Da circa cinquant’anni sappiamo che, se si segue il nervo ottico nel percorso dall’occhio alla neocorteccia, si vede che porta a due sistemi di visione paralleli: la via del “cosa” e la via del “dove”. Ognuna di queste vie è costituita da un insieme di aree corticali che si estendono rispettivamente dal retro del cervello verso i suoi lati (la prima) e dal retro del cervello verso l’alto (la seconda).
Negli ultimi decenni abbiamo saputo che esistono analoghe vie parallele per gli altri sensi (udito e tatto). Inoltre, negli ultimi decenni abbiamo visto che la via del cosa e la via del dove hanno ruoli complementari.
Infatti, se si dovesse disabilitare la via visiva del dove, la persona colpita, osservando la palla, sa dire di cosa si tratta, ma trova difficoltà nell’allungare la mano per afferrarla o nel muovere il piede per calciare. Se invece si dovesse disabilitare la via visiva del cosa, la persona colpita riuscirebbe ad afferrarla o a calciarla, conoscendo dove si trova, ma avrebbe difficoltà nell’identificare di cosa si tratta.
Sappiamo che ogni informazione esterna al cervello, attraverso le vie sensoriali, può raggiungere il talamo e, da qui, le colonne corticali.
Le colonne della neocorteccia (l’insieme delle aree sensoriali, motorie ed associative) sono formate tutte da sei strati.
Tutte le informazioni in entrata (sensoriali) arrivano al IV strato e si collegano con i neuroni del V strato da cui partono le risposte motorie. Per questo, le moderne neuroscienze vedono la colonna come unità sensori-motoria oppure come incrocio tra riferimento (sensoriale) e posizione (motorio). Con altre parole, quello che in aree corticali più antiche (ippocampi) fanno specifici neuroni.
Quello che, in tempi recenti (ultimi decenni), non poteva passare inosservato, è che le colonne del cosa e del dove non presentano neuroni di tipo differente e nemmeno gli strati sono organizzati in maniera differente. In altri termini, si somigliano per tipi di neuroni e per strati.
Allora perché funzionano in maniera così diversa? Quali differenze giustificano la diversità dei loro ruoli?
Un gruppo di studiosi in ambito delle neuroscienze (Jeff Hawkins e collaboratori) ha proposto un nuovo modello teorico, una “Teoria del cervello”, nel tentativo di spiegare perché alcune colonne sono del “cosa” e altre sono del “dove”.
Secondo questo modello, i neuroni delle colonne del cosa associano sistemi di riferimento agli oggetti, mentre i neuroni delle colonne del dove associano sistemi di riferimento al corpo.
Ad esempio, con un pò di fantasia, se una colonna visiva del dove potesse parlare, direbbe: “ho generato un sistema di riferimento ancorato al corpo. Grazie ad esso, osservo un piede e ne deduco la posizione rispetto al corpo. Poi faccio altrettanto per dove è posizionato l’oggetto (nel nostro caso la palla). Con queste due posizioni, entrambe relative al sistema di riferimento del corpo, posso calcolare come muovere l’arto inferiore ed il piede affinchè raggiunga l’oggetto”.
In altri termini, conosco dove si trova l’oggetto, come posso calciarlo, ma non posso identificarlo. Non conosco di cosa si tratta.
Allo stesso tempo, sempre con fantasia, se una colonna del cosa potesse parlare, direbbe: “ho generato un sistema di riferimento ancorato ad un oggetto. Usandolo, posso identificare l’oggetto, è una palla. Conosco di cosa si tratta, ma non dove si trova”.
Sincronizzandosi, le colonne del cosa e del dove (grazie al II e III strato colonnare) permettono di identificare la palla,di afferrarla o di calciarla.
La differente specializzazione è secondaria dall’origine delle informazioni ricevuta dalle rispettive colonne.
Se la fonte di informazioni sensoriali proviene dall’oggetto (vista, tatto epicritico, udito), si genererà un sistema di riferimento riferito all’oggetto. Se la fonte di informazioni proviene dai neuroni che rilevano gli angoli formati dagli arti (propriocezione) si genererà automaticamente un sistema di riferimento ancorato al corpo.
Non dimentichiamo mai che il cervello è un organo che mappa costantemente il mondo esterno ed il corpo proprietario del cervello.
Con la differenza che il corpo è sempre presente.
Chiunque abbia fatto esperienza con bambini con disturbo dello spettro autistico ha appreso che questi cuccioli d’uomo non hanno una buona conoscenza del proprio corpo.
Le loro difficoltà comunicative, relazionali, talvolta comportamentali, trovano una buona spiegazione nello studio dell’anatomia e della fisiologia del sistema nervoso.
Anche le proposte terapeutiche dovrebbero essere coerenti con questi nuovi modelli interpretativi.