Egregio Dottore Parisi,
seguendo il suo Blog «Autismo Fuori dagli Schemi», ho avuto modo di notare un’interessante convergenza tra le sue conclusioni sulle principali figure di tecnici che dovrebbero necessariamente essere coinvolte nel Disturbo dello Spettro Autistico e quelle dichiarate in un libro di recente pubblicazione: «Douglas e Spencer Doman “Autismo, ADHD e altri disturbi neurologici”. 2021. Red Edizioni».
Gli autori, rispettivamente figlio e nipote di Glen Doman, fondatore negli anni 50 del Metodo Doman di riabilitazione per cerebrolesi, nel far rilevare come attualmente è unanime il consenso scientifico sul principio che “il cervello cresce con l’uso”, individuano nella “neuroplasticità” l’elemento di riferimento per un corretto intervento neuroriabilitativo nei casi di disturbi del neurosviluppo e come, pertanto, una corretta diagnosi e un successivo approccio terapeutico per tali patologie, dovrebbero basarsi su conoscenze consolidate nell’ambito della Neurofisiologia che rappresenta la scienza della normale funzione di crescita e sviluppo del cervello.
Sulla base di tali osservazioni, essi evidenziano come da anni “molti dei professionisti che seguono i bambini con bisogni speciali non studiano Neurofisiologia” e di conseguenza “il loro punto di vista è patologico piuttosto che fisiologico”. Pertanto, la loro conclusione è: “I bambini con bisogni speciali hanno pagato un prezzo enorme per l’ignoranza dei cosiddetti esperti responsabili del loro benessere” (pag. 35), in quanto non sanno come utilizzare la neuroplasticità per aiutare le persone con tali bisogni.
La sovrapponibilità di tali vedute con le sue spiegazioni relative al perché la neurofisiologia dovrebbe essere il ramo principale della medicina a interessarsi del disturbo autistico, illustrate con chiarezza nel suo testo «La teoria del cervello autistico», mi induce a dare, ai lettori del suo blog, una breve esposizione dell’organizzazione operativa degli autori citati anche in considerazione del fatto che le similitudini degli interventi sono molteplici. Tale pensiero scaturisce anche dal fatto di essere stato, con mia figlia in grave condizione autistica, negli anni 77 e 78 presso gli Istituti del gruppo nella città di Philadelphia nello Stato della Pennsylvania (USA), e ciò mi dà la possibilità di esprimermi come testimone diretto delle loro proposte per le persone con autismo.
Già in tale lontano periodo, il coinvolgimento dei genitori era tale che la quasi totalità del tempo (5 giorni) fissato per la consulenza, era impiegato per spiegare e poi ancora rispiegare ai genitori presenti, mediante delle lezioni collettive svolte in aule di tipo universitario, il cervello umano, la sua anatomia, le caratteristiche fisiologiche e le possibili alterazioni che potevano determinare i sintomi comportamentali che caratterizzano il disturbo autistico. Durante la permanenza, ebbi modo di parlare, nei pochi momenti di pausa, con alcuni genitori e verificare come la loro provenienza fosse a livello mondiale e come anche nei loro avanzati paesi, non vi fossero professionisti con principi simili. L’impegno profuso dai tecnici nel valutare i bambini, sempre con la costante presenza dei genitori, risultava di altissimo livello, con digressioni in tutti i settori medici inerenti lo sviluppo infantile. La consultazione si concludeva con la compilazione, spiegata in maniera dettagliata ai genitori, di un programma di attività sensori-motoria da svolgere direttamente a casa sotto la supervisione dei genitori stessi.
L’attività degli Istituti, tutt’ora rilevante, testimonia la validità delle loro proposte e continua nonostante l’opposizione da parte dei gruppi istituzionalmente costituiti, che pur non potendo fare a meno di concordare sulla corretta validità degli approcci usati, in quanto pienamente riconosciuti dalla comunità medica, non vogliono ammettere che essi possano essere impiegati in tali patologie; in breve: la neurofisiologia, a livello istituzionale, non deve intervenire nelle problematiche appannaggio della psichiatria (autismo).
Ora a tale proposito, è opportuno chiarire che una simile paradossale situazione scaturisce in conseguenza di una circostanza ormai storica risalente a 80 anni fa che non si riesce a cambiare per un evidente immobilismo di posizioni di potere; infatti in tale epoca (1943) l’autismo fu definito erroneamente come una patologia di tipo psichiatrico.
Naturalmente c’è una spiegazione a tale decisione in quanto in quel periodo la neurofisiologia era ai suoi inizi e finanche l’elettroencefalografia (sulla cui importanza clinica, lei dottore, dà esaurienti spiegazioni a pagina 296 del suo recente libro) stava muovendo i primi passi e quindi tutto ciò che non si riusciva a spiegare dal punto di vista biologico veniva conferito a problematiche relazionali di tipo psicodinamico. Questa errata attribuzione accompagna ancora il disturbo ai nostri giorni nonostante che anche la massima autorità della stessa psichiatria americana abbia dichiarato nel 2013 che l’autismo è un disturbo del neurosviluppo quindi di tipo unicamente organico! (DSM-5). Tutto è rimasto invariato e occorreranno anni ancora per determinare un cambiamento di paradigma per indicare finalmente una cura per l’autismo mentre nel frattempo voci solitarie (come il gruppo di Doman e lei, dott. Parisi) si esprimeranno inascoltate.
Solo una coesa e vigorosa protesta dei genitori potrebbe fare cambiare il triste destino delle persone con autismo, ma attualmente i genitori si impegnano in settori che non hanno nessun rifermento con la salute dei loro figli in quanto probabilmente invitati alla totale rassegnazione da parte di qualche tecnico non addentro alle moderne neuroscienze.
Caro dottore Parisi, nel chiederle scusa se nella foga di scrivere questi miei ricordi ho forse ripetuto concetti da lei espressi in maniera molto più scientifica nel suo testo, le auguro i migliori successi per il suo encomiabile impegno nell’aiutare tanti bambini che, altrimenti, resterebbero vittime innocenti di una paradossale situazione istituzionale.
Sergio Martone, genitore .
15 Agosto 2022