Seconda parte
La nostra esperienza clinica ci ha fatto conoscere cuccioli d’uomo che intorno ai 12-16 mesi di vita chiamati non si girano, hanno uno sguardo perso nel vuoto, non “lanciano” parole. Alcuni di questi bambini, per il sopraggiungere di altri segni e sintomi, intorno al terzo anno di vita riceveranno la diagnosi di disturbo dello spettro autistico.
Da circa trent’anni (1985) la comunità scientifica ha riconosciuto la matrice biologica della sindrome (disturbo neurologico), ma non ha ancora chiarito molti aspetti del complesso quadro clinico.
Ad esempio, molti tecnici attibuiscono tuttora il deficit relazionale alle grosse difficoltà verbali di questi bambini. Allo stesso tempo, un’altra importante percentuale di tecnici liquidano la faccenda affermando che questi bambini non parlano perchè autistici. Si intuisce che, in entrambi i casi, non si percorre molta strada nella conoscenza della sindrome autistica.
In effetti, negli anni 70 del secolo scorso Carl Delacato si era già sottratto a questa doppia trappola. Egli aveva affermato che l’autismo rappresentava la conseguenza di un danno cerebrale minimo e diffuso (connettopatia). Un danno pre, peri o post-natale, aveva provocato un disordine sensoriale (iper/ipo) con conseguente disordine del processo di Organizzazione Neurologica o Neurosviluppo. Il disordine del neurosviluppo era responsabile del mancato sviluppo sia del linguaggio che della relazione.
Pertanto, era sul neurosviluppo che bisognava concentrarsi e provare a trovare le risposte.
E’ giusto ricordare che le neuroscienze, in quegli anni, avevano totalmente dimostrato la validità scientifica della teoria di Delacato (ruolo del sensoriale nel neurosviluppo). Infatti, Hubel e Wiesel dimostrarono che senza input sensoriale non c’è neurosviluppo tipico (premio nobel per la medicina 1981).
C’è un altro aspetto molto interessante e che non possiamo trascurare. Siamo la specie vivente con il neurosviluppo più lento. Basta pensare che l’uomo impiega 18 anni della propria vita per portare a termine il neurosviluppo.
Questo tempo così lungo è giustificato da quanto , alla fine del secolo scorso, abbiamo conosciuto: la genetica crea le premesse affinchè un tipo di collegamento ottimale tra neuroni possa verificarsi ma solo gli input sensori-motori, grazie alla plasticità del sistema, permettono la formazione della mappa.
L’Organizzazione Neurologica o Neurosviluppo è il risultato della combinazione tra fattori genetici e fattori ambientali (input sensori-motorio).
Per questo, già nel 1999 (I bambini dallo sguardo sfuggente), ho scritto che la ricezione in senso iper o ipo degli stimoli sensoriali, secondaria a disturbo neurologico, può determinare un anomalo sviluppo della rete neuronale alterandone l’organizzazione o sviluppo e generando un quadro clinico che, per convenzione, definiamo autismo.
Grazie alle conquiste scientifiche di quegli anni mi ero spinto oltre ed avevo provato a spiegare, a coloro che desideravano comprendere la sindrome autistica, quali leggi biologiche (grazie alla plasticità) erano capaci di regolare il processo di neurosviluppo (potatura e stabilizzazione delle sinapsi).
Non aveva solo valore conoscitivo. Essendo leggi biologiche, potevano essere utili per sviluppare nuovi modelli neuro-abilitativi o di apprendimento.
Tra le più conosciute, di queste regole biologiche di apprendimento, vi sono:
ADATTAMENTO o legge di Hebb (principio dell’ adattamento o della coincidenza pre-post sinaptica).
SENSIBILIZZAZIONE o legge di Kandel (detta anche, del meccanismo associativo pre-modulatorio).
DESENSIBILIZZAZIONE o legge di Changeux (detta anche, del canale desinsibilizzato).
CONDIZIONAMENTO CLASSICO o legge di Pavlov (detta pure del riflesso condizionato).
Quello che mi preme ancora una volta sottolineare è che la sinapsi non può essere rappresentata come una struttura statica. La sinapsi può aumentare di volume e, dunque, di funzionalità qualora dovesse esserci una maggiore richiesta di prestazione in termini di aumento di frequenza, intensità e durata degli stimoli.
E’ questa una delle principali caratteristiche biologiche del sistema nervoso che risulta essere capace di rimediare ad un’altra proprietà biologica dei neuroni, essere cellule perenni. Pur incapaci di dividersi, i neuroni cambiano forma e funzioni in relazione al contesto in cui vive l’organismo (il tutto dimostrato da studi bioptici in differenti popolazioni di animali).
Lo studio dei cambiamenti metabolici, morfologici e funzionali dei neuroni (formazione della rete neuronale), specie nei primi anni di vita, non può essere trascurato da parte nostra.
Basta considerare che nessun essere umano alla nascita può svolgere le funzioni tipicamente umane.
Perchè sono necessari 14 mesi per camminare?
Perchè sono necessari 18-24 mesi per iniziare a manipolare l’attenzione altrui attraverso l’uso di vocaboli?
Perchè sono necessari 4 anni per iniziare a comprendere che l’altro vede il mondo dalla sua prospettiva mentre io lo vedo dalla mia prospettiva?
Perchè abbiamo stabilito che solo intorno ai tre anni di vita i nostri cuccioli possono essere indirizzati verso un processo pedagogico/educativo?
Che cosa deve accadere in un cervello affinchè possano svilupparsi queste abilità tipicamente umane (linguaggio, relazione), che non sono presenti alla nascita o nei primi mesi della nostra vita?
Siamo dei professionisti fortunati. Siamo dei tecnici che operano in un’era in cui è possibile definire le aree cerebrali che garantiscono la nostra intenzionalità individuale, la nostra intenzionalità congiunta e la nostra intenzionalità collettiva, al fine di poter conoscere le strutture anatomiche e fisiologiche presenti nel nostro cervello che ci hanno consentito di diventare “umani”.
Non è una questione ideologica oppure una mia ossesione. Sono un medico e, pertanto, non posso non affermare che una corretta diagnosi agevola la pratica terapeutica.