Ad ogni età il proprio apprendimento.
Quello che sto sostenendo in questi giorni è che la relazione umana, così come la cognizione, è unica sotto vari aspetti.
Infatti, molti comportamenti quotidiani degli esseri umani sono concepiti per aiutare gli altri a leggere le proprie intenzioni: IO intendo che TU sai che cosa IO penso.
Le neuroscienze attuali, fondate sulla biologia evolutiva, così come la psicologia dello sviluppo, sostengono che alla radice di questa ricorsività ci sia il neurosviluppo o l’organizzazione neurologica o l’ontogenesi, che “ricapitalano la filogenesi”.
Per questo motivo negli articoli dei giorni precedenti ho ricordato che due milioni di anni fa sul pianeta terra fece la sua comparsa un nuovo primate: il genere Homo.
Homo era dotato di substrati biologici (circuiti neuronali) che gli consentirono di restare individuo ed allo stesso tempo di condividere (attenzione congiunta).
Questo nuovo psicostato, insieme a tante altre nuove abilità (utilizzo delle mani sempre più sofisticato, specie per costruire utensili da combattimento), gli garantì un importante successo riproduttivo e, allo stesso tempo, ne alimentò la competizione, che divenne fondamentalmente una competizione tra gruppi (cooperazione per alimentare la competizione).
Inoltre, abbiamo visto che, nel corso della storia delle specie viventi sulla terra (filogenesi), per mezzo di casuali mutazioni genetiche, possono verificarsi significativi cambiamenti tra le specie. Altre volte, invece, può accadere che il cambiamento (sempre casuale, questo significa che ci sono cause ma non sappiamo definirle) interessi la parte dei geni che non hanno una funzione specifica ma regolano l’espressività dei geni con funzione specifica. Proprio per una differente regolazione dello sviluppo del Sistema Nervoso, circa 150.000 anni fa, comparve sul pianeta Homo sapiens-sapiens che, non solo continuò a vivere in gruppo (essendo già dotato dei substrati neuronali per attenzione congiunta) ma, iniziò ad insegnare ai propri figli (nel lungo periodo dell’accudimento) a fare le cose nel modo stabilito dal gruppo (convenzioni).
Questo è un punto estremamente importante qualora si cerca di comprendere la patogenesi dei disturbi del neurosviluppo e, nello stesso tempo, si vuole provare a prendere in cura bambini con disturbo dello spettro autistico.
Homo sapiens-sapiens spinse l’acceleratore al massimo su un tipo differente di apprendimento.
All’apprendimento individuale affiancò l’apprendimento per osservazione (imitazione).
E’ vero che, nei 150.000 anni trascorsi sulla terra, Homo sapiens-sapiens ha beneficiato di tipi differenti di apprendimento : 1) apprendimento sensori-motorio o individuale (aree sottocorticali, aree corticali sensoriali e motorie, aree associative primarie 2) apprendimento per osservazione (aree associative secondarie, sincronizzazione dei lobi occipito-parieto-temporale 3) apprendimento pedagogico o per istruzione ( consentito dai collegamenti, sempre più efficienti, tra le strutture ippocampali e le cortecce dei lobi frontali e, successivamente, dalla lateralizzazione) 4) co-costruzione sociale o collaborazione tra pari ( sincronizzazione tra le aree corticali con ottime capacità attentive anche sul modello top-down).
Ma, è altrettanto vero che, questi quattro tipi di apprendimento svolgono ruoli fondamentali nello sviluppo della nostra cognizione e della nostra relazione in ETA’ DIFFERENTI.
Per chiarire meglio quest’importantissimo concetto voglio fare un esempio.
Di prassi, quando una famiglia entra nel mio ambulatorio clinico mi alzo per salutare tendendo la mano. Da sempre questo gesto, non solo è apprezzato, ma viene immediatamente ricambiato dalla famiglia. Eccezionalmente, in maniera spontanea, il loro bambino/bambina con autismo esegue la stessa azione. Rare volte viene fatto dopo richiesta, spesso non eseguito nemmeno su proposta. Quasi sempre lo stesso bambino/bambina, su richiesta, “batte cinque”. Ovviamante (Covid-19), da qualche settimana abbiamo modificato totalmente questo nostro comportamento/apprendimento, “comportandoci come i nostri bambini con autismo”.
In quale dei quattro tipi di apprendimento sopra elencati trova risposta il fatto che il bambino/bambina con autismo, a prescindere dal momento, non saluta porgendo la mano ?
Il compito del clinico è esattamente quello di trovare la risposta scientifica (oggettiva) a questi interrogativi.
Le proposte terapeutiche dipenderanno dall’interpretazione dell’osservazione che, pertanto, deve necessariamente (2020) essere scientifica e non basata su ciò che l’osservatore “pensa”di essere vero (introspezione).
Dunque, il compito del clinico non può essere quello di osservare il comportamento di un bambino con autismo e dare un punteggio alle sue abilità atipiche (sovente adattive), le quali risulteranno sempre essere secondarie ad un’alterazione di questi tipi di apprendimento.
Il compito del clinico deve essere quello di comprendere a quale di questi apprendimenti è ascrivibile il quadro clinico che ha di fronte.
Come ho già ampiamente ricordato, il suggerimento terapeutico non può prescindere da questa comprensione.
E’ questo il motivo per cui consiglio di continuare la nostra ricerca finalizzata a comprendere, ad esempio, perchè quel bambino non mi saluta in maniera convenzionale.
Chiunque abbia vissuto l’esperienza di condividere del tempo con cuccioli d’uomo prima dei loro nove mesi di vita ha esperito che questi si relazionano con gli oggetti direttamente, cioè afferrandoli e manipolandoli.
Anche lo scambio emotivo (sorriso) è molto diretto.
Quello che non è ancora presente, e che comparirà tra i 9 ed i 12 mesi, è che la relazione non è ancora basata sulle entità e sulle situazioni circostanti (da diadica diventerà triadica).