Cosa possono fare uno sguardo ed un sorriso?
Le grandi scimmie volgono lo sguardo al soffitto quando l’adulto, anche tenendo gli occhi chiusi, volge lo sguardo all’insù.
I nostri bambini volgono lo sguardo al soffitto quando l’adulto, avendo la testa orientata perfettamente in avanti, guarda all’insù solo con gli occhi.
Pur considerando che tra tutte le specie di primati (circa duecento) solo noi umani abbiamo una sclera bianca evidente, che segnala la direzione del nostro sguardo agli altri, ritengo interessante approfondire le altre condizioni che favoriscono lo sviluppo di questa nostra abilità.
Fino ai nove mesi di vita i cuccioli d’uomo seguono esclusivamente la direzione della testa, successivamente cominciano ad essere più interessati alla direzione dello sguardo. Quest’abilità (psicostato) comincia a comparire intorno ai 10, 11 mesi e si sviluppa naturalmente, sempre che il neurosviluppo proceda in modo normale sia per quanto riguarda il S.N.C. che per una eventuale deprivazione sensori-motoria.
Senza tirare conclusioni affrettate e prive di significato scientifico voglio solamente ricordare che, un primo campanello d’allarme nei disturbi dello spettro autistico è rappresentato dallo “sguardo sfuggente” che successivamente diventa “sguardo desincronizzato” (guardo l’oggetto poi tolgo lo sguardo e l’afferro, guardo la scala poi tolgo lo sguardo e scendo). In termini di neurostati possiamo definirli asincronizzazioni tra circuiti propriocettivi, la cui informazione si genera dai recettori dei nervi cranici, nello specifico il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto (soggettivo), e circuiti esterocettivi provenienti, nel nostro esempio, dalla retina (oggettivo).
Lo sguardo non è l’unica abilità che impariamo precocemente a condividere con l’altro (sincronizzazione del III, IV, V, VI nervo cranico).
Nella parte centrale del nostro tronco cerebrale c’è un altro importantissimo nervo cranico: il facciale (VII).
Una buona organizzazione neurologica a questo livello consente al cucciolo d’uomo non solo di cominciare a masticare il cibo (verso i 9 mesi ci divertiamo a mettere un biscotto o la buccia del pane nelle sue mani), ma anche di sorridere.
Negli anni ottanta del secolo scorso Giacomo Rizzolatti ed i suoi colleghi hanno condotto alcune osservazioni a ben dire rivoluzionarie: nella aree motorie del cervello esistono neuroni (specchio) che si attivano sia quando compiamo una certa azione sia quando la osserviamo eseguita da un altro, e sono quindi considerati alla base della nostra capacità di apprendere osservando. In seguito, meccanismi specchio sono stati individuati in molte aree cerebrali. Molti neuroscienziati, per primo Fausto Caruana, hanno studiato i meccanismi specchio specificamente legati al sorriso, identificando così i circuiti specchio per la risata (mentre i volontari osservavano attori che ridevano si attivavano aree precise, situate nella corteccia cingolata anteriore, che erano le stesse aree associate alla produzione della risata). Quello che a noi, per il nostro scopo (COMPRENDERE L’ONTOGENESI DELLA RELAZIONE UMANA), interssa di più è un’altra osservazione scientifica: quella stessa area è collegata sia alla produzione del sorriso che all’emozione di allegria che proviamo con il sorridere.
Le neuroscienze non hanno dubbi: azione ed emozione sono collegate e prodotte dallo stesso neurostato.
Le grandi scimmie non sorridono nè ridono come i cuccioli d’uomo.
Il primo indizio di un’ intenzionalità condivisa unicamente umana si osserva nei modi unici in cui i cuccioli d’uomo condividono e sintonizzano le emozioni con i propri tutori, generando una forma unica di coinvolgimento sociale.
L’attenzione congiunta (abilità necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo della relazione tipica umana) è comparsa nel corso dell’evoluzione (filogenesi) e si è mostrata estremamente adattiva.
Questa abilità (psicostato) non è presente alla nascita, come quasi tutte le abilità umane richiede uno sviluppo ontogenetico (neurosviluppo).
Se l’approccio ai problemi relazionali in età evolutiva fosse stato in chiave neurologica (non comprendo perchè non lo sia ancora visto che senza un’encefalopatia non può esserci autismo) ogni medico avrebbe innanzitutto prestato attenzione, in termini anamnestici e semeiologici, ad un accurato esame del III, IV, V, VI, e VII nervo cranico.
Chi sta leggendo questi articoli può comprendere il perchè.
Ovviamente, la relazione tipicamente umana richiede ben altro.
Domani è un altro giorno.