Alcuni personaggi importanti ci avevano lasciati nell’attesa.
Ieri abbiamo visto che il talamo rappresenta la principale stazione sinaptica sottocorticale per i segnali diretti a tutte le regioni della corteccia (sensoriali e motorie). Infatti, abbiamo visto che oltre al VPL ed al VPM, dove fanno sinapsi le informazioni somato-sensitive, il talamo contiene molti altri nuclei che convogliano gli altri segnali sensoriali, oltre ai segnali motori, limbici, associativi o modulatori per le differenti aree corticali.
Di particolare interesse per comprendere la patogenesi dei disordini del neurosviluppo è il nucleo reticolare del talamo (da non confondere con la formazione reticolare, anch’essa imortantissima, che la conosceremo bene tra poco). Il nucleo reticolare del talamo è formato da un’esile strato di neuroni posizionati lateralmente a tutti gli altri neuroni dei vari nuclei talamici. La caratteristica dei neuroni del nucleo reticolare del talamo è quella di essere gli unici neuroni talamici a non proiettare alla corteccia e che, al contrario ricevono afferenze principalmente dai neuroni degli altri nuclei talamici e dalla corteccia stessa, per poi riproiettare a loro volta sui neuroni dei nuclei talamici. I neuroni del nucleo reticolare del talamo (per la stragrande maggioranza) comunicano con i neuroni talamici utilizzando il neurotrasmettitore GABA. Questo significa che svolgono una funzione inibitoria sui neuroni talamici (quelli che conducono l’informazione sensoriale alle cortecce sensoriali primarie). Appare chiaro, non a chi scrive ma a tutti poichè l’anatomia umana non è branca soggetta ad interpretazione, che questa caratteristica funzionale (GABAergica), assieme alle sue connessioni con tutti gli altri nuclei talamici, rendono più che probabile un ruolo di questo nucleo nella regolazione dell’attività del talamo (selezione dell’informazione sensoriale che dalla periferia viaggia verso le cortecce sensoriali).
Appare evidente come queste nozioni di anatomia e fisiologia del S.N.C., hanno portato i clinici di gran parte del mondo (vedi Hal Blumenfeld, neuroanatomia attraverso casi clinici edizione PICCIN, 2014, pagina 314) ad affermare che oltre ai sintomi NEGATIVI, caratterizzati da deficit sensoriali, le lesioni (la MIA ipotesi è che sono coinvolti anche i disordini) a carico di queste aree del nostro Sistema Nervoso possono causare fenomeni sensoriali POSITIVI. Tra questi elenca: parestesie, dolore severo senza danno alla parte del corpo, disestesie (sensazioni spiacevoli provocate dal tatto), allodinia (sensazioni dolorose causate da stimoli normalmente non dolorosi come lo sfioramento della cute) ed iperpatia o iperalgesia (esacerbazione del dolore provocato da stimoli normalmente dolorosi), come potrebbe (rienta in questo gruppo e non nei deficit sensoriali) provocare una ridotta sensibilità dolorifica rispetto ad uno stimolo doloroso.
La faccenda, dalla prospettiva del neurofisiopatologo già molto interessante, diventa ancora più eccitante quando, chiedendo aiuto agli anatomisti, si apprende che oltre alle afferenze talamiche e corticali, al nucleo reticolare del talamo giungono altre afferenze dai sistemi attivanti del tronco encefalico coinvolti nella modulazione degli stati di allerta e dell’attenzione.
Mai come in questo momento quel fuocherello dei giorni scorsi sta per diventare fuoco. Infatti, se ancora non fosse chiaro, la fisiologia della vita di relazione, grazie ai progressi nel campo dell’anatomia del S.N.C., ha fornito ai clinici i markers strutturali (neurostati) dell’attenzione e, con molte probabilità, della genesi dei sintomi positivi sensoriali (due aspetti primari nella genesi dell’attenzione condivisa che rappresenta il mio punto di partenza clinico).
Un ultimo sforzo, lo studio della formazione reticolare nel tronco encefalico dell’uomo, e molte idee potrebbero avere un senso.
La formazione reticolare è una componente filogeneticamente antica che è presente con caratteristiche omogenee nella maggioranza dei mammiferi.
Il nome fa riferimento all’aspetto a “rete” di questa formazione, caratterizzata dalla presenza di cellule nervose multipolari con ampia arborizzazione dendritica, profusamente ramificata, spesso distribuita in un modo tale da poter ricevere molteplici impulsi provenienti da diverse parti del S.N.C., e di connettersi, a sua volta, con innumerevoli regioni del nevrasse o S.N.C..
Nel 1949, grazie agli studi di Moruzzi, venne riconosciuta a questa formazione del tronco encefalico una prima importantissima funzione che le valse il nome di “sistema reticolare attivante ascendente”.
Con questo termine si sottolineò che, sottoponendo a registrazione e.e.grafica un soggetto mentre passa dal sonno alla veglia viglile otteniamo un particolare tracciato (un ritmo ad alta frequenza va a sostituire un ritmo a bassa frequenza ed ampio voltaggio), lo stesso tracciato lo possiamo ottenere stimolando ad alta frequenza questa formazione troncoencefalica.
Moruzzi aveva dimostrato che la formazione reticolare promuove quella particolare transizione e.e.grafica tipica del passaggio sonno/veglia (ricordo che ci sono persone con epilessia che fanno le crisi convulsive solamente in questo passaggio).
Dalla dimostrazione scientifica di Moruzzi ad oggi tantissime altre cose si sono conosciute sulla funzione della formazione reticolare.
Ad esempio, si è conosciuto che nella formazione reticolare non vi sono solo neuroni che proiettando verso la corteccia sono responsabili dell’attivazione e.e.grafica, ma ci sono anche neuroni che generano effetti opposti, inducendo sonno in un organismo sveglio, grazie alle loro proiezioni dirette in basso ovvero nel midollo spinale.
Molte altre funzioni sono state, inoltre, attribuite alla F.R.: regolazione pressoria, respiratoria, del tono muscolare, della minzione, dell’attività sessuale, dell’apprendimento motorio, dell’integrazione della deambulazione, dell’integrazione dei movimenti coniugati degli occhi e della testa (l’ho già trattata nei giorni scorsi perchè rappresentava il nostro punto di partenza clinico), dell’ integrazione nocicettiva, della regolazione del tono dell’umore e della motivazione all’azione (F. FORNAI, M. FERRUCCI: Anatomia funzionale Della Formazione Reticolare Del tronco Encefalico Dell’Uomo, 2016 pagina 9).
Se accettiamo l’invito di Temple Grandin: provare a conoscere l’AUTISMO attraverso una teoria del cervello e non attraverso una teoria della mente, non possiamo sottrarci dall’impegno di studiare la F.R. (altrimenti diciamo di proporre un approccio biologico alla questione, ma commettiamo gli stessi errori del passato, ovvero continuiamo a cercare le spiegazioni nei sintomi).
Per semplificare, e per non spaventare chi sta condividendo, in questo periodo eccezionale causa Covid-19, questo percorso con me leggendo quotidianamente quanto scrivo, tratterò solo la funzione di attivazione e.e.grafica.
Sarà sufficiente per iniziare a svelare un mistero: la patogenesi della relazione atipica nel cucciolo d’uomo.
A domani.