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IO, NOI, ontogenesi della relazione umana (tipica ed atipica). Giorno 31

Il dottor David F. Delacato (PHILADELPHIA U.S.A.) ha scritto per il blog “autismo fuori dagli schemi” quanto segue:
Nel 1974, mio padre Carl Delacato nel The Ultimate Stranger, The Autistic child (Arena Press, Novato, CA), propose una nuova teoria sull’autismo, oggi più di allora
destinata a fare molto rumore. Inoltre, coerente con questa teoria propose anche un trattamento neuroabilitativo.
La sua teoria si era sviluppata dopo molti anni di osservazione, prima in ambito scolastico con bambini con difficoltà di lettura, successivamente in ambito clinico
con cerebrolesi motori gravi e, poi, con bambini con severi problemi del comportamento.
All’epoca rivoluzionaria, in quanto in ambito scientifico nessuno aveva ancora preso le distanze dalle ipotesi Kanneriane della madre frigorifero, la teoria di mio
padre potrebbe essere illustrata attraverso tre punti fondamentali:
1) I bambini autistici non sono psicotici ma manifestano segni di “lesioni cerebrali minime e diffuse”
2)Queste lesioni cerebrali minime e diffuse provocano una disfunzione percettiva, cioè le informazioni che giungeranno al cervello attraverso i canali sensoriali della
vista, dell’udito, del tatto, dell’olfatto e del gusto possono essere in eccesso (iper), in difetto (ipo), o in confusione tra di loro (rumore bianco).
3) L’intero processo di apprendimento o organizzazione neurologica sarà “disordinato” in consequenza del disordine percettivo.
Voglio brevemente tornare sul concetto di iper, ipo e rumore bianco che rappresenta il cuore della teoria di mio padre (lui era un clinico, pertanto, cercava di dare
un’interpretazione sulla genesi di alcuni comportamenti, rifiutandosi con forza di considerarli segni di psicosi e/o di ritardo mentale).
Delacato utilizzava il termine iper quando quel canale sensoriale era “troppo aperto”, di consequenza molta informazione arrivava a quel cervello per essere
controllata “tipicamente”(ad es. il bambino che si tappa le orecchie per proteggersi da un rumore che mediamente è sopportabile).
Delacato utilizzava il termine ipo quando si verificava la situazione opposta, cioè il canale sensoriale era in parte chiuso e poca informazione arrivava a quel
cervello (ad es. quando un bambino si mordeva la mano per “sentirsela”, quando un bambino stava “comodo” pur assumendo posture “scomode”).
Delacato utilizzava il termine rumore bianco quando, a causa del suo funzionamento difettoso, era il canale stesso a creare lo stimolo (non era semplice nemmeno per
mio padre fare degli esempi specifici senza osservare il comportamento del bambino in quell’istante, ricordo comunque che spesso lo paragonava agli acufeni e/o ai
ronzii auricolari).
Oggi mio padre sarebbe molto contento,infatti nessuno mette in discussione che gli autistici abbiano alterazioni in iper e/o ipo dei processi percettivi.
Attualmente, in piccola parte anche come riconoscimento al lavoro pioneristico di mio padre,molti dovrebbero concentrare i loro sforzi nel tentativo di comprendere COME/DOVE
si generano queste disfunzioni sensoriali.
Purtroppo, storicamente abbiamo guardato poco all’anatomia ed alla fisiologia del S.N.C.per tentare di dare risposte in merito.
Basti pensare alla carenza con la quale abbiamo sottoposto questi bambini agli esami neurostrumentali (e.e.g., T.A.C., R.M.N.) ed all’abbondanza di test psicometrici a
cui sono stati sottoposti.
Siamo, dunque, noi i responsabili del fatto che disponiamo solo di modelli teorici.
Voglio sottoporre alla vostra attenzione il modello teorico elaborato da mio padre, consapevole che,nonostante gli anni trascorsi, bisogna fare ancora molta strada.
E’ un modello,potrei dire, ispirato alla biologia in generale, al cervello nello specifico.
Se vogliamo comprendere la teoria,senza alcun pregiudizio, dobbiamo prima porci una domanda : qual è il lavoro principale che svolge, in natura, un Sistema Nervoso?
Una domanda ovvia, con una risposta non altrettanto semplice.
Non dobbiamo mai dimenticare che noi, come tutti gli organismi viventi, abbiamo bisogni primari molto semplici: mangiare e non essere mangiati, senza sottovalutare che
va bene anche sopravvivere per riprodursi ovvero trasmettere il materiale genetico affinchè le generazioni future possano portare avanti il “chi” ed il “cosa” di chi
l’abbia preceduto.
Il S.N.in generale, il nostro cervello in particolare, svolgono un ruolo importantissimo nel modo in cui attuiamo questo piano (comportamento).
Se osserviamo gli animali in natura li vediamo costantemente in allerta, alla ricerca del pasto successivo, di un posto sicuro ove dormire, magari anche fino a
primavera, e/o di un posto sicuro ove allevare il proprio cucciolo per evitare che diventi il pasto per un altro animale.
Questa ricerca può essere fatta utilizzando le informazioni sensoriali che arrivano, dall’ambiente e dal corpo, ai cervelli.
