Di Simona Marzo
Il blog “Autismo fuori dagli schemi” vuole offrire alle lettrici e lettori una parte dell’elaborato della dottoressa Simona Marzo, neuropsicomotricista funzionale e pedagogista, partecipante al primo anno del Master biennale sui disordini del neurosviluppo.
Guardare un bambino che, senza fine e senza avvertire dolore, si morde una mano o fa ruotare oggetti in modo ipnotico; che è capace di fissare per ore con lo sguardo vuoto, un granello di polvere o che si colpisce senza fine o si spalma sul corpo le proprie feci; che vi ignora, respingendo ogni contatto umano; un bambino che non vi ascolterà né parlerà con voi, né spesso vi permetterà di toccarlo, che presenta un contatto oculare assente o sfuggente e che preferisce le cose alla gente, sempre solo e chiuso in se stesso, “uno straniero tra noi”, un tempo definito psicotico e segregato in ospedali psichiatrici.
Questi comportamenti ci intimoriscono perché il loro significato ci è incomprensibile. È possibile che questo comportamento strano contenga un significato nascosto? E che questi bambini cercano disperatamente di comunicare con noi e che noi siamo sordi? È possibile che il mordere, ruotare, urlare, colpire, siano tutte parti di un codice che non abbiamo ancora decifrato? È possibile che il bambino autistico stia tentando di comunicare con noi e che noi non sappiamo rispondere?
La risposta è SI!
Nel 1943 Leo Kanner neuropsichiatra infantile di origini austriache, stilò una descrizione di “autismo infantile precoce” che possiamo riassumere nei cinque punti di seguito esposti:
– incapacità di mettersi in relazione e interagire con gli altri
– impossibilità a comunicare con gli altri attraverso il linguaggio
– ossessione nel mantenere l’uniformità e resistere ai cambiamenti
– il preoccuparsi di oggetti a preferenza degli uomini
– evidenza occasionale di un buon potenziale di intelligenza.
Sempre Kanner, identifica nell’autismo un insieme di sintomi per riferirsi a una entità nosografica di tipo congenito, a carico dell’affettività e più precisamente a causa delle cosiddette “madri frigorifero” e a eziologia ignota. In un secondo momento Kanner riconduce le caratteristiche dello stato autistico all’isolamento estremo e all’avversione per i cambiamenti, con insorgenza entro i primi 2 anni di vita.
Si brancolava ancora nel buio perciò si diede per buona una prima spiegazione data da Freud riconducibile ad una rabbia interiore, sebbene ciò non portò a nessun successo nella cura e si dovettero ricercare altre spiegazioni.
Tra il ’50 e il ’60 furono scritti vari articoli per differenziare l’autismo dalla schizofrenia infantile precoce e dal ritardo mentale, poiché spesso le diagnosi si sovrapponevano.
Bender, invece, un esperto del settore, pensò che l’autismo fosse di origine organica, causato da una “encefalopatia di origine prenatale”, il che significa una mancanza diffusa di sviluppo cerebrale prima della nascita.
Rimland correlava le cause a una lesione alla formazione reticolare del peduncolo cerebrale, in bambini geneticamente predisposti, illustrando come i sintomi dell’autismo potessero risultare dalla difficoltà di dare un significato alle stimolazioni sensoriali in arrivo. Anche Schopler riconduceva le cause a fattori sensoriali e genetici.
Carl H. Delacato psicologo statunitense, non accettava le implicazioni genetiche delle posizioni di Rimland e Scholpler poiché se nell’autismo ci fosse stato un fattore di origine genetica, il suo schema sarebbe dovuto essere riconoscibile da una generazione all’altra invece ciò non accadeva.
Egli fu colpito dal fatto che i bambini autistici manifestassero comportamenti stereotipati e ripetitivi (ruotare oggetti, sfarfallare le mani, dondolarsi, ecc.), aspetto più estremo del problema, che li faceva sempre più rinchiudere in un mondo tutto loro e distaccare da quello reale ma al tempo stesso sembravano stranamente più soddisfatti. Si chiese se questi bambini potessero non essere in grado di regolare gli stimoli che giungevano al loro cervello dal mondo esterno e di conseguenza non rispondere adeguatamente alle richieste. Per Delacato una o più delle loro vie di entrata (vista, gusto, udito, odorato, tatto) era in qualche modo “difettosa”: il loro strano comportamento ripetitivo era il loro tentativo, attraverso il ripetersi degli stimoli, di normalizzare quella o quelle vie e di mettere fine a quello che ciò comportava.
Per Delacato l’autismo è un problema neurologico che risulta da una cerebrolesione lieve e diffusa, perciò Delacato parlò di disorganizzazione neurologica poiché, anche se è fatta salva l’anatomia del SNC, la qualità e la quantità delle connessioni in un soggetto con neurosviluppo atipico modificano la risposta motoria e comportamentale.
L’autismo perciò sarebbe un problema senso-percettivo che determina il modo in cui il cervello incamera ed elabora le informazioni che riceve dall’ambiente, ovvero problemi con una o più vie dal mondo esterno al cervello: vista, udito, gusto, tatto, odorato.
Egli osservò che il comportamento ripetitivo che distoglieva l’attenzione del bambino poteva essere collocato in una o più delle cinque vie sensoriali. Pertanto, c’erano bambini che ricadevano in una delle tre seguenti categorie, in base ai loro atteggiamenti sensoriali:
1. Iper: un sistema sensoriale a innesco rapido che lasciava passare troppa parte del messaggio al cervello portando ad un sovraccarico del sistema;
2. Ipo: un sistema sensoriale lento che lasciava passare una parte troppo piccola del messaggio al cervello;
3. Rumore bianco: un sistema sensoriale che operava con così poca efficienza che la sua stessa attività creava una interferenza o rumore nel sistema.
Scoperto tutto ciò comprese di conseguenza che la cura poteva essere mirata a normalizzare il canale attraverso una stimolazione sensoriale che doveva essere loro fornita in frequenza, intensità e durata.
Autisms, blindisms, deafism..sensorismi
I bambini autistici negli anni ’60 venivano etichettati come psicotici, Delacato invece rifiutò da subito tale ipotesi diagnostica poiché per lui si trattava di un problema di neurosviluppo. Egli scoprì che alla base dell’autismo vi era una spiegazione neurologica, correlando le anomalie comportamentali ai disturbi senso- percettivo-motori.
La teoria di Delacato afferma che:
– i bambini autistici manifestano disfunzioni percettive, ovvero problemi con una o più vie dal mondo esterno al cervello;
– gli strani comportamenti ripetitivi del bambino autistico sono atteggiamenti sensoriali, che rappresentano i tentativi del bambino di normalizzare le vie sensoriali disfunzionali;
– Il bambino cerca di “curare se stesso”, in una sola parola di autoregolarsi: è proprio questo tentativo di normalizzare le sue vie sensoriali che distoglie l’attenzione del bambino dalla realtà, con difficoltà di sopravvivenza nel mondo reale, ricco di stimoli sensoriali (propriocettivi, visivi, uditivi, tattili, olfattivi e gustativi, ecc);
– tale comportamento è il messaggio del bambino e bisogna osservarlo attentamente per capire quali sono le vie sensoriali disfunzionali e soprattutto se la via è iper, ipo o rumore bianco;
– quando abbiamo individuato quali vie sensoriali sono disfunzionali, possiamo aiutare il bambino con una stimolazione sensoriale giusta attraverso quella via: in questo modo il canale si normalizza, il comportamento ripetitivo cessa e il bambino avrà la possibilità di “uscire dal suo mondo” e interagire con il mondo reale, apprendere e comunicare con le persone.
Ogni bambino autistico è un individuo a sé e di conseguenza ogni bambino può creare nuovi atteggiamenti sensoriali.
Una delle difficoltà che si incontrano nell’osservare gli atteggiamenti sensoriali dei bambini autistici è la nostra stessa funzione sensoriale: è importante guardare al di là della nostra normale funzione sensoriale mentre valutiamo il bambino e il suo comportamento.
Alcuni suggerimenti generali che possono aiutare a osservare e valutare i comportamenti:
– ogni volta che un bambino autistico entra nella stanza di terapia e scappa o si nasconde, possiamo concludere che egli scappa per proteggersi;
– scegliere una stanza tranquilla senza rumori e osservare cosa attira l’attenzione del bambino e quali aree sensoriali racchiudono le sue anormalità, imparare ad ascoltare i suoi movimenti, i suoni e i rumori che produce con gli oggetti, cercare di non imporsi ma attendere che il bambino si avvicini ed essere il più amichevole possibile, parlargli con un tono basso di voce e naturalmente, senza essere loquaci.