Siamo una delle tante tappe del processo evolutivo. Nel corso dell’evoluzione, sotto la spinta di fattori adattivi, si è generato, ovvero si è evoluto, il tipo di corpo che abbiamo ed i circuiti cerebrali con la loro tipica organizzazione che possediamo.Solo all’interno di un’ intima relazione corpo-cervello-ambiente possiamo tentare di comprendere chi siamo, cosa facciamo e di quale sostanza sia la consapevolezza che abbiamo. Dalla prospettiva di un uomo di scienza contemporaneo i principi biologici possono aiutarci nel favorire i progressi di conoscenza.
L’autismo è un quadro clinico secondario ad un’alterazione primaria della circuiteria cerebrale.Per tale motivo, la relazione corpo-cervello-ambiente, inevitabilmente, viene ad essere modificata.Gli psicostati che osserviamo ci inducono ad etichettare come autistici quei comportamenti.
Il blog invita i lettori, costantemente, ad uscire dagli schemi. Tale invito non può ridursi ad uno slogan che potrebbe anche essere di moda.
E’ difficilissimo uscire dagli schemi.
Quando è stato proposto alla specie più aggressiva e violenta che abbia mai popolato questo pianeta (nessun animale ha ammazzato gli appartenenti della propria specie come ha fatto e continua a fare l’uomo ) di abbandonare la regola “occhio per occhio, dente per dente” con il “porgi l’altra guancia” è stato , a mio avviso, un tentativo di uscire dagli schemi ( quelli dei vincoli biologici dell’individualità).
Non ce l’abbiamo fatta.
E’ possibile che il blog possa fallire.
Anche il mio maestro, Carl Delacato, più volte è uscito dagli schemi. Da studioso delle materie umanistiche, oltre che dalla pratica di uomo di scienza, non poteva sfuggirgli che il segreto del comportamento autistico fosse da ricercare nell’apprendimento “inconsapevole”, vista anche l’età di esordio della clinica ( al massimo nei primi 24 mesi di vita ). Di fronte a tale problematica (modificare le memorie implicite), 70 anni dopo Freud, non poteva restare prigioniero degli schemi ovvero, non poteva prescrivere il “lettino”. Doveva “strutturare l’esercitazione ” ovvero, rendere metodologica l’esperienza. Gli studi di Kandel, Changeux, Levi Montalcini, gli hanno dato ragione.
Ma , ripeto, è necessario uscire dagli schemi e non lo abbiamo ancora fatto. Non applichiamo a sufficienza la biologia alla base della scienza che si occupa del comportamento.
Percorrendo questo nuovo sentiero abbiamo visto che , la stereotipia rappresenta l’espressione clinica di un’alterata PHI a livello delle aree cerebrali della percezione modale.Qualora, i sottomoduli sensoriali dovessero alterare il rapporto informazione/integrazione a vantaggio di una submodalità sensoriale ed a discapito di un’altra submodalità di uno specifico canale sensoriale immediatamente, per soddisfare il bisogno di conoscere l’ambiente, quel corpo-cervello mette in atto la stereotipia.
Allo stesso tempo, il linguaggio per generarsi richiede che informazioni percettive specifiche (vista, udito, propriocezione, tatto, gusto, olfatto) si integrino a vari livelli, dapprima tra di loro e con i circuiti motori, successivamente con i circuiti anteriori che garantiranno le memorie di lavoro oltre al controllo dell’emotività. Inoltre, tali integrazioni, favoriranno l’organizzazione del discorso secondo regole ,grazie anche alla successiva specializzazione emisferica.
Qualora dovessimo diventare bravi nell’osservare tutto ciò e ridurlo in termini biologici ( anatomo/funzionale) ,potremmo diagnosticare gli autismi, DOVE in quella circuiteria si è verificata la disorganizzazione e stabilire specifici protocolli terapeutici.
Solo così potremmo smettere di continuare a pensare che un pò di tutto (logopedia, psicomotricità, programma sensoriale, ABA, PET terapy, musicoterapia,TMA, …..) faccia bene a tutti.