Tutto andrà bene……. se cambiamo prospettiva.
Nessun bambino al mondo può manifestare e ricevere diagnosi di “disturbo dello spettro autistico” senza una disorganizzazione primaria di questo macrocircuito neuronale.
E’ importantissimo, per comprendere, osservare che le frecce sono bidirezionali (circuito).
Chi è interessato a “conoscere” l’autismo deve necessariamente “conoscere” la clinica (psicostato) ed il circuito (neurostato).
Il blog “autismo fuori dagli schemi”vuole sottolineare che soltanto se cambiamo prospettiva…..tutto andrà bene.
Buon approfondimento.
Quando nel lontano 1° maggio 1996 fui invitato a Barcellona per partecipare ai lavori internazionali organizzati da Autismo Europa ricordo che molti ricercatori, con l’entusiasmo di chi veniva fuori dalle macerie (non dobbiamo mai dimenticare che, fino alla fine degli anni 80, i tecnici attribuivano la genesi dell’autismo alle “madri frigorifero”), in quell’occasione cercavano la spiegazione dei segreti del comportamento autistico in specifiche aree cerebrali.
All’epoca tra le più indagate vi era il cervelletto.
L’enorme successo riscosso in quegli anni dalla scuola londinese, grazie alla “Teoria della mente”, oltre a favorire gli approcci cognitivi/comportamentali (prima TEACCH e poi ABA), di sicuro smorzò gli entusiasmi intorno a tutte quelle ricerche che tentavano di delineare le aree anatomiche cerebrali coinvolte nell’autismo (ad onor del vero, non posso non sottolineare che, quegli approcci “neurologici” erano ancora basati sul vecchio concetto frenologico: ogni area del cervello deve avere una funzione; ancora non dominava, nella ricerca, il concetto di organizzazione neurologica).
Di certo, se dovessimo esaminare un soggetto autistico adulto con tante fRMN potremmo riscontrare che molte aree del suo cervello sono compromesse.
Questo non ci consentirebbe di rispondere ad una fondamentale domanda: da dove, in quel cervello, ha avuto inizio la storia?
Quali segni e sintomi neurologici sono la causa e quali sono la conseguenza dei primi in quel bizzarro quadro clinico che abbiamo di fronte.
Una delle prime cose che insegnano in un dipartimento di neurologia è che i casi clinici contengono tutte le informazioni essenziali per formulare ipotesi circa la localizzazione e la natura della patologia del paziente. E’ sull’utilizzo di queste informazioni che si decide quali ulteriori accertamenti diagnostici e/o quali provvedimenti terapeutici intraprendere (a tal proposito voglio ricordare che da una ricerca fatta dal mio gruppo nel 2004, su una casistica di 950 bambini con diagnosi di autismo infantile a più di tre anni dalla diagnosi, l’84% non era ancora stato sottoposto ad alcun esame neuroradiologico, mentre solo il 38% aveva fatto l’ elettroencefalogramma).
E’ questo approccio, più di ogni altra cosa, che mi lascia perplesso: continuiamo a concentrarci sul comportamento e non sull’organo che lo sostiene.
E’ questo il cambio di prospettiva che dobbiamo augurarci.
L’invito che faccio ai tecnici attraverso il blog “autismo fuori dagli schemi” è, pur riconoscendo che è un’impresa difficile (tutte le lesioni interessano anche le regioni circostanti),di non dissuadere facilmente dal tentativo di fare la diagnosi di sede basata sulle informazioni neuroanatomiche derivate dall’anamnesi e dall’esame obiettivo, e dal successivo supporto strumentale
E’ per questo motivo che invito tutti coloro che vogliono prendersi cura di un bambino con autismo a studiare la neuroanatomia e, allo stesso tempo, coerente con questo invito, il blog “autismo fuori dagli schemi” vuole proporre qualche riferimento sulla neuroanatomia dell’ontogenesi della relazione umana.
Chi stà leggendo costantemente questi articoli (chi non l’ha fatto consiglio di farlo prima di leggere quest’ultimo) conosce bene come l’essere umano ha sviluppato tutte quelle abilità che ci hanno consentito di socializzare, “come solo gli uomini sanno fare”.
Ritornando all’autismo, il modello da me proposto è stato: il bambino con autismo fallisce perchè costruisce atipicamente la sua individualità, possiamo anche dire la sua prospettiva.
Chi stà leggendo il blog ha compreso che queste sono abilità (psicostati) e, pertanto, devono necessariamente esserci strutture anatomo-funzionali (neurostati) capaci di garantirle.
E’ di queste strutture anatomiche che intendo occuparmi.
A livello microscopico, abbiamo già visto, il cervello è composto da cellule che comunicano tra di loro, i neuroni, e da cellule che fanno da supporto, le cellule gliali.
I neuroni comunicano attraverso regioni altamente specializzate: le sinapsi. Queste possono essere chimiche (per mezzo del neurotrasmettitore che si lega al recettore, e sono la stragrande maggioranza) oppure elettriche (per mezzo di giunzioni specializzate).
I neuroni, nel loro insieme, formano la sostanza grigia; mentre i loro prolungamenti, rivestiti da cellule gliali, (mielina) formano la sostanza bianca.
Negli emisferi cerebrali la sostanza grigia è all’esterno e la bianca all’interno, mentre, nel midollo spinale è il contrario. Nel tronco encefalico (sta tra gli emisferi cerebrali ed il midollo spinale) le aree di grigio e di bianco si trovano sia all’interno che all’esterno.
Che possa piacerci o meno, il sistema nervoso umano si sviluppa in segmenti simili a quelli degli animali più semplici, quali i vermi segmentati, ove i segmenti cefalici si espandono e si fondono insieme formando gli emisferi cerebrali ed il tronco cerebrale o tronco encefalico. Da quest’ultimo originano i nervi cranici.
Invece, i nervi spinali originano dal midollo spinale che rappresenta il segmento caudale.
In tutto il sistema nervoso, i sistemi motori tendono ad essere più ventrali (anteriori) e i sistemi sensitivi più dorsali (posteriori). Questo vale per il midollo spinale (radici dorsali sensitive e radici ventrali motorie) ed anche per gli emisferi cerebrali (il solco centrale o solco di Rolando delimita il lobo parietale da quello frontale, anteriormente a questo solco troviamo l’area motoria primaria, posteriormente al solco troviamo l’area somatosensoriale).
La corteccia cerebrale non è una superficie liscia ma presenta numerosi ripiegamenti e fenditure chiamate solchi (come un fazzoletto tutto ripiegato su sè stesso, ha il vantaggio di occupare meno spazio).
Abbiamo già conosciuto il solco centrale (solco di Rolando) che separa il lobo frontale da quello parietale, mentre un altro solco molto profondo chiamato scissura Silviana separa il lobo frontale da quello temporale. Il solco parieto-occipitale, più evidente sulla faccia interna (mediale) degli emisferi, separa il lobo occipitale (visivo) da quello parietale.
L’insieme di fibre nervose che connettono i nostri due emisferi cerebrali costituiscono il corpo calloso.
Due aspetti organizzativi non possiamo assolutamente non conoscere se dovessimo scegliere di “occuparci di autismo”.
1) le vie motorie e sensitive sono organizzate in modo topografico.
2) tutte le funzioni svolte dalla nostra corteccia non dipendono da neuroni particolari, nè da differenze organizzative, poichè la maggior parte della nostra corteccia è organizzata in sei strati (neocortex).