Un bambino piccolo è meno cosciente di un adulto?
Un autistico è meno cosciente di entrambi?
Questa linea di pensiero, come ci ricorda il neuroscenziato Anil Seth nel suo libro : Come il cervello crea la nostra coscienza, Raffaello Cortina Editore 2023, è figlia “dell’eccezionalismo umano”, che da millenni ha indotto a pensare che qualsiasi forma di coscienza o di intelligenza diversa da quella di un adulto umano sano sia in qualche modo inferiore.
Come è possibile non concordare con l’autore sul fatto che questo nostro centralismo ha rappresentato un vero flagello per la biologia?
Senza dimenticare che, in un passato anche recentissimo, l’essere coscienti veniva confuso con l’avere linguaggio, l’essere intelligenti o l’esibire un comportamento di un certo tipo.
Da quanto stiamo leggendo intuiamo che non possiamo restare indifferenti verso quella che, da molti scienziati, è stata riconosciuta come la terza delle rivoluzioni finalizzate alla detronizzazione dell’uomo.
Dopo Copernico, il quale, con la sua teoria eliocentrica, ha mostrato che è la terra a ruotare intorno al sole e non viceversa, per cui siamo solo un punto celeste sospeso nell’abisso, c’è stato Darwin, che ci ha rivelato che condividiamo un antenato comune con tutti gli altri esseri viventi. Ora, siamo nel mezzo di un’altra rivoluzione: i nostri cervelli sono sistemi incorporati (al pari di tutti gli altri organi) ed integrati (differenti reti neuronali “parlano” tra di loro per sviluppare la funzione) che, nel corso dello sviluppo ontogenetico, ci garantiscono anche lo sviluppo del controllo cosciente e razionale che, necessariamente, è informativo ed integrato.
E’ per tutto questo che il blog “autismo fuori dagli schemi” intende fornire, alle lettrici ed ai lettori, alcune considerazioni che emergono dallo studio del libro di Anil Seth e che non possono non essere utili nel tempo in cui viviamo e, soprattutto, nel tempo in cui molti di noi prestano opera.
Innanzitutto, lo scienziato prende le distanze da coloro che, per anni ma anche ai nostri giorni, pensano al cervello come ad una sorte di computer, appollaiato all’interno del cranio, che elabora l’informazione sensoriale per costruire un’immagine interna del mondo esterno a beneficio del sé.
Per Anil Seth, percepisco, penso ed agisco, rappresenta un’immagine, forse seducente, di sicuro familiare (i miei sensi forniscono una finestra trasparente su una realtà indipendente dalla mente e che la percezione altro non sia che un processo di lettura dei dati sensoriali) ma, allo stesso tempo, fuorviante e, pertanto, bisognevole di alternativa.
Per il neuroscienziato britannico il nostro modo di percepire è stato plasmato dall’evoluzione per consolidare le nostre possibilità di sopravvivenza, non per essere una finestra trasparente su una realtà esterna.
Ecco il perché l’azione è inseparabile dalla percezione.
La percezione e l’azione sono così strettamente accoppiate che si determinano e si definiscono vicendevolmente. Ogni azione modifica la percezione cambiando i dati sensoriali in entrata e ogni percezione è così com’è al fine di guidare l’azione. Questo significa che non percepiamo il mondo così come è (finestra sul mondo), lo percepiamo per quello che facciamo (dunque, per come è utile percepirlo).
Si intuisce che l’azione precede la conoscenza.
Azione e percezione, per le moderne neuroscienze, sono le due facce della stessa medaglia.
Invece di considerare la percezione la via d’ingresso e l’azione la via d’uscita di una qualche “mente” posta al centro rispetto ad esse, azione e percezione, nel corso dello sviluppo ontogenetico del sistema nervoso, diventano forme di predizione.
Per Anil Seth qualsiasi azione corporea cambia i dati sensoriali in qualche modo, che si tratta di muovere gli occhi, di camminare, di contrarre l’addome, di controllare un movimento mantenendo fermo l’arto. Pertanto, ogni azione partecipa direttamente alla percezione o conoscenza. In altri termini, per lo scienziato, le azioni sono percezioni in quanto, le azioni sono “predizioni propriocettive autoavveranti” (importanza del neurosviluppo ovvero del tempo in cui il cervello, attraverso l’esperienza, getta le basi per le predizioni che risultano fondamentali per il nostro modo di conoscere il quotidiano).
Nel tempo in cui viviamo ed operiamo, queste informazioni scientifiche non possono non condizionare la formazione e, dunque, il nostro approccio professionale al neurosviluppo e ai disordini del neurosviluppo.
Anil Seth, a pagina 126, ci ricorda che la propriocezione è una forma di percezione che tiene traccia di dove il corpo è e di come si muove, registrando i segnali sensoriali che provengono dai recettori situati sull’ossatura e sulla muscolatura. Ci ricorda che, non teniamo in gran conto la propriocezione probabilmente perché è sempre presente, ma il semplice fatto di poter toccare il proprio naso quando si è ad occhi chiusi dimostra il ruolo essenziale che essa svolge in tutte le nostre azioni.
Ovviamente, per lo scienziato il cervello è tutt’altro che isolato. Esso nuota in una corrente di segnali sensoriali provenienti dal mondo e dal corpo, guidando di continuo le azioni che, come abbiamo letto, sono predizioni propriocettive che regolano il flusso sensoriale.
Non è molto distante da quanto viene sostenuto nella Teoria del cervello autistico.