C’è un grosso problema però da risolvere.
L’informazione potrebbe essere quantitativamente eccessiva, tanto da mandare in tilt il sistema.
Prendiamo i nostri corpi in questo momento specifico.
Sono bombardati da un flusso costante e senza fine di informazioni sensoriali.
Solo una piccolissima parte di questa informazione è necessaria per farci sopravvivere in questo preciso momento, altra non lo è di sicuro e non lo diventerà mai se
non dovesse cambiare il contesto. Eppure, se tutto dovesse emergere contemporaneamente (solo perchè c’è e non perchè serve solo se cambia il contesto), il nostro
cervello esploderebbe. Immaginate se dovesse emergere contemporaneamente, nella vostra consapevolezza, il lavoro che stanno svolgendo, in quest’istante in cui state
leggendo, i recettori tattili distribuiti sul vostro corpo. La vostra attenzione sarebbe diretta alle vostre scarpe, ai vostri indumenti, alla superficie del
pavimento, allo schienale, alla posizione del vostro pollice sinistro. Lo stesso vale per tutte le altre stimolazioni sensoriali.
In un momento storico in cui, il punto di partenza era rappresentato dall’anaffettività materna, mio padre sviluppo una teoria che partiva dalla funzione più
importante del cervello: “filtrare le informazioni”.
Istante per istante, deveva esserci un meccanismo (un’area o più aree) che regolava su quali dati concentrarci, su quali prestare poca attenzione, quali ignorare e non
utilizzarli se il contesto non lo richiedeva.
Come potete vedere, questa teoria è in accordo con le recenti conquiste delle neuroscienze (questo mio padre non l’ha potuto vedere): il contesto, la vita è il
direttore dell’orchestra, non un pezzetto del mio o del vostro cervello (all’epoca mio padre subiva attacchi sia dagli psicoanalisti che rifiutavano gli approcci
biologici che dai localizzazionisti che separavano nettamente le aree della percezione da quelle della cognizione, attribbuendo importanza solo ai lobi frontali e
mortificavano il lavoro svolto dalle cortecce cerebrali posteriori).
Dunque, quando i dati sensoriali entrano nel sistema devono attraversare numerosi livelli, e da qualche parte di quel sistema verranno applicati filtri per determinare
quali dati possono continuare a “scorrere” e quali verranno “fermati”.
C’è un esempio che mio padre utilizzava per aiutarci a capire cosa succede, invece, nel cervello di un bambino autistico.
Immaginate uno scavo archeologico, uno di quei scavi intenti a scoprire la storia di un popolo.
Ogni bit di materiale deve essere catalogato e registrato nel più piccolo dettaglio. L’ultimo passo dello scavo comporta la “setacciatura” dello sporco rimosso
attraverso una serie di setacci, grossolani all’inizio, sempre più fini a mano a mano che lo sporco passa attraverso il setaccio. Questo consente un esame dei detriti
a molti livelli. L’archeologo potrà lentamente e deliberatamente ordinare i risultati. Il nostro cervello funziona in modo abbastanza simile a questi setacci.
All’inizio tutto viene scaricato nel sistema. Mentre i dati scorrono, i setacci selezionano le informazioni importanti e le permettono di passare, mentre impediscono
alle meno importanti di fluire.
Applichiamo questo al cervello autistico. Se prendiamo la stessa pila di setacci (il cervello), e proprio mentre scarichiamo l’informazione sensoriale (il materiale
compreso di sporchizia che l’archeologo desidera filtare) spingiamo con un’asta metallica facendo numerosi buchi lungo tutti gli strati di screening, le informazioni
passeranno senza filtri (bambino iper). Oppure, prendiamo tutta la pila di setacci e li rimuoviamo tutti, tranne il primo e l’ultimo. Quando scaricheremo le
informazioni nel sistema i grandi set di dati bloccheranno i piccoli buchi e poco materiale archeologico o informazione sensoriale passerà (bambino ipo). Se dovessimo
scaricare un secchio d’acqua mentre scarichiamo il materiale lungo la pila di setacci avremo fango (rumore bianco).
Ho saputo che il dottor Parisi sta azzardando delle ipotesi sulla localizzazione dei filtri (questione facile) e sulla loro primaria compromissione strutturale e
fisiologica nell’autismo (questione difficile).
A lui ed a voi auguro buona fortuna e buona Pasqua 2020.

foto

 

P.S.Ho iniziato a scrivere sull’argomento in questione 31 giorni fa.
Ho iniziato con le parole di Michael Tomasello: “far riferimento all’evoluzione significa aver ben chiaro il concetto che, la selezione naturale non crea nulla ma,
come un “setaccio”, separa, a cose fatte, gli organismi vitali dai non vitali.
Mi piace molto ricordare che per il mio maestro Carl H. Delacato, il cervello non crea nulla ma, come un “setaccio”, separa, a cose fatte, le nostre azioni dal rumore
di fondo.
Voglio ringraziare il dottor Michele Parisi M.D.presso la Medical University of Sofia (MUS) per la traduzione in italiano dell’articolo del dottor David F. Delacato.

 

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