcini, Edelman, Eccles, Crick, Changeux) ad oggi le conoscenze scientifiche, grazie ad un impegno globale, ci hanno invaso.
I vecchi dualismi (mente/cervello; psicologico/biologico; mentale/organico; psichiatrico/neurologico; genetico/ambientale) sono stati demoliti e spazzati definitivamente (si spera) via.
Abbiamo potuto apprendere, grazie all’impegno di una nuova generazione di scienziati (Boncinelli, Calissano, Damasio, Dehaene, Gazzaniga, Le Doux, Koch, Ramachandran, Tononi, Zeki e tantissimi altri), che:
1)…alla constatazione che quella che stiamo assaggiando è marmellata d’arance, contribuirà il gusto, l’olfatto, il tatto e, talvolta, la vista, grazie ad una pre-convergenza di sensazioni elementari che precede il verdetto finale: marmellata d’arance. Tale “verdetto” può essere definito PSICOSTATO, che rappresenta fedelmente quanto di implicito, ovvero in termini di circuiteria neuronale, si era attivato nel cervello in seguito alla trasduzione dei segnali ambientali in attività nervosa (NEUROSTATO).
2)….Il corpo svolge un ruolo primario nella genesi dei neurostati e, dunque, dei psicostati o atti mentali. Il corpo è un fondamento della mente dotata di coscienza. Corpo e cervello sono intimamente ed ininterrottamente legati. I neuroni restano connessi per tutta la vita al corpo che mimano. Negli organismi pluricellulari le cellule nervose assistono il corpo nella gestione dei processi vitali. Allo stesso tempo, quando un cervello complesso genera una mappa del mondo esterno al corpo (marmellata d’arance), lo fa grazie alla mediazione di quello stesso corpo. Quando quest’ultimo interagisce con il proprio ambiente, gli organi di senso subiscono modificazioni; il cervello genera allora una mappa di queste modificazioni (neurostato) e così il mondo esterno al corpo acquista indirettamente una qualche rappresentazione a livello cerebrale (psicostato). Pertanto, per poterci rappresentare il mondo intorno a noi, il nostro cervello deve innanzitutto avere una comunicazione intima, ininterrotta e bidirezionale con il corpo che lo contiene.
3)….Quando ci riferiamo alla rappresentazione del corpo nel cervello dobbiamo considerare un mondo interno antico (omeostasi, pertanto, muscolatura liscia e visceri) ed un mondo interno nuovo (ossa, muscolatura scheletrica).
Nuclei profondi (tronco cerebrale), nuclei talamici, nuclei dell’amigdala, insula, cortecce somato sensoriali, rappresentano i correlati anatomici di quel processo, definito da Damasio proto-sè, fondamentale per un neurosviluppo tipico.
Chiunque abbia osservato un bambino con disturbo dello spettro autistico conosce che questi manifesta una elevata soglia del dolore, una difficoltà nel riferire la sede anatomica di un suo malessere, episodi di riso/pianto immotivati, instabilità emotiva, posture anomali, disprassie in vari distretti del corpo, difficoltà nelle autonomie personali, difficoltà nel vestirsi da solo.
Tale osservazione non deve essere fatta per appiccicare un’etichetta a quel bambino.
Tale osservazione deve guidarci nel comprendere il livello di disorganizzazione neurologica nei circuiti anatomici del proto-sè e nella susseguente disorganizzazione neurologica nelle aree ove il cervello mapperà il mondo esterno al corpo.
La mente, per l’appunto, emerge dall’integrazione cerebrale di questi due mondi.
Solo attraverso queste informazioni scientifiche possiamo far comprendere all’utenza cosa significa “malattia mentale” nel 2018.