Nell’articolo precedente abbiamo visto che, anche se siamo soliti pensare al nostro tatto in termini di sensazione tattile, in realtà ne esistono quattro forme distinte. Ognuna di queste modalità sensoriali dipende da un insieme distinto di recettori e circuiti cerebrali che formano il sistema del tatto, o somatosensoriale.
Abbiamo anche visto come, nei mammiferi, il codice genetico contiene informazioni appena sufficienti per realizzare una mappatura approssimativa tra la pelle, le articolazioni e i muscoli del corpo con le aree somatosensoriali del cervello, mentre il resto dello sviluppo neurologico dipenderà dalle stimolazioni sensoriali tattili. Infatti, i bambini cresciuti negli orfanotrofi e che hanno ricevuto pochi “contatti” presentano un’anomalia dello sviluppo che si manifesta con atteggiamenti del tipo: dondolamento, alta soglia del dolore, ipersensibilità tattile superficiale, costante ricerca di stimolazioni tattili profonde, oltre che goffaggine motoria e/o disprassie (caratteristiche cliniche costantemente presenti anche nei soggetti con autismo).
In effetti, il tatto regola il movimento.
In biologia è vivente ciò che si muove. Quindi il tatto riveste una funzione primaria nel garantire, sia il movimento corretto, che la difficile conquista di stare fermi, in tutte le specie viventi.
Le piante, ad esempio, hanno “scelto” la stanzialità e si sono evolute in modo da nutrirsi, riprodursi e difendersi stando ancorate alla terra. A differenza degli animali, pur non necessitando di un sistema nervoso (hanno strutture ridondanti, e nessuna parte è indispensabile per la sopravvivenza pertanto, se sono mangiate in parte da un erbivoro non saranno condannate a morte), respirano, si nutrono, annusano, e…..
….. Un particolare tipo di mimosa (mimosa pudica), se sfiorata, ritrae le foglie come se fosse “autistica”. Tale comportamento non richiede un “approccio cognitivo/comportamentale (A.B.A.), in quanto non è dovuto ad un semplice riflesso condizionato. Infatti, questa reazione non si verifica se le foglie vengono scosse dal vento o bagnate dall’acqua, dimostrando che il suo senso del tatto è in grado di distinguere tra diversi stimoli e, dunque, essere particolarmente sviluppato. Cosa ancora più sorprendente, questo senso è in grado di apprendere: dopo qualche prova le foglie della mimosa non si retraggono più se lo stimolo non dovesse rivelarsi pericoloso. Sembra quindi una vera strategia difensiva. Inoltre, le piante ci insegnano che le radici sono sede del senso del tatto, che permette loro di “dirigere” la loro crescita per evitare ostacoli. Le piante rampicanti, invece, sono sempre alla ricerca di un sostegno e, proprio grazie al tatto, riescono ad individuarlo per crescere in quella direzione (orientamento spaziale).
Possiamo ancora considerare l’intelligenza la capacità di esprimersi verbalmente, oppure la capacità di vestirsi autonomamente. Se dovessimo considerare l’intelligenza la capacità di adattarsi all’ambiente al fine di non soccombere dalla scena evolutiva, utilizzando i neurostati e, dunque, le abilità disponibili, allora, di questa proprietà, ne abbondano sia le piante che i soggetti con autismo.
Ma, la comprensione di questo passaggio, ci impone di continuare ad andare “fuori dagli schemi”.