Provavo fascino ad osservare Gabriella (20 anni, affetta da autismo). Lei osservava attentamente il suo papà mentre avvicinava la mano al cellulare che suonava. Gabriella sapeva esattamente cosa il genitore avrebbe fatto: premuto il tasto verde, portato il telefono all’orecchio e detto “pronto”. Non l’avrebbe afferrato per spostarlo o per metterlo in tasca. Eppure, capire azioni collegate ad intenzioni in un contesto, prevederne l’esito, è qualcosa che gli autistici, per i cognitivisti, non dovrebbero fare, almeno in modo naturale e spontaneo, come invece faceva Gabriella.
Ma sono proprio le “intenzioni” a generare sia le nostre azioni che il motivo per cui le compiamo?
Il blog ha più volte ricordato ai suoi lettori che in biologia la vita è intimamente connessa al movimento. Tutte le forme viventi (vegetali e/o animali) sono vive fin quando si muovono. Infatti, una delle conquiste da parte di molte specie viventi (uomo compreso) è stata quella di aver “appreso” a stare fermi. A tal proposito possiamo ricordare che, per un essere umano, a parità di anni, più il sistema nervoso dovesse mostrarsi non sufficientemente organizzato, più manifesterebbe difficoltà nel controllare il movimento prodotto dai muscoli.
Negli ultimi trent’anni, specie dopo i lavori di Hubel e Wiesel, le neuroscienze hanno compreso come l’uomo acquisisca molte sue abilità, oltre al fatto che il cervello necessita di un nutrimento chiamato “esperienza” (informazione da non dimenticare in modo speciale quando, da parte dei tecnici, vengono stilati protocolli neuroabilitativi). Grazie agli studi scientifici attuali, il Sistema Nervoso non viene più considerato una macchina che registra stimoli ed emette comandi, ovvero azioni e comportamenti. Oggi, chiunque volesse occuparsi di autismo, indipendentemente se da una prospettiva pedagogica o sanitaria o educativa, dovrebbe almeno sapere che, le cellule nervose, impegnate in uno scambio continuo fra i segnali sensoriali (intero ed esterocettivi) e quelli già codificati nella circuiteria neuronale da precedenti esperienze, plasmate da tale dinamismo, garantiscono all’organismo di generare nuove azioni o comportamenti.
Fin dalle prime fasi della gestazione, per garantire il movimento (regolazione tono muscolare e posture), le sollecitazioni più importanti sono quelle del tatto.
PREMESSA NECESSARIA AD OGNI TRATTAZIONE DI INTERESSE CLINICO IN AMBITO DEL SISTEMA NERVOSO E’ LA CONOSCENZA DELLA FISIOLOGIA INTEGRATIVA DEI CENTRI NERVOSI, NON ACCESSIBILE QUALORA NON VI FOSSE LA CONOSCENZA DEL TERRENO ANATOMICO SU CUI SI SVOLGONO LE ATTIVITA’ NERVOSE. L’ ANATOMIA DEVE ESSERE PRESENTE A CHI INIZIA LO STUDIO DELLE FUNZIONI DEL SISTEMA NERVOSO.
Questo dato, ben noto a tutti gli studenti di medicina del terzo anno, sfugge a moltissimi tecnici che, in questo momento, stanno celebrando la giornata mondiale dell’autismo, proclamandosi i “nuovi paladini” della problematica.
Se vogliamo conoscere come l’uomo compie azioni ed attribuisce intenzioni dobbiamo partire dal MIDOLLO SPINALE, ovvero quella parte filogeneticamente più antica del nostro sistema nervoso, deputato alla genesi dei riflessi. Esso è contenuto nel canale vertebrale ed è suddiviso in segmenti, detti mielomeri . Ogni segmento è connesso ad un’area della cute (dermatomeri).
Per studiare la funzione del midollo spinale i neurofisiopatologi lo separano dal restante S.N.C. Purtroppo per la rana (la decerebrazione causa morte dell’animale per arresto respiratorio), la sua respirazione cutanea la rende un prezioso oggetto di studio per stabilire le funzioni spinali. Per tale motivo, resa “spinale”, viene sospesa ad un uncino ed, attraverso frammenti di carta imbevuti di aceto, viene irritata una piccola area di cute. L’animale compirà movimenti ben coordinati, il cui SIGNIFICATO FUNZIONALE è chiaro, poichè portano rapidamente ad eliminare il CONTATTO con l’agente irritante. Questa risposta adattiva scompare se tagliamo i nervi che vanno dalla cute irritata al midollo spinale, così come se tagliamo il nervo efferente (motorio) oppure se distruggiamo il midollo (attività sensorimotoria).
Questi semplici esperimenti, che si fanno in tutte le esercitazioni di fisiologia, ci fanno comprendere che, per muoversi è necessario, innanzitutto, un arco riflesso così composto:
1) una branca afferente, che mette in rapporto i recettori, che vengono stimolati dal contatto
2) da un centro ove arrivano e partono impulsi
3) una branca efferente, costituita dai nervi motori e dal muscolo innervato.