Le moderne neuroscienze stanno dimostrando che alla base di molte condizioni patologiche a carico del nostro cervello con conseguenti modifiche del comportamento, contrariamente a quanto si poteva intuire, non vi è una ridotta attività delle nostre cellule nervose bensì un malfunzionamento dei meccanismi di inibizione con una maggiore scarica dei neuroni. Da molto tempo i neurofisiologi hanno scoperto che nel S.N.C. sono presenti sia neuroni inibitori che neuroni eccitatori e che un sano funzionamento cerebrale dipende da un perfetto equilibrio nella trasmissione dei segnali eccitatori ed inibitori. Sappiamo che i neuroni comunicano liberando sostanze chimiche o neurotrasmettitori. Questi ultimi si legano a specifiche proteine o recettori presenti su altri neuroni contigui. Da questo legame ne scaturisce che ioni o cariche elettriche fluiscono attraverso i canali situati nella membrana neuronale facendo variare lo stato delle cariche elettriche nella membrana. Da questa variazione elettrica può generarsi il potenziale d’azione che a sua volta si trasmette attraverso i neurotrasmettitori ad altri neuroni. Al contrario un segnale inibitorio modifica la differenza di potenziale rendendo molto improbabile la genesi del potenziale d’azione. Dunque, i neuroni inibitori modificano, con la loro attività, il potenziale elettrico di una cellula rendendola più difficilmente eccitabile, o per nulla eccitabile. In base al tipo di collegamento possiamo trovarci di fronte ad un’inibizione selettiva o ad un’inibizione globale. Nel primo caso l’inibizione agisce su un collaterale dell’assone e, pertanto, su una sola sinapsi; nel secondo caso l’inibizione agisce sul corpo dell’assone e, dunque, su tutte le sinapsi che questo neurone stabilirà (da decine a migliaia).
Come ho scritto sopra, l’inibizione neuronale contribuisce a regolare l’attività del nostro cervello affinchè i neuroni non scarichino in modo incontrollato, ma possono rispondere in modo dosato a specifici stimoli. Inoltre, si è visto che i neuroni inibitori coordinano l’attività neuronale all’interno di una regione cerebrale, come pure tra differenti aree e, dunque, contribuiscono a formare associazioni tra cellule nervose che cooperano per una particolare funzione o abilità (associazione e sincronizzazione dell’attività neuronale).
In merito a queste nuove conoscenze molti ricercatori hanno, da subito, sostenuto che un’attività neuronale inibitoria deficitaria doveva rappresentare la causa della fatica che fanno alcuni soggetti a rimanere concentrati e fermi (ADHD).
Quello che è molto interessante è che, negli ultimi mesi, all’interno della comunità delle neuroscienze sta raccogliendo sempre maggiore consenso l’ipotesi che, alla base della demenza ci sia un’insufficiente inibizione neuronale nelle aree della corteccia prefrontale, mentre alla base della schizofrenia l’inibizione neuronale è deficitaria nell’ippocampo.
Queste ipotesi sono estremamente interessanti poichè andrebbero a sostenere un’altra teoria: alla base dei disturbi della relazione e della comunicazione che convenzionalmente definiamo “disturbi dello spettro autistico” potrebbe esserci un’encefalopatia la cui caratteristica neurofisiopatologica sarebbe quella di una insufficiente attività neuronale inibitoria nei circuiti cortico-talamici (strato VI delle cortecce posteriori-nucleo reticolare del talamo).
Non ci resta che attendere, i sogni sono sempre figli di un equilibrio imperfetto tra popolazioni di neuroni.