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BUON NATALE a tutti quelli che stanno al buio ma sperano di trovare la luce.

Le donne del nostro popolo si coprono per non esporsi e perdere il bianco segreto della pelle. A me piace invece il segno del sole sul collo dei braccianti, sul dorso delle mani. In queste albe salgo a riceverlo, così il bambino impara la luce, non si spaventerà quando uscirà all’aperto. Gli piace già, sta a pancia in su come i cuccioli. Gli racconto: “Più del giorno ti stupirà la notte. E’ un grande grembo stracarico di luci. Nelle sere d’estate qualcuna si stacca e viene vicino, fischiando. In mezzo a loro passa una via bianca, un siero di latte, quando lo vedrai vorrai succhiarlo. Pensa che io sono una di quelle luci e intorno a me c’è un ammasso di altre. Così è la notte, una folla di madri illuminate, che si chiamano stelle: di tutte loro, solo io la tua. A guardarle fanno spalancare gli occhi ed allargare il respiro. Ma tu non sai ancora cosa è, il respiro. E’ questo su e giù del petto che ti dondola”.

 

Sudavo. Appoggiata di schiena mi tenevo il pancione con due mani per aiutare le mosse del bambino. L’incoraggiavo a bassa voce, col respiro corto. lo chiamavo. Le bestie alle spalle mi davano forza. Le gambe mi facevano male per la posizione. Mi inginocchiai per farle riposare. “Affacciati bimbo mio, vienimi incontro, mamma tua è pronta a prenderti al volo appena spunta la tua testolina”. I muscoli del ventre andavano dietro al respiro, una contrazione e un rilassamento, spinta, rincorsa, spinta. Quando lo strappo era più forte mi mordevo il labbro per non far scappare il grido. Iosef era di sicuro davanti alla porta, di guardia.

IN NOME DELLA MADRE

ERRI  DE LUCA

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