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Le terapie cognitivo-comportamentali non rappresentano la prima scelta nell’autismo (parte seconda)

Nella prima parte di questo articolo abbiamo letto che Delacato ha descritto il bambino autistico come un bambino con bizzarre anomalie SENSORIALI, oltre che, con l’evidenza che il solo PIACERE sembra venirgli esclusivamente dalla sua attività grottesca, ricorrente, spesso auto-mutilatrice.

Le neuroscienze moderne hanno definito le basi biologiche del piacere.

Tale argomento, come anche le basi biologiche della percezione, dovrebbe essere ben noto a tutti quei tecnici che hanno deciso di occuparsi dei disturbi dello spettro autistico, prima che questi stabiliscono quale terapia deve essere prescritta  ai loro piccoli pazienti.

Negli ultimi decenni abbiamo scoperto che, anche se il nostro cervello contiene relativamente pochi neuroni che producono dopamina, questi hanno un ruolo importante nella regolazione del comportamento, in gran parte a causa del loro forte coinvolgimento con la genesi del piacere.

Infatti, il sentire piacere, le nostre emozioni positive, possono essere ricondotte al neurotrasmettitore dopamina.

Scoperta negli anni cinquanta del secolo scorso da un farmacologo svedese, la dopamina viene principalmente rilasciata dai neuroni di due aree cerebrali: la sostanza nera e l’area tegmentale ventrale.

La sostanza nera (substanzia nigra) è detta così per la presenza nei neuroni che compongono questa struttura di un’elevata quantità di pigmento melanico che conferisce ad essi un colore scuro. Anatomicamente è un’area mesencefalica, mentre fisiologicamente è considerata una parte dei nuclei della base (formazioni telencefaliche). La sostanza nera è costituita da due parti, una spiccatamente dopaminergica, l’altra gabaergica. E’ connessa, direttamente o indirettamente, agli altri nuclei della base, contribuendo al controllo del movimento.

L’area tegmentale ventrale è costituita da neuroni (dopaminergici) che estendono i loro assoni fino all’ippocampo, oltre che a strutture importanti nella regolazione del piacere, quali: amigdala, nucleo accumbens e corteccia prefrontale. Questa rete di comunicazione è la principale via del sistema cerebrale della ricompensa ed è conosciuta come via mesolimbica.

Negli ultimi anni la neurobiologia ha chiarito che, la patogenesi della schizofrenia, oltre che delle dipendenze (abitudini) è connessa ad una disfunzione delle vie neuronali che proiettano dalla sostanza nera ai nuclei della base (striato) e delle vie mesolimbiche.

E’ questo il punto saliente del mio ragionamento: quando ad un bambino autistico vengono prescritti neurolettici (risperidone, olanzapina, quietapina, ecc.) oppure terapie cognitive/comportamentali (al fine di migliorare il funzionamento della corteccia prefrontale ed indebolire il condizionamento che ha stabilito l’abitudine) è perchè inconsapevolmente consideriamo quel bambino ancora affetto da una forma psicotica, ovvero da schizofrenia precoce.

Grazie a studi di brain imaging, oltre che a studi su modelli animali, abbiamo conosciuto che queste terapie (neurolettici, terapie cognitive/comportamentali) modificano la struttura morfologica oltre che la funzione delle vie dopaminergiche mesolimbiche e nigrostriatale.

Il problema è che nel bambino con disturbo dello spettro autistico la clinica non dipende da una disordine primario di queste vie neuronali!!!!

L’età di esordio precoce (tra il dodicesimo ed il ventiquattresimo mese di vita), il grave ritardo nell’acquisizione del linguaggio, la stereotipia e non l’abitudine, assolvono i circuiti del piacere  ed un loro coinvolgimento primario nella patogenesi dell’autismo, invitandoci a spostare l’attenzione su altre vie neuronali e, dunque, su altre proposte terapeutiche (la qual cosa fu molto chiara a Carl Delacato).

 

Che piaccia o no (a chi non piace deve farsene una ragione, oppure deve mettersi a studiare) l’autismo è secondario ad una encefalo che mostra segni di disordine delle connessioni neuronali già nelle corteccie sensoriali e nelle aree associative posteriori.

Se non vi fosse una disorganizzazione in queste aree non avremmo un esordio così precoce, un coinvolgimento del linguaggio, le stereotipie, oltre che un rallentamento del ritmo cerebrale allo studio elettroencefalografico.

Gli studi di Edelman e Zekj hanno gettato luce da decenni su questi concetti, indicandoci le vie neuronali che sono coinvolte nella patogenesi dell’autismo.

E’ questo il motivo per cui il comportamento anomalo dei bambini autistici richiede, quale prima scelta terapeutica, un trattamento abilitativo sensori-motorio.

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