Per alcuni storici, la psichiatria fu fondata nel 1790 da Philippe Pinel che lavorava presso l’ospedale Salpetriere di Parigi.
Infatti, il medico francese fu il primo a sostenere che i disturbi del comportamento non erano riconducibili a disturbi della morale e, pertanto, la psichiatria doveva essere considerata una disciplina medica.
Fino ad allora, solo i disturbi dovuti a danni visibili al cervello, quelli rilevabili all’autopsia, avevano un interesse medico e venivano etichettati come disturbi neurologici.
I disturbi del pensiero, come quelli dell’affettività e dell’umore, non sembravano essere associati a danni cerebrali rilevabili e, dunque, venivano considerati “difetti nel carattere morale” di una persona.
Pinel criticò aspramente queste concezioni, sostenendo che i disturbi psichiatrici colpivano le persone che avevano una predisposizione EREDITARIA e che venivano esposti ad uno stress sociale o psicologico eccessivo.
Per un numero maggiore di storici la psichiatria nasce cent’anni dopo (inizio xx secolo) grazie al medico tedesco Emil Kraepelin.
A differenza del suo contemporaneo Sigmund Freud che pensava che le malattie mentali, pur essendo di origine cerebrale, fossero acquisite per mezzo di esperienze traumatiche nel corso della prima infanzia, Kraepelin sosteneva che tutte le malattie mentali avessero un’origine biologica, da ricercare nella GENETICA. Per questo motivo, osservando i sintomi di esordio, il decorso clinico nel tempo, oltre che l’evoluzione, sosteneva che le malattie psichiatriche dovevano essere distinte le une dalle altre, cioè andavano classificate.
Contemporaneamente (fine 1800), il lavoro di molti studiosi del cervello (Wernicke), aveva permesso di conoscere che le funzioni mentali complesse, come ad esempio il linguaggio, non risiedono in una singola area cerebrale, ma coinvolgono più aree del cervello interconnesse (cablaggio neuronale del cervello umano).
Il problema fu che gli psichiatri non si concentrarono ( forse non lo fanno tuttora) sull’anatomia del cervello.
Molti psichiatri, considerando il cervello e la mente entità distinte, non cercavano una connessione tra le difficoltà affettive o comportamentali dei loro pazienti ed una disfunzione o una disorganizzazione nei circuiti cerebrali.
Per gli psichiatri, i sintomi dei loro pazienti erano di natura “comportamentale” e, pertanto, sotto il controllo del paziente.
Inoltre, gli stessi patologi (autopsie), colpiti dal fatto che nella maggioranza dei casi di disturbi psichiatrici non si trovavano aree di grosse lesioni nel cervello, rafforzavano il convincimento che quei disturbi erano della mente e non del corpo.
Per questi motivi, fino ad un ventennio fa, le malattie psichiatriche venivano distinte in organiche (demenze) o funzionali.
Alla fine del secolo scorso le scienze si concentrano sulla comprensione di come scaturisce la nostra natura (mente) dalla materia fisica del cervello, facendo emergere la biologia della mente.
Questa nuova scienza si basa sul presupposto che tutti i nostri “processi”mentali sono mediati da “proprietà” neuronali. Di conseguenza, gli psichiatri ora vedono la mente come una funzione cerebrale ed i disturbi psichiatrici come disturbi cerebrali.
Pertanto, i disturbi psichiatrici non possono presentarsi senza che alcuni circuiti neuronali non si presentino iperattivi o ipoattivi, oppure non in grado di comunicare tra di loro in modo efficace.
Sappiamo che queste disfunzioni spesso dipendono da microlesioni cerebrali, o da cambiamenti critici nelle connessioni sinaptiche, oppure da un difettoso cablaggio del cervello nel corso dello sviluppo (neurosviluppo).
Con il progredire delle ricerche sul cervello e sulla mente si sono annullate le differenze tra malattie neurologiche e malattie psichiatriche e si è arrivato a comprendere che tutti i disturbi psichiatrici dipendono da disfunzioni dei neuroni e delle sinapsi, pertanto, le malattie psichiatriche, come quelle neurologiche, derivano da anomalie cerebrali.
La neurobiologia e le moderne neuroscienze hanno messo al servizio della neurologia e della psichiatria la conoscenza che le sinapsi possono essere alterate dall’esperienza.
Ora non resta che abbattere quell’ultimo baluardo, quello che ha accompagnato la psichiatria fin dalle sue origini: EREDITARIETA’/GENETICA.
La moderna biologia ci indica che, i nostri comportamenti individuali sono radicati in quell’interazione tra geni ed ambiente. E’ quest’ultimo che plasma il nostro cervello.
La ricerca epigenetica sull’autismo potrebbe dare un grosso contributo nel farci conoscere meglio la nostra mente, senza minimamente offendere i padri della psichiatria.