I cuccioli d’uomo apprendono la lingua dai genitori. Ma devono acquisirla da zero oppure c’è una conoscenza innata della lingua, come anche del mondo?
Questa questione ha fatto discutere gli uomini da sempre conducendoli, talvolta, ad esperimenti a dir poco crudeli.
Infatti, nel VII secolo a.C. il faraone Psammetico I fece allevare due bambini deprivandoli da qualsiasi stimolo linguistico, in modo che comunicassero tra di loro nella “lingua degli spiriti”. Le persone incaricate ad accudirli davano ai piccoli tutto quanto avessero bisogno, con la sola eccezione di parlare con loro. Il faraone, credendo di averli sentiti pronunciare, come prima parola, il termine frigio (pane) stabilì che il frigio doveva essere la lingua degli spiriti.
In alternativa, altri “pensatori”, nel corso della storia passata, hanno ritenuto che l’essere umano alla nascita fosse come un foglio bianco sul quale i sensi scrivono tutto.
Dalla metà del secolo scorso le neuroscienze hanno iniziato a fare chiarezza e, da qualche decennio, possiamo affermare che molte nostre abilità, tra cui di sicuro il linguaggio, sono determinate a livello genetico ma necessitano di informazioni sensori-motorie per potersi “sviluppare nella loro complessità”.
Acquisita questa importante conoscenza, che ci consente di comprendere meglio la nostra Natura, le neuroscienze attuali sono impegnate in un’altra interessante sfida: descrivere i processi neuronali che determinano gli apprendimenti delle nostre abilità tipiche tra cui il linguaggio. In altri termini, comprendere come cambia, nel corso dei primi anni della nostra vita, la struttura dei nostri cervelli per garantire di poter parlare.
Restando al linguaggio, per favorire la comprensione, sento la necessità di descrivere brevemente quanto conosciamo sul nostro sistema uditivo.
Sappiamo che una sorgente genera oscillazioni della pressione nell’aria. Quando queste onde sonore raggiungono il nostro orecchio, le percepiamo come rumore. Per accadere questo, le onde di pressione devono essere convertite in informazioni sulla frequenza e rese accessibili alla corteccia uditiva (temporale). Per cui, le onde sonore raggiungono il timpano e quindi gli ossicini dell’orecchio medio, questi a loro volta trasmettono il suono alla coclea (orecchio interno) che è piena di fluido. Qui l’informazione sonora viene trasdotta in potenziali d’azione (impulsi elettrici) inoltrati lungo il nervo acustico. Questi impulsi elettrici possono così raggiungere una prima stazione encefalica: il nucleo uditivo posto nel tronco cerebrale.Da qui l’informazione (impulsi elettrici) passa attraverso varie stazioni encefaliche (i complessi olivari e i collicoli inferiori) fino a raggiungere i nuclei del talamo e, poi, i neuroni posti sulla superficie della corteccia temporale (area sensoriale uditiva).
Dalla nascita in poi si verifica un intensissimo flusso di informazioni che dai neuroni corticali uditivi si dirige sia verso altri neuroni corticali sia verso queste stazioni sottostanti.
Le neuroscienze negli ultimi anni hanno mostrato come gli stimoli acustici modificano la struttura della corteccia uditiva nei primi anni di vita.
E’ bene precisare che questi cambiamenti strutturali sono garantiti dalla proprietà biologica del sistema nervoso: la plasticità di questi neuroni è molto forte nell’infanzia e anche l’efficienza della trasmissione sinaptica è elevatissima ad inizio vita.
Infatti, si è visto che nelle sinapsi della corteccia cerebrale si verifica, controllato dagli stimoli sensori-motori, un continuo cambiamento: si eliminano punti di contatto tra cellule nervose e se ne formano di nuovi.
E’ proprio questo cambiamento strutturale del cervello che garantisce l’apprendimento della lingua.
Oggi sappiamo che alla nascita nella corteccia cerebrale ci sono pochi punti di contatto, ma nei primi mille giorni di vita (compreso il periodo intrauterino) aumentano rapidamente (sinaptogenesi), per raggiungere il massimo intorno al quarto anno di età per poi decrescere nuovamente.
Dato che nel corso del successivo sviluppo (dai quattro ai diciotto anni) il bambino non perde le abilità acquisite, questo calo deve riguardare le sinapsi non utilizzate in relazione all’esperienza sensori-motoria.
Dunque, attraverso la selezione esperienziale, la rete nervosa o connettoma si adatta all’ambiente e si specializza sempre meglio, per questo nell’adulto il totale dei contatti (sinapsi) resta costante.
Come sempre accade, un fattore di grande rilievo per migliorare le nostre conoscenze su questi argomenti (la Natura Umana) è rappresentato dalla corretta osservazione e studio dei casi clinici.
Infatti, nel nostro caso (apprendimento del linguaggio) si è potuto vedere che, i bambini nati sordi a cui viene inserito un impianto cocleare entro il nono mese di vita presentano uno sviluppo linguistico nella norma.
Innanzitutto, grazie allo studio fatto sulla sordità congenita dei gatti, abbiamo appreso che i neuroni nel percorso neurale dell’udito (vedi sopra) di questi gatti mostrano i segni tipici della carenza di input sensori-motori. Infatti, molti di questi neuroni mostrano un corpo cellulare più piccolo, meno contatti sinaptici e, soprattutto, meno vescicole contenenti NT o neurotrasmettitore in queste sinapsi. Poi, cosa molto significativa per la nostra questione (dove finisce la genetica dove inizia l’epigenetica), si è visto che queste differenze di struttura (sia della cellula nervosa sia dei collegamenti) sono poco rilevanti a livello delle prime stazioni nervose uditive (ad esempio il nucleo dell’acustico ed i collicoli del tronco encefalico), mentre sono molto accentuate nella corteccia cerebrale primaria.
A testimoniare che, a livello sottocorticale gran parte dell’organizzazione è lasciata alla genetica mentre, a livello corticale, dai mammiferi in poi, lo sviluppo dipende dall’ esperienza (attività sensori-motoria).
Negli ultimissimi tempi, ulteriori progressi di conoscenza sono stati fatti e, cosa di estrema importanza, questo dovrebbe capovolgere totalmente la prospettiva dalla quale guardiamo i disordini del neurosviluppo.
Infatti, si è potuto entrare nella parte più intima dei mammiferi e, se mi è consentito, soprattutto dei primati: l’architettura della neocortex.
Si è constatato che nei gatti sordi l’attività era molto ridotta negli strati V e VI. Successivamente, si è visto che questi strati (il V controlla la motricità, il VI controlla il flusso sensoriale specifico) erano molto sottili in questi animali che non avevano fatto una corretta esperienza uditiva.
Dopo migliaia di anni abbiamo la fortuna di non dover più discutere, se parliamo perchè siamo nati “Homo” oppure perchè veniamo esposti ad una lingua dalla nascita.
Abbiamo avuto la fortuna di conoscere quali modifiche deve subire la nostra corteccia cerebrale affinchè, stimolata, possa garantire di parlare.
Stiamo iniziando a conoscere come si modifica il neurosviluppo quando un canale sensoriale non conduce “ bene” le informazioni.
Potremmo iniziare a “proporre modifiche del connettoma” ai cuccioli d’uomo che per un disordine primario del neurosviluppo fanno fatica ad apprendere il linguaggio, modificando, in questo caso, la loro esperienza sensoriale.
Specie se dovessimo intervenire nelle prime fasi del neurosviluppo.