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Emozione ed Autismo (ricapitolando)

Ricapitolando gli eventi descritti (anche se ancora parziali per una comprensione ottimale della problematica), possiamo affermare che, le neuroscienze attuali, considerano quanto segue fondamentale per lo studio della biologia dell’emozione:

-Quando il mio sguardo, o qualsivoglia via sensoriale, “cade” su di un induttore di emozione (ad es. il volto di una persona), la conseguenza è, sia una rappresentazione (più o meno consapevole) visiva di “quel volto”, sia il coinvolgimento dell’intero organismo, in merito a “quel volto”.

-Inoltre, conosciamo con certezza che “quel volto” non viaggia nei nostri cervelli come una fototessera. L’immagine visiva che viene percepita (soggettiva, ovvero intima e privata), risulta essere il risultato di configurazioni neuronali, generate dall’interazione di numerosissime aree della corteccia visiva di ordine inferiore (area delle forme, dei colori, del movimento, ecc.), situate per lo più nel lobo occipitale, oltre che, dell’attività di una moltitudine di aree neuronali del Tronco Cerebrale, molte delle quali, dopo proiezione talamica, “informeranno le cortecce cerebrali e i centri nervosi limbici. L’informazione viaggia sotto codice elettrochimico (potenziali d’azione).

-Dunque, l’informazione nervosa (attività elettrochimica) che, sotto forma di rappresentazione neuronale esprimerà “quel volto” (psicostato) invade, in tempi differenti, aree neuronali limbiche, (determinano il psicostato emozione) e aree neuronali associative, secondarie e terziarie. Grazie a queste ultime “associo” quella percezione, ovvero “quel volto”, ad una serie infinita di altre percezioni acquisite nel corso della mia vita, oltre che, alla conoscenza che tutto questo bagaglio informativo è “proprio mio”.

Appare chiaro che, con l’ultima considerazione fatta, siamo entrati nel campo, oltre che della coscienza e/o consapevolezza di se stessi, anche del “sentimento”. Ritengo opportuno, prima di occuparci dei sentimenti dei soggetti con autismo, fare un ulteriore passaggio scientifico :

-Come per lo studio e la comprensione della percezione, tutti i tentativi di “localizzazionismo delle funzioni” erano falliti, infatti, abbiamo visto che il cervello apprende, grazie all’integrazione di funzioni altamente specializzate, in maniera olistica, così, la comprensione dell’emozione richiede, se fosse possibile, un approccio ancora più olistico. Infatti, anche se popolazioni di cellule nervose differenti “trattano” specifici particolari dell’informazione proveniente dal mondo intorno a noi, è solo grazie all’integrazione di tutte queste aree neuronali, e all’integrazione di tutta questa attività nervosa con il “turbamento” del proprio corpo, che può generarsi un comportamento (azione) automatico (plasmato dall’evoluzione), altamente adattivo, etichettato “emotivo”.

Il soggetto con autismo non è sprovvisto di tale funzione (sarebbe come sostenere che non modifica la respirazione quando è affaticato, oppure non ha fame e/o sete). Nessun elemento scientifico emerge dalla nuova scienza al fine di farci sostenere tale “sciocchezza”. Il problema del soggetto con autismo è che, egli, presenta una disorganizzazione neurologica. L’informazione proveniente dal mondo (ma anche quella interocettiva) attiverà configurazioni neuronali differenti (neurostato), pertanto alcuni psicostati prenderanno il sopravvento su altri. Ad esempio, un particolare di “quel volto”, forse un neo, potrebbe catturare l’attenzione percettiva in quel soggetto, oltre che, scatenare una vera tempesta emotiva, che in altri cervelli, senza quella disorganizzazione neurologica, non scatenerebbe.

E’ proprio difficile comprendere tutto questo?………Se lo dovesse essere, la responsabilità è della mia incapacità ad esprimermi. Allora non torniamo indietro, studiamo di più, altrimenti restiamo dei mediocri.

 

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