Il blog “autismo fuori dagli schemi” pubblica la lezione del master biennale sulla metodologia Delacato tenuta dal Dr. Antonio Parisi
I parte
Cosa c’è alla fonte del nostro “essere cognitivi”?
Le moderne neuroscienze che, di recente, hanno superato ogni forma di dualismo tra funzioni mentali e funzioni biologiche sono la guida giusta.
Non esiste una “mente” senza un corpo, ed il “movimento del corpo” condizionerà lo sviluppo della mente. In termini più semplici, le nostre abilità cognitive si sviluppano con l’esperienza, che è capace di modificare la struttura e la funzione dei nostri cervelli.
Attenzione, non è un “modo” per idolatrare il cervello.
Infatti, per le moderne neuroscienze, i sistemi nervosi non sono altro che dispositivi di integrazione sensori-motoria, utili per sopravvivere, prosperare, riprodursi. Questi dispositivi risultano costituiti da neuroni disposti in circuiti capaci di ricevere messaggi sensoriali, di selezionare e di integrare questi messaggi, oltre che di generare azioni o comportamenti.
Anche un non tecnico intuirebbe facilmente il motivo per il quale viene dato tanto spazio alla formazione, alla selezione ed all’integrazione dei circuiti neuronali.
Abbiamo potuto conoscere che il cablaggio dei nostri cervelli non è regolato da un principio chemiotattico, come si sosteneva fino a 40 anni fa, bensì da un criterio combinatorio: la genetica crea le premesse per la formazione del circuito (proliferazione, migrazione e differenziazione neuronale), l’esperienza sensori-motoria selezionerà le sinapsi idonee ed abiliterà la funzione.
Abbiamo così potuto comprendere, in termini biologici, come l’esperienza modifica la struttura e la funzione dei nostri cervelli (neurosviluppo).
Non è poca roba, ed è per questo che è stata percorsa tanta strada e non senza fatiche.
La prima cosa che stupisce è l’aver scoperto che non possediamo, nei nostri cervelli, alcun elemento speciale rispetto alle altre specie viventi (nè atomi, nè cellule). Infatti, possediamo solo tre categorie di neuroni (sensoriali, motori, interneuroni o associativi). La seconda meraviglia è il fatto che veniamo al mondo, tra tutte le specie, come i più neuro-immaturi. Infatti, necessitiamo di un tempo lunghissimo per il cablaggio della neuro-rete (circa 18 anni). Altro stupore è che le infinite possibilità di apprendimento vengono determinate, non da un sofisticato progetto, quando da uno spreco di neuroni. Infatti, il sistema nervoso è ridondante. Questa proprietà biologica, grazie ad un’altra proprietà del sistema, la plasticità, ci consente di adattarci (apprendimento) ad “ogni contesto”, come nessun’altra specie ha saputo fare.
Contriaramente a quanto la psicologia del senso comune ci spinge a credere, nei nostri cervelli non esiste un direttore d’orchestra, cioè un’area cerebrale che coordina e regola il resto delle aree cerebrali.
Sarebbe stato un grosso vincolo per le nostre infinite capacità di adattarci ai contesti.
Infatti, possediamo miliardi di circuiti neuronali che si sono sviluppati e si sono integrati tra di loro in merito alla selezione esperienziale. Questo è stato possibile perchè, nel corso dell’evoluzione, non si è selezionata un’organizzazione modulare o gerarchica (direttore d’orchestra).
Si è selezionata un’organizzazione che, di recente, è stata definita dalle neuroscienze “sensori-motoria”.
Fondamentale è comprendere i vincoli biologici di una tale organizzazione o modello sensori-motorio.
Per questo, ora si conosce che una tale organizzazione presume alcuni punti: 1) attraverso i recettori sensoriali disposti sulla superficie dei corpi, i “sistemi nervosi ricevono costantemente informazioni dall’ambiente”, 2)queste informazioni necessitano di essere trasdotte in potenziali d’azione o attività elettrica nervosa che percorre “circuiti neuronali che vengono continuamente rimodellati dalla stessa attività nervosa”, 3) le informazioni sensoriali provenienti dai vari circuiti submodali (esempio circuiti visivi) si “integrano tra di loro” per consentirci di vedere in modalità modale (oggetto) e non submodale (proprietà fisiche dell’oggetto, quali forma o colore o movimento), 4) tutti questi potenziali d’azione viaggiano verso le corteccie ma anche verso il basso, per “regolare il flusso continuo di informazioni “e, dunque, per non ingolfare il sistema.
Un altro aspetto è che viene meno ogni concetto di “elaborazione dell’informazione”, molto caro in un passato anche recente (cognitivisti).
A questo punto occorre fare una considerazione molto importante per quanto riguarda il lavoro nel settore della riabilitazione in età evolutiva.
Una noxa patogena, in ogni momento delle prime fasi della vita dell’individuo, può modificare il cablaggio del sistema nervoso (neurosviluppo) ed il conseguente processo di apprendimento, generando quadri clinici di disordine dell’apprendimento (integrazione delle informazioni, controllo del flusso sensoriale) e non di deficit.
E’ questo il motivo per cui non è possibile trascurare lo studio del neurosviluppo qualora si voglia prendere in cura bambini con disturbo dello spettro autistico.
D’altronde, questo nuovo approccio, basato sull’osservazione del sintomo per definire il circuito neuronale compromesso, sposta le attenzioni dall’etichetta diagnostica alla definizione patogenetica, inoltre, fa scomparire il fallace concetto di “comportamento-problema”.
Penso che non è più sopportabile che un tecnico della riabilitazione in età evolutiva non abbia sufficienti informazioni sui cambiamenti che si verificano nei cervelli dei cuccioli d’uomo nel corso delle prime fasi del neurosviluppo (primi cento giorni di vita). Cambiamenti che consentiranno, nelle fasi successive (imitativa, educativa, pedagogica e sociale), lo “sviluppo della nostra umanità” (relazione, linguaggio).