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Il fondamento dell’empatia e della relazione.

             

La sensazione di essere l’agente delle proprie decisioni o Sè è tipica negli esseri umani ed è fondamentale per la nostra vita. In clinica neurologica sono stati descritti casi in cui vi era un deficit d’inibizione del sè nella relazione con l’altro. In questi casi, definiti etero-topo-agnosia, il paziente non si mostrava capace di inibire la percezione di parti del proprio corpo a vantaggio di una indicazione di parti del corpo altrui. Ad esempio, se il medico domanda al paziente “mostrami i miei occhi”, questi ostinatamente indica i suoi; come se non riuscisse ad uscire dal proprio corpo per indicare il corpo dell’esaminatore. Da sottolineare che il paziente sa indicare, su richiesta, gli occhiali del medico e, pertanto, la difficoltà riguarda solo il corpo dell’altra persona.

Ho volutamente richiamato l’attenzione, delle lettrici e dei lettori del blog “autismo fuori dagli schemi”, su questo bizzarro quadro clinico poichè molti soggetti con autismo mostrano difficoltà nella capacità di svincolarsi dalla prospettiva personale per simulare una prospettiva che non sia la propria. In altri termini, soggetti con autismo, per definizione clinica, trovano difficile adottare “il punto di vista” dell’altro quando gli viene chiesto in maniera esplicita. Ai soggetti con autismo, tutt’al più, viene riconosciuta dal tecnico la capacità di “sentire sensazioni insieme”, di “identificarsi con l’altro”, ma di continuare a “restare al proprio posto” e vedere l’altro dal proprio punto di vista. E’ come se, il soggetto con autismo, non riuscisse ad entrare nel corpo dell’altro per vedere il mondo dalla prospettiva dell’altra parsona. Per questo motivo, gli psicologi sostengono che i soggetti con autismo tendono a localizzare l’altro in loro stessi, ma non si proiettano nell’altro.

Fino a pochi anni orsono, la psicologia ha mostrato interesse esclusivamente nell’etichettere il disturbo (assenza di empatia) e nel misurarlo con test più o meno attendibili. Negli ultimi anni, un numero sempre crescente di ricercatori, e tra questi anche il nostro gruppo, ha mostrato sempre più interesse nel definire i meccanismi cerebrali implicati nell’interazione con gli altri.

Come è facile intuire, per essere empatici è necessario un cambio di prospettiva. Questo significa che, per essere empatici, bisogna innanzitutto inibire la prospettiva dal punto di vista del proprio corpo o di sè per adottare una prospettiva dal punto di vista di un altro corpo. In effetti è una vera fuoriuscita dal corpo. Per questo non possono non essere interessate le aree della corteccia temporo-parietale e dell’insula. Infatti, i neurofisiologi conoscono bene che questa parte dei nostri cervelli è implicata nella consapevolezza del corpo e nelle relazioni spaziali. E’ per questo che, attraverso stimolazione elettrica di queste aree cerebrali, si sperimentano illusioni di movimento del proprio corpo e di spostamento del corpo nello spazio. Per comprendere meglio, possiamo dire che i neuroni ed i loro collegamenti presenti in queste aree corticali elaborano un vero e proprio doppio del corpo fisico definito “schema corporeo”.

C’è un aspetto scientifico molto importante, che non possiamo trascurare qualora volessimo avanzare nelle conoscenze in merito ai disturbi dello spettro autistico ed alle difficoltà relazionali di questi soggetti. Nessuno, alla nascita o nei primi mesi di vita, è dotato di schema corporeo. Evidentemente, nei nostri cervelli, nei primi anni della vita, deve accadere qualcosa che ci consentirà di apprenderlo. Per provare a comprendere cosa succede nel nostro Sistema Nervoso è necessario effettuare un cambio di paradigma nello studio. Innanzitutto, bisogna avere ben chiaro il concetto che, per gli organismi viventi, è cruciale selezionare le informazioni sensoriali. Poi, bisogna smettere di continuare a parlare di “cinque sensi” e non studiare a fondo la propriocezione muscolare e articolare ed il sistema vestibolare. Infatti, sono proprio questi sistemi sensoriali che ci consentono di apprendere lo stato del nostro corpo e di costruire la base delle nostre azioni o del sè.

I nostri muscoli, tendini e articolazioni sono ricchi di recettori che misurano lo stato del nostro corpo o propriocezione. Allo stesso tempo, i recettori vestibolari dell’orecchio interno misurano le accelerazioni angolari e lineari della testa nello spazio, permettendoci di orientare rapidamente la testa nello spazio nei movimenti anche più complessi. Solo dopo opportuna esperienza, nel corso della prima fase del neurosviluppo (fase sensori-motoria), le informazioni sensoriali propriocettive e vestibolari consentiranno lo sviluppo dello “schema corporeo”. Un vero e proprio doppione di noi stessi situato nei circuiti neuronali temporo-parietali.

Certamente, dobbiamo sempre considerare che non esistono sensi isolati. Questo perchè, nelle nostre reti corticali vengono integrati in modo dinamico, in ogni istante, i dati dei nostri sensi (esterocettivi, propriocettivi, enterocettivi). Qualche volta, per una imprecisata noxa patogena, un’eccessiva inibizione di una funzione sensoriale innesca adattamenti compensativi nel nostro cervello. Talvolta, la clinica che si genera ci induce ad etichettare quel bambino come autistico.

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