Quando un cucciolo d’uomo, intorno al primo anno di vita non fissa l’altro negli occhi ma “sfugge lo sguardo”, potrebbe trattarsi di un disordine dello sviluppo della motricità. Quando, lo stesso cucciolo d’uomo, pressappoco nello stesso tempo, chiamato non si gira il sospetto potrebbe diventare certezza. Lo stesso significato potrebbe assumerlo il ritardo dello sviluppo della comunicazione, sia gestuale sia vocale. Su quel disordine della motricità (aggiungo della regolazione del tono muscolare), nei mesi e negli anni successivi quel bambino potrebbe sviluppare un disturbo della socialità o relazione ed un ritardo dello sviluppo della comunicazione per un disordine della formazione del suo connettoma (la rete neurale si sviluppa con la selezione esperienziale).
Infatti, nell’ultimo articolo, “Un altro passo verso la conoscenza”, abbiamo letto che per alcuni clinici (Prof. F. Muratori) avanza sempre più l’ipotesi che alla base dei sintomi che caratterizzano l’autismo (socialità, linguaggio, stereotipie) vi sia un disordine dello sviluppo delle competenze motorie del cucciolo d’uomo.
Un aspetto non certo irrilevante è che a tale considerazione vi sono giunti non solo alcuni tecnici del settore (neuropsichiatri infantili), quale il professore Muratori, attraverso una sperimentazione clinica (la visione di moltissimi filmati) ma anche alcuni neuroscienziati (oggettivazione mediante l’uso di tecnologia).
A tal proposito, il blog “autismo fuori dagli schemi” intende portare all’attenzione delle lettrici e lettori del blog quanto pubblicato dal Prof. Vittorio Gallese e dal Prof. Ugo Morelli, nel libro “Cosa significa essere umani?” (Raffaello Cortina Editore, 2024).
Alla base di ogni relazione (socialità), per gli autori, “la scienza ci mostra ogni giorno di più come la relazione interumana cominci con il rapporto che il feto stabilisce con la madre, all’interno del quale si sviluppa e con cui crea connessioni multisensoriali, destinate a lasciare una traccia nella memoria post-natale”.
Per gli autori, “ l’origine della conoscenza (cognizione) è situata nella nostra capacità di azione e movimento; il cervello motorio regola in maniera evidente la nostra capacità di apprendere e conoscere. Ciò rivela quanta distanza vi sia tra queste conoscenze recenti e i modi di organizzare i processi e i sistemi educativi (il blog aggiunge abilitativi), facendo finalmente i conti col fatto che l’apprendimento è regolato, vincolato e favorito da processi corporei intersoggettivi.
Di certo, in questa opera, gli autori non risparmiano critiche agli approcci cognitivi e alle Teorie da essi prodotte nei decenni scorsi scrivendo: “il movimento servirebbe solo a portare in giro una macchina che cogita; secondo questa logica fallace, il cervello motorio è ridotto al semplice ruolo di promuovere la deambulazione di una intelligenza tutta situata fuori dal corpo”. Per i cognitivisti, “capiremmo gli altri e il loro comportamento solo grazie al ricorso a una cosiddetta teoria della mente”.
Per Gallese e per Morelli è giunto il tempo per prendere le distanze dal cognitivismo e dai suoi modelli, in special modo dal “modello sandwich della mente umana. Questo modello individua i tre ingredienti essenziali della mente, azione, percezione, cognizione. Sulla base del flusso di informazioni noi costruiremmo una rappresentazione percettiva del mondo che offriamo in input ai nostri apparati cognitivi, che costituirebbero la parte centrale del sandwich. Alla fine segue il movimento. Dove sbaglia questo modello? In tutto. Azione e percezione sono due facce della stessa medaglia e sono l’ingrediente essenziale di ciò che chiamiamo cognizione. L’azione influenza e determina la nostra percezione e la percezione è una modalità di azione”.
Gli autori non mostrano alcun dubbio, “se il collante che integra il complesso mondo degli stimoli sensoriali è il movimento, lo stesso movimento è strettamente connesso alla relazione che continuamente stabiliamo con gli altri e con le cose del mondo”.
Sempre secondo gli autori, “la relazione è fatta di movimento, è un andare verso o un allontanarsi da; è cercare quello che ci manca, è un proiettarsi verso l’altro da sé, ma proiettarsi non solo in senso metaforico bensì in senso fisico, in senso corporeo. Tant’è che per mantenersi biologicamente in vita, per noi umani è centrale non solo l’omeostasi, cioè la capacità di movimento e scambio tra interno ed esterno, ma anche l’allostasi, la reciproca regolazione tra sé e l’altro da sé”.
Ed ora quali terapie verranno prescritte dai medici?
E, cosa faranno i tecnici della abilitazione in età evolutiva (logopedisti, psico-neuromotricisti, educatori)?