Non è eccezionale, per chi “vive” o lavora con bambini di età tra i 5 e i 10 anni, osservare che alcuni di loro manifestano difficoltà nel “mantenere l’attenzione sullo stimolo” o concentrazione, oltre che una eccessiva sensibilità agli stimoli nuovi.
Per i cognitivisti questi bambini manifestano tali “caratteristiche comportamentali” in quanto affetti da A.D.H.D. e, presumibilmente, da un deficit funzionale della corteccia prefrontale.
Questa spiegazione, da tempo, lascia insoddisfatti una vasta schiera di tecnici e ricercatori in quanto non giustifica il dato che anche in altri quadri clinici del neurosviluppo (ad esempio disturbi dello spettro autistico, Sindrome di Gill de La Tourette, disturbi dell’apprendimento didattico), di frequente si osserva la compresenza di iperattività e disturbo dell’attenzione.
Un aiuto, nel tentare di risolvere la questione, lo ha dato il professore Alberto Oliverio (insegna psicobiologia alla Sapienza Università di Roma) nell’ultimo numero di Mind (n.240, dicembre 2024).
Partendo dall’osservazione che, nelle prime fasi di vita, il cucciolo d’uomo risponde immediatamente agli stimoli sensori-motori senza considerare le possibili conseguenze a lungo termine delle proprie azioni, con la crescita, ed il proseguire del processo di Organizzazione Neurologica (mediato proprio dalle stimolazioni sensori-motorie), si assiste ad un progressivo sviluppo dei circuiti neuronali con funzione inibitoria (la corteccia prefrontale abbonda di tale circuiteria). E’ proprio lo sviluppo di questa organizzazione che garantisce, a quel cucciolo d’uomo diventato bambino, di perfezionarsi progressivamente nella gestione delle emozioni (non piango e non faccio capricci, anche se provo dispiacere quando non vengo accontentato), nell’attenzione (mentre mi parlano non scappo, condivido un terreno comune per più tempo), nell’autocontrollo e, dunque, di gettare le basi per la socializzazione.
In altri termini, come ci ricorda il professore A. Oliverio nel suo articolo, sarà lo sviluppo di questa nuova fase di organizzazione neurologica, incentrata sullo sviluppo di circuiti inibitori, che aiuta il bambino scolarizzato a resistere a distrazioni immediate o tentazioni. Per questo, chi ha sviluppato questi circuiti, non fallirà nel nuovo contesto (scuola), mostrandosi capace di mantenere la concentrazione, anche in presenza di rumori o distrazioni esterne. Allo stesso tempo, getterà le basi per l’ulteriore sviluppo educativo e formativo in quanto apprenderà l’importanza di rispettare le regole e le norme sociali e imparerà a condividere e a fare a turno durante il gioco onde evitare comportamenti che minacciano la socializzazione. Senza minimamente tralasciare che, la capacità del bambino scolarizzato di inibire risposte impulsive gli permette di seguire le istruzioni dell’insegnante, di aspettare pazientemente il proprio turno, di partecipare positivamente alle attività proposte dal gruppo senza essere di disturbo per gli altri.
Nel suo interessante articolo, il professore A. Oliverio va oltre la spiegazione scientifica. Infatti, suggerisce alle stesse insegnanti qualcosa di molto pratico: i giochi che richiedono il controllo degli impulsi.
Per esempio, un gioco didattico utile per allenare l’inibizione è quello in cui un bambino impartisce comandi che iniziano con la frase “Simone dice”. Se il comando comincia con queste parole, gli altri bambini devono seguire l’azione; per esempio, “Simone dice di toccarti il naso”, e tutti si toccano il naso. Tuttavia, se il bambino dice “salta” senza aver detto “Simone dice”, gli altri non devono seguire l’azione. Se qualcuno sbaglia e salta, quel bambino esce dal gioco fino al turno successivo….
C’è un altro dato, a mio avviso molto importante, nell’articolo del professore A. Oliverio.
In perfetta sincronizzazione con il tempo in cui operiamo e viviamo, il professore Oliverio ci ricorda che siamo chiamati a definire i sub-strati neuronali del quadro clinico comportamentale che stiamo osservando (nel nostro caso il disturbo attentivo e l’iperattività). Da tale prospettiva, le moderne neuroscienze ci mostrano che nei bambini che mostrano maggiori difficoltà a inibire i comportamenti impulsivi troviamo un disordine di sviluppo sia della corteccia prefrontale, sia di alcune strutture del tronco-encefalo (nello specifico, il nucleo interpeduncolare).
Chiunque abbia conoscenze di neuroanatomia e di fisiologia del Sistema Nervoso (senza un minimo di queste conoscenze non riesco ad immaginare come si possa operare, in questo tempo ove le conoscenze abbondano, con bambini con neurosviluppo atipico) conosce che i neuroni del nucleo interpeduncolare si connettono, e pertanto regolano, ai neuroni del rafe (serotoninergici) della Formazione Reticolare (regola la sincronizzazione della corteccia cerebrale).
In termini molto pratici, cuccioli d’uomo che intorno ai 5/7 mesi strisciano “correttamente” e intorno ai 9/11 mesi gattonano “correttamente” mostrano una buona organizzazione neurologica di quelle aree del nostro sistema nervoso su cui, qualche anno dopo, poggerà lo sviluppo dei circuiti inibitori, facendoci competere con successo nel gioco “Simone dice….” e, soprattutto, nell’apprendimento di tutte quelle abilità necessarie per la vita da adulto.