Il cucciolo d’uomo deve fingere
Quello che sto cercando di fare in questi scritti non è voler negare che il disordine dello sviluppo del linguaggio nei bambini con autismo non sia importante oppure non condizioni negativamente la prognosi e/o lo sviluppo sociale del piccolo.
Quello che sto tentando di fare è cercare di dimostrare alle lettrici e lettori del blog “autismo fuori dagli schemi” che il disordine dello sviluppo del linguaggio è conseguenza del disordine di altre abilità specifiche dei primati ( almeno scimpanzè e babbuini), anche se molto più sviluppate negli uomini.
Non è una faccenda secondaria, basti pensare che questa ipotesi, se fosse vera (in chiave biologica evolutiva è l’ipotesi più veritiera), da sola giustificherebbe l’insuccesso del trattamento logopedico fonologico o classico nella cura dell’autismo.
Io sostengo che, il disordine dello sviluppo del linguaggio nei bambini autistici prende origine dalle difficoltà nell’acquisire alcune abilità, quali l’ attenzione congiunta (condivisione dello sguardo, mimica facciale, indicazione) e, soprattutto, l’ assunzione di prospettiva (secondaria ad una anomalia in ipo del tatto propriocettivo).
E’ questo il motivo per il quale, prima di concentrarci sui cuccioli d’uomo di età 12-14 mesi epoca in cui i bambini occidentali producono le prime parole, dobbiamo ritornare ai primi mesi di vita.
Intorno ai sette/otto mesi di vita, i cuccioli d’uomo, utilizzano il loro corpo per produrre rituali simili ai gesti di movimento d’intenzione delle grandi scimmie (cioè, con un intento esclusivamente imperativo e con un’interazione diadica tra l’autore del gesto e l’altro e, non a dirigere l’attenzione dell’altro verso una terza realtà o verso una situazione). Infatti, avendo provato, per esempio, ad arrampicarsi su un adulto ed essendo stati presi in braccio, in seguito potrebbero alzare le braccia verso l’adulto, spesso anche sorridendo o piagnucolando, come richiesta per essere presi nuovamente in braccio. Possiamo dire che, a questa età, i cuccioli d’uomo generano movimenti o suoni che servono ad attirare l’attenzione verso di loro (lo stesso fanno le grandi scimmie quando con il lancio, lo sbattere le mani a terra, ecc., esercitano richiami di attenzione). Allo stesso tempo, i cuccioli d’uomo eseguono un tipo di allungamento ritualizzato del braccio, per cui si aspettano che l’altro recuperi un oggetto da terra per loro (questo indicatore con l’intera mano, a differenza dell’indicare con il dito indice, non è ancora indicativo di attenzione congiunta organizzata, infatti, ha ancora valore imperativo e non contestuale; ovviamente, il tutto è sempre coerente con l’età, l’attenzione congiunta farà il suo esordio non prima dei 10 mesi).
Intorno ai 12 mesi di vita, il cucciolo d’uomo, con la mimica (invita un’altra persona ad unirsi a LUI nell’immaginare una situazione rappresentandola nella SUA stessa azione) e con il gesto indicatore (protende il dito verso una direzione per invitare un’altra persona a prestare attenzione con LUI ad una situazione esterna) inizia a condividere l’attenzione su situazioni esterne.
Dalla mia casistica clinica (circa duemila casi), il 95% dei bambini con diagnosi di disturbo dello spettro autistico non aveva sviluppato, intorno al dodicesimo mese di vita, il gesto indicatore con il dito indice (psicostato).
Questo dato significa che il neurosviluppo di quei bambini (neurostato), non aveva ottimizzato il processo di organizzazione neurologica capace di garantire, sia la capacità di chiedere aiuto al destinatario (funzione richiestiva), che di offrire informazioni utili per il destinatario (funzione informativa) nelle modalità più convenzionali. Inoltre, tutto questo determinava anche che, quel bambino doveva, necessariamente, trovare altre strade (anomalia di sviluppo), con altre abilità comunicative, che si allontanavano dalla successiva comunicazione verbale.
Chiunque ha avuto esperienza con cuccioli d’uomo intorno ai 12-18 mesi di vita, conosce benissimo che il gesto indicatore è concepito dal piccolo per condividere emozioni ed atteggiamenti con un adulto su una situazione esterna.
A differenza del gesto indicatore con l’intera mano dei 7-9 mesi di vita (valore imperativo), l’obiettivo del gesto indicatore con il dito indice (12-18 mesi di vita) è richiestivo.
Egli intende, con questo gesto, garantirsi che l’adulto venga a conoscenza della SUA intenzione, a prescindere dall’essere accontentato.
Se una grande scimmia vede qualcuno rompere una nocciolina sa benissimo cosa la persona sta facendo (ricordate gli studi di Giacomo Rizzolatti sui neuroni specchio). Anche se dovesse vedere qualcuno che schiaccia una noce con una pietra, una grande scimmia conosce benissimo cosa quella persona sta facendo.
Allo stesso tempo, se quella scimmia dovesse vedere la stessa persona mimare l’azione (assenza di nocciolina oppure, nel secondo caso, di pietra e di noce) resterebbe enormemente perplessa.
Invece, i cuccioli d’uomo, intorno ai 14-24 mesi di vita, iniziano ad apprendere (quando ricevono l’input sensori-motorio o quando non hanno riportato un disordine dello sviluppo della circuiteria neuronale in alcune aree del loro cervello) che possono indurre il destinatario a condividere verso di esso l’attenzione grazie alla mimica (anticipazione di un’interessantissima impresa artistica che ha, a mio avviso, una importante valenza terapeutica nello specifico: il teatro).
Chi sta leggendo, forse, avrà pensato che scrivere che tra il primo ed il secondo anno di vita un cucciolo d’uomo mima è abbastanza presuntuoso.
Il fatto che, intorno ai due anni di età, i gesti mimici ci appaiono meno frequenti dei gesti indicatori non deve trarci in inganno.
Infatti, appaiono meno frequenti solo perchè in quello stesso periodo il cervello è impegnato nell’apprendimento del linguaggio, ed i gesti mimici (come buona parte dello sviluppo motorio) competono con l’apprendimento delle convenzioni linguistiche molto di più del gesto indicatore (questa cosa non era sfuggita al mio maestro, il dottor Carl H. Delacato che, grazie alla sua immensa esperienza non solo con i bambini con disturbo dello spettro autistico ma, anche, con i bambini con grosse problematiche motorie da sofferenza encefalica perinatale aveva notato e documentato questo aspetto).
E’ per questo aspetto che i gesti mimici, più che per la comunicazione, in quell’epoca verranno utilizzati per dar vita ad un’altra funzione o abilità o psicostato: il gioco di finzione.
La psicologia dello sviluppo ha concluso che la capacità di partecipare alla finzione è presente in tutti i bambini, ma che la frequenza con cui partecipano a tali attività, ed il modo in cui la comprendono, dipendono dalla selezione esperienziale.
Prima che il cucciolo d’uomo parli deve fingere, è quanto emerge dallo studio dell’ontogenesi umana.
Abbiamo visto che nel cervello umano non c’è il modulo del linguaggio, nè quello della finzione.
Queste abilità sono potenzialmente raggiungibili da qualunque cucciolo d’uomo, a patto che la deprivazione sensori-motoria oppure un’anomalia del neurosviluppo non abbia modificato alcuni circuiti neuronali che, in seguito, garantiranno queste funzioni.
Penso, prima di ritornare alla “prospettiva” ed al suo neurostato, che è giunto il momento di capire come acquisiamo le parole.
A domani